Prc e sinistra alternativa, ancora a sinistra del governo

Come hanno suggerito Rossanda e lo stesso direttore Sansonetti, la portata della recente contestazione riservata a Bertinotti da parte di alcuni studenti dell’università di Roma non va oltre misura enfatizzata. Turigliatto e Cannavò sono stati i primi a voler disinnescare gli effetti di una terminologia che essi stessi definiscono “fuori luogo”. Ciò detto, resta il carico simbolico di un episodio che induce a riflettere (in particolare dentro Rifondazione) al di là della sua contingente consistenza politica. E’ infatti per certi versi paradossale che ad essere oggi l’oggetto di una pesante protesta verbale, proveniente da un ambito giovanile e pacifista “senza se e senza ma”, sia proprio chi – solo pochi anni or sono – intuì l’importanza di un movimento di massa destinato a dispiegarsi su scala planetaria, contro la guerra e in contrasto con l’imperante globalizzazione capitalistica.
D’altra parte, l’attenzione dei comunisti per i movimenti di massa è ben fondata. Non si può chiedere ai movimenti ciò che non sono tenuti a dare, ma la loro funzione è essenziale e sta nella capacità di mutare un clima, una temperie culturale: nello svelamento della storicità dello stato presente, della possibilità che le cose possano essere altrimenti da come sono. Non a caso il 1969 e l’autunno caldo seguirono all’esplosione del 1968 e l’onda lunga di quegli anni contribuì non poco alla grande avanzata del Pci del 1975. Si tratta di esperienze storiche assolutamente paradigmatiche.
Tornando all’oggi, l’episodio anzidetto è il segnale (estremo e distorto) di un’interruzione della comunicazione tra il Prc e una parte (minoritaria) del movimento contro la guerra. Ma è anche in gioco l’evocazione di una difficoltà più generale che non deve essere rimossa: quella concernente la non semplice connessione tra la forza di un principio, la carica etico-politica di un’istanza pacifista che non sopporta attenuazioni o vincoli di spazio e di tempo, e il concreto esplicarsi di una linea politica generale che a quel principio si ispira ma che ha da misurarsi con un dato assetto dei rapporti di forza e con la costruzione di un consenso, il più vasto possibile.
A guardare le cose più in profondità, non sono tanto i temi della guerra e della pace a dividere: il Prc non ha mai cessato di dichiararsi nettamente per il ritiro del contingente militare anche dall’Afghanistan, come è stato per l’Iraq. E’ la questione del governo ad esser precipitata pesantemente sul movimento contro la guerra, trasformandone la pluralità di ispirazioni in divaricazione sommaria tra “governisti” e “antigovernisti”, complicando il lavoro di quanti hanno sin qui operato per la sua unità, acuendo la separazione tra spinta dal basso e sintesi politica. Ad esser quindi oggetto di disputa è, a ben vedere, un intero e complessivo progetto politico, il modo in cui si intende perseguire i propri obiettivi e gestire il proprio rapporto con il quadro politico e istituzionale. E, per quel che più direttamente ci riguarda, in questione è il modo in cui si intende consolidare una forza comunista organizzata “con basi di massa”.
Quest’ultima formula non è un optional: nell’attuale contesto, essa ci vincola “senza se e senza ma” ad evitare come la peste salti nel buio, forieri di ulteriori e ancor più devastanti involuzioni reazionarie; e, contemporaneamente, a condizionare l’azione di governo in direzione degli interessi popolari. Beninteso, è del tutto evidente che – nella percezione diffusa – il bicchiere del governo è ad oggi mezzo vuoto; e nei prossimi mesi ci attende un decisivo confronto sul terreno sociale. E’ un complicato percorso ad ostacoli, i cui passaggi vanno in ciascun momento spiegati bene e senza reticenze, nelle zone di luce come nei coni d’ombra. In ogni caso, chi ha orecchie per ascoltare – anche oltre le istanze più radicali dei movimenti – sa che il cosiddetto “popolo della sinistra” ci chiede in estrema sintesi due cose: primo, non riconsegnate le leve del potere alle destre; secondo, condizionate il governo ed esigete il dovuto risarcimento sociale. Non è un caso, come anche la recente crisi di governo ha dimostrato, che una delle principali poste in palio dell’attuale fase politica sia rappresentata dall’estromissione di Rifondazione o, quanto meno, da una sterilizzazione della sua capacità di condizionamento. E’ il Prc con l’insieme della sinistra di alternativa ad autorizzare la possibilità di un ancoraggio a sinistra dell’esecutivo: per questo è nel mirino dei “poteri forti”. E’ stato detto che un’esperienza di governo non può essere considerata l’alfa e l’omega dell’azione politica del Prc: ciò significa tra l’altro che tale esperienza vale nella misura in cui resta in qualche modo funzionale ad un progetto di trasformazione sociale.