Porto Tolle, la centrale inquina. Condannato l’ex vertice Enel

Sì, l’Enel sapeva benissimo che l’attività della centrale di Polesine Camerini, Porto Tolle, inquinava, danneggiava l’ambiente e le coltivazioni. Sapeva benissimo che i rischi erano enormi. Per l’ambiente, per le persone. Ma nonostante questo ha continuato a tenere l’impianto in funzione, ha continuato a produrre energia distruggendo il territorio circostante. Senza il minimo intervento che potesse anche solo migliorare la situazione. E tutto questo, dall’altro giorno, non è solo una denuncia delle associazioni ambientaliste, delle comunità che vivono a ridosso della centrale. Ora tutto ciò è scritto in una sentenza. Il giudice del tribunale dell’Adria, a due passi da Rovigo, ha condannato i due ex amministratori delegati dell’Enel, Francesco Luigi Tatò e Paolo Scaroni, assieme ai due ex direttori della centrale: Carlo Zanatta e Renzo Busatto. Erano tutti imputati nel processo avviato dopo le denunce provocate dalle «ricadute oleose» nella zone (i campi attorno alla centrale ben presto si sono trasformati in distese scure di catrame) e dopo un’inchiesta giudiziaria durata tre anni.
La pena più alta, è stata inflitta a Tatò, che è stato condannato per emissioni e danneggiamento a sette mesi, anche se ha avuto la sospensione della pena. L’altro ex amministratore delegato è stato riconosciuto «solo» di danneggiamento colposo: la sua pena è stata di un mese, tramutata in una multa di poco più di mille euro.

Ma di soldi i due dirigenti ne dovranno tirar fuori tanti altri. La sentenza prevede infatti che i due, assieme, all’Enel, debbano risarcire tutti i danni causati dalle amissioni oleose. Una stima la si farà quanto prima. Senza contare che l’Enel e i due amministratori delegati dovranno pagare le spese processuali, anche quelle sostenute dalle parti civili. E in tutto si tratta di 318mila e 500 euro, che coprono i costi affrontati per la causa dai privati, dalle associazioni e dagli enti pubblici coinvolti.

Si conclude così una lunga vertenza che ha visto contrapporre l’Enel alle popolazione, e agli amministratori (o almeno a parte degli amministratori) della zona nel trevigiano. La sentenza è destinata ad avere conseguenze pratiche immediate. Sì, perché la centrale di Porto Tolle funziona, continua a funzionare ancora adesso. Produce energia bruciando olio combustibile. L’idea dell’Enel comunque è quella di riconvertirla a carbone. Ovviamente, dicono, a «carbone pulito». Il progetto prevede di portare la centrale in funzione per settemila ore annue. La sentenza però potrebbe dare una mano a chi si batte contro quest’altro rischio, visto che i giudici hanno proibito all’azienda di inquinare ulterioremnete l’ambiente.

L’ultima annotazione riguarda le associazioni, che oltre agli enti pubblici, si sono costituite parti civili nel processo. La sentenza prevede risarcimenti anche per loro. Ma se le cose non cambiano – detto esplicitamente: se non cambia governo e si mettono da parte alcuni progetti di legge – questa potrebbe essere una delle ultime volte che accade. La legge delega ambientale, infatti, impedisce alle associazioni ambientaliste di costituirsi parti civili nei processi. E una sentenza come quella di Porto Tolle non ci sarebbe stata.