Precari dello spettacolo, dalla resistenza alla sfida

La protesta contro i tagli alla cultura e allo spettacolo non si ferma. In sintonia con la quarta onda degli studenti e dei ricercatori, che occupano scuole superiori e università, continua anche la lotta dei precari dello spettacolo. Roma, dove si concentra la maggior parte dei lavoratori e delle lavoratrici del settore, è un luogo importante di elaborazione e di incontro. Assemblee, proteste nei teatri come di recente al Piccolo Eliseo, comunicati. Oggi l’appuntamento è al teatro Furio Camillo (ore 15, via Camilla, 44) per continuare a discutere e per decidere le nuove azioni.
Il quadro, dopo lo sciopero generale dello spettacolo, resta pessimo. I tagli previsti nella Finanziaria del 2006 sono più che una minaccia e si parla anche di tagli retroattivi sui finanziamenti già approvati. Un disastro. Il Fondo unico dello spettacolo verrebbe penalizzato con un decurtamento del 40 per cento. A rischio 5000 aziende e 60mila posti di lavoro. Una situazione che colpisce tutti. Più che mai i precari: coloro che già prima erano tagliati fuori dai finanziamenti del Fus e che oggi si trovano a fronteggiare una situazione drammatica.

La loro richiesta, che oggi verrà ribadita nella riunione romana, va oltre la difesa di quell’esistente che il governo di centrodestra sta così pesantemente intaccando. La loro è una critica più radicale che mette in discussione la mercificazione della cultura e chiede una diversa distribuzione dei finanziamenti. «La politica culturale italiana – scrivono nel comunicato che convoca la riunione di oggi – soffoca i progetti indipendenti e di sperimentazione. L’attuale distribuzione delle risorse favorisce monopoli e produzioni commerciali». Le proposte sono tante, a partire dalla richiesta di nuove politiche fiscali (biglietti meno cari, diverse forme di tassazione, riequilibrio delle paghe minime) fino a quella di tagliare le spese militari.

La lotta dei precari dello spettacolo non viene dal nulla. E’ nata e cresciuta nel movimento del dopo Genova, ha fatto suo lo slogan della cultura partecipata: fare della cultura un diritto per tutti e tutte. Gli altri paesi europei, per quanto in crisi come dimostra la lotta degli intermittenti in Francia, stanno molto meglio. Mentre l’Italia destina alla cultura solo lo 0,2 per cento del Pil, la stessa Francia l’1,3 per cento.

«Si tratta – spiega Alessandra Ferraro di Margine operativo – di una situazione ancora embrionale, che sta crescendo, molto interessante. Non ha solo il carattere resistenziale contro questo governo, è anche una sfida per ragionare su che cosa significhi oggi fare cultura in questo paese. E’ cioè il tentativo di ragionare sul futuro a partire da una piattaforma che ridiscuta figure professionali, oggi molto mutate, modalità produttive e di conseguenza accesso alle risorse». Il cuore della discussione è come far entrare il tema della precarietà dentro la critica ai saperi consolidati. «Il nostro percorso – continua Ferraro – è dentro il movimento dei ricercatori precari e degli studenti. Ognuno contribuisce nel suo specifico alla lotta generale». Nuovi linguaggi, autonarrazione, movimento di contestazione contro la precarizzazione del sapere e della cultura: una miscela che ispira il filmato che Margine operativo, nella sua veste di Riot generation video, ha realizzato sulla manifestazione del 25 ottobre e sull’occupazione della Sapienza. Il titolo è come lo striscione diventato simbolo di quella giornata: “Il nostro tempo è qui comincia adesso” (www. margineoperativo. net).