Roma, Brancaccio, 8 luglio. Fiom, Cobas, Arci, Funziona Pubblica Cgil, Slc Cgil, Reti per il salario sociale e, naturalmente, Prc promuovono una grande assemblea contro la precarietà: primo passo verso la manifestazione di ottobre. L’appello è stato pubblicato nei giorni scorsi su “Liberazione”, “Manifesto” e “Unità”.
La precarietà, in particolare, che investe giovani e donne, è diventato argomento sensibile a cui (a parole) non possono sottrarsi nemmeno i politici più indifferenti. La pochezza avvilente del presente fatta di ricatti, bassi salari e tanto orario parla a tutte le generazioni di un incertezza del futuro, di un incertezza della vita. Il “libro Bianco” del governo Berlusconi è diventato il “libro Nero” di una ordinaria difficoltà di vivere: l’impossibilità ad aprire un conto corrente o un fido, o, da parte delle donne, ad aver un figlio perché licenziate appena scoperte. Ed il disperato popolo dei migranti viene utilizzato contemporaneamente per abbassare le pretese degli italiani ed alimentare tensioni razziste.
Per questi motivi l’appello propone l’abrogazione della legge 30, Bossi-Fini, e Moratti: le leggi simbolo della precarietà, e la stabilizzazione dei precari nelle pubbliche amministrazioni e nei servizi. Così come pone all’attenzione le problematiche che riguardano le esternalizzazioni e gli appalti attraverso cui è passata una parte consistente della precarietà e della divisione dei lavoratori. In questo conteso non poteva mancare un riferimento alla famigerata direttiva europea Bolkestein. L’appello sottolinea con forza la questione salariale e la redistribuzione della ricchezza. All’interno di questo tema si affronta anche, pur avendo approcci e opinioni diverse, la questione del reddito sociale come garanzia universale. Centrale, poi, è la rivendicazione di una legge sulla rappresentanza.
L’appello ha anche dei vuoti che dovranno essere riempiti nel percorso che ci porta all’assemblea ed alla manifestazione di ottobre: crisi dei settori, delocalizzazioni, liberalizzazioni, scelte delle multinazionali. Oggi, infatti, non è sufficiente, aver un contratto a tempo indeterminato per non essere precario. E, come si vede, le stesse pensioni sono sempre sotto tiro.
Tutti temi di grande attualità proprio per la manovra che il governo dell’Unione va predisponendo. E’ tempo, infatti, di cominciare a recuperare diritti e potere d’acquisto a scapito delle classi che in questi anni hanno subito un furto enorme di ricchezza e potere.
La manovra ed il Dpef dovranno chiarire, dunque, chi paga ed in quale direzione andrà la politica del governo nei prossimi anni.
Ma sono tante le perplessità in merito alle scelte che riguardano specificatamente il lavoro. Si registra, purtroppo, un allontanamento palese dal programma. La mediazione raggiunta in merito alla legge 30 che ruota attorno al verbo “superare” non viene mai citata. Le stesse dichiarazioni che indicavano l’eliminazione dei contratti più nocivi (lavoro a chiamata ed altri) come prime azioni di governo rischiano di rappresentare la volontà di rinviare i temi principali: il ripristino del tempo indeterminato come contratto tipico. La stessa circolare sui call center lascia perplessi poiché riguarda più la compatibilizzazione della precarietà non il suo superamento. In questa materia, rappresentanza compresa, non si rischiano solo i due tempi ma anche infiniti supplementari. Ciò non solo contrasta con la necessità politica di superare la legge 30 parallelamente alla manovra economica; ma non si vede come la frontiera della precarietà si sta spostando nelle zone ancor più nebbiose delle Partite Iva.
La manifestazione parla anche dei problemi del Prc. Come si sta nel movimento operaio quando si è al governo? » un tema che è stato posto nelle riunioni preparatorie della manifestazione per dire che il Prc non poteva essere fra i promotori. La risposta a questo quesito sta nel partecipare ai movimenti con la nostra autonomia e le nostre parole d’ordine: non come sostenitori in questi contesti delle mediazioni del governo contenuti nel programma. Questo è un obiettivo che va posto in altre istanze. Abrogazione della legge 30, dunque, poiché questo è il nostro obiettivo strategico come quello del movimento.
L’avvio della legislatura, le difficoltà, questa iniziativa con al centro il lavoro e la precarietà ci interrogano anche sul nostro futuro. O la questione lavoro “sfonda” in maniera significativa nell’azione di governo e consente il dispiegarsi del conflitto e l’ottenimento di risultati positivi (finalmente), oppure è il nostro progetto strategico che va in crisi. In questo senso le mobilitazioni in questione devono essere l’occasione per superare una visione del lavoro come questione separata, enunciata ma poco pratica, con troppe distrazioni. Partiamo dal referendum sulla Costituzione: l’unica fondata sul lavoro e non sull’impresa o il mercato.