PRC, Giordano annuncia la scissione “Non ci sono più le condizioni per restare”

Ci siamo. Arriva l’annuncio della scissione del Prc, viene dall’ex segretario Franco Giordano, esponente di punta di quell’area Vendola – Rifondazione per la Sinistra – che controlla almeno il 40% del partito.
Il conto alla rovescia è cominciato. «Non ci sono più le condizioni per rimanere in questo partito, così come è diretto e gestito. Si muove in una nicchia politica iper-minoritaria, con l’azzeramento culturale di ogni innovazione sperimentata in questi anni. Un partito che purtroppo ha nostalgia del Muro di Berlino».

Addio a Rifondazione?

«Se non si ferma questo degrado e se non nasce una lista unitaria della sinistra alle elezioni europee, per bloccare la frantumazione in atto, non rimane altra strada».

Il segretario Ferrero ha già escluso la lista comune per Strasburgo, in nome della linea uscita vincente al congresso di Chianciano.

«Sì, ma da allora è cambiato il mondo. E la linea di quel congresso andrebbe totalmente riscritta. Io penso che ci siano le condizioni per un soggetto nuovo a sinistra in questo Paese, e una lista unitaria alle europee ne sarebbe espressione».

Siccome il segretario, come tutto lascia prevedere, non ci sta, l’altra metà del Prc farà la scissione.

«La vera scissione – anche se non userei più categorie del genere – è quella compiuta dalla maggioranza, che ha tagliato le radici con la storia, il progetto e il popolo di Rifondazione. Con pezzi di società, con i movimenti»

Via Vendola, Migliore, Gianni, la Sentinelli, via i bertinottiani insomma. E Fausto che ne dice, non era contrario alla scelta di rompere prima delle europee?

«Le opinioni di Bertinotti vanno chieste a Bertinotti. Anch’io pongo il tema della lista unitaria. Ma tutti gli aspetti di novità introdotti da Fausto stanno cadendo ad uno ad uno sotto la scure del gruppo dirigente».

Il timing dell’addio prevede l’ora x a fine gennaio. È così?

«Ci sarà un’assemblea di tutta la nostra area. Discuteremo a fondo».

E che farete, l’ennesimo mini-partito a sinistra, magari con Sd e un pezzetto dei verdi?

«Io penso che bisogna tenere aperto un processo per costruire un nuovo soggetto, in un campo largo di forze a sinistra. È stagione di movimenti più che di partiti classici».

Ma alle europee, a scissione consumata, i vendoliani come scenderebbero in pista?

«Siccome l’idea di una lista unitaria vale per oggi ma anche per domani, saremmo in campo con tutte le forze disponibili a quel progetto. Il punto, drammatico, è che l’inadeguatezza dell’attuale linea nel Prc rischia di disperdere il grande patrimonio politico».

Che vuol dire?

«Il pericolo è che sia Di Pietro a diventare il polo di attrazione per i nostri voti. Ovvero, la versione di destra, antipolitica, della protesta. Con tanti complimenti da parte di Silvio Berlusconi».

Non è che i ribelli puntano a diventate l’ala di sinistra del Pd?

«Escluso in radice. Il Pd, in grave crisi, è ormai una forza compiutamente centrista. Noi crediamo in una sinistra di classe».

Lunedì la direzione è convocata per licenziare Sansonetti.

«Spero ancora che ci ripensino. Ma temo che vogliano dare libero sfogo a una cultura retriva, per soffocare l’autonomia di cui il direttore ha goduto in tutti questi anni. Se cacciano Sansonetti, un minuto dopo ci alziamo e ce ne andiamo anche noi. Lasceremo l’incarico in direzione».