Il «dodecalogo» di Prodi ha aumentato la distanza con il paese reale. Quello che lavora, guadagna, vive e progetta il futuro precariamente. Colpa di quel punto di programma sparito dall’elenco dei «dodici comandamenti» che dovrebbe caratterizzare la «fase due» – ancora più centrista e liberista.
Teorie dei soliti sinistri disfattisti? Non proprio. Bastava entrare nella grande sala del centro congressi dei Frentani, a Roma, ieri mattina, per rendersene conto. Era stata convocata un’assemblea nazionale dei precari del pubblico impiego; per delegati, insomma. Il sindacato di base RdB si aspettava trecento persone. Se ne sono presentate più di mille, al punto che la strada veniva ben presto intasata da quelli che non riuscivano a entrare. Questo sindacato ha dichiarato lo sciopero dei dipendenti pubblici – sia precari che «stabili» – per il 30 di questo mese. Se queste sono le premesse, si profila una giornata decisamente interessante.
I primi a rendersi conto del clima sono stati naturalmente i politici più navigati, tutti esponenti della sinistra della maggioranza. Il più impressionato è parso Cesare Salvi, che dal palco ha gridato «ma come fanno a non parlare con voi?» (riferendosi al pervicace rifiuto fin qui opposto alla presenza delle RdB al tavolo delle trattative nazionali). Per poi spiegarci che «questa è gente che lavora da anni, che deve star dietro al politico di turno per strappare un rinnovo di sei mesi, che chiede giustamente garanzie di stabilità; nella finanziaria qualcosa c’è, ma bisogna fare di più; altrimenti rischiamo di alimentare una vandea».
Gente oltretutto anche di una certa età. Abbondano i capelli grigi, parecchie le madri di famiglia. Se hai in testa l’icona del precario come di un giovincello che salta da un mestiere all’altro per sentirsi più libero, beh, dovresti passare da queste parti per resettare quell’idea. E’ lo spaccato prodotto in quindici anni di blocco delle assunzioni nel settore pubblico. Le braccia (e le teste) nuove per sostituire quelle che andavano in pensione servivano lo stesso; solo che le pagano attingendo alla voce «beni e servizi», che ha natura variabile (e tagliabile), invece che sotto quella «spese per il personale». Così, se oggi li si volesse assumere in pianta stabile, risulterebero un’assunzione ex novo, con relativo aumento delle spese stabili. La beffa peggiore è però un’altra: nel pubblico si deve passare per la gabbia del concorso. Così, se si riapriranno le porte a nuove assunzioni, questi lavoratori di lungo corso si ritroveranno in gara come chiunque altro (e magari senza neppure più «la raccomandazione giusta»).
Dalla politica pretendono risposte chiare, non promesse vaghe da realizzare in tempi biblici. Giovanni Russo Spena ne è consapevole, e ricorda la proposta di legge che da 12 anni non va avanti (concorsi «riservati» per i precari di lungo corso); e deve anche ricordare che nel «decreto Lanzillotta», presentato da governo, c’è «la metafora di un programma politico che vede nella precarizzazione la chiave di volta per lo smantellamento dello stato sociale». Fino a mettere un paletto chiaro sulla durata della presenza del Prc nella maggioranza: «quando non vedremo più un varco per l’ascolto della società, non ci sarà più ragione di stare al governo». Dino Tibaldi, del Pdci, ricorda la necessità di cambiare i criteri della ragioneria dello stato, per poter affrontare il problema precari.
Arrivano anche rappresentanti del governo, come Paolo Cento; un dirigente della funzione pubblica legge l’elenco dei sindacati ammessi alla trattativa (e le RdB stavolta ci saranno); la dott.ssa Pettine viene a rappresentare la sottosegretaria al lavoro Rosa Rinaldi, all’estero. Francesco Caruso, pur di dare il proprio appoggio, fa tardi per il voto di fiducia alla Camera.
La situazione è comunque chiara: l’economia va bene, il Pil cresce, le entrate fiscali sono state 37 miliardi di euro più alte del previsto, le imprese fanno profitti record… possibile che per chi lavora – e per i precari, in primo luogo – non ci sia altro che quella miseria di misure scritte nella finanziaria? Il 30 marzo è vicino. Ai piani alti dei ministeri qualcuno dovrebbe prestare attenzione a chi sta nelle stanze vicine, piùttosto che ai grandi capi di Bruzelles o Francoforte.