Lavoro minorile. Sbaglia chi crede sia una piaga “da terzo mondo”. Ogni anno la Cgil presenta i dati, in occasione della cerimonia che assegna il premio “Iqbal Masih”, intolato al dodicenne pakistano ucciso dai killer dei “industriali del tappeto” perché si era messo alla testa della rivolta dei piccoli schiavi. Fino a diventare testimonianza vivente di una condizione inaccettabile e della volontà di riscatto.
Dai dati della ricerca pubblicata quest’anno emerge che sono ben 400.000 i minori impiegati nei più svariati lavori. In Italia, non in Pakistan. Minori sottratti – spesso col consenso dei genitori – alla scuola dell’obbligo, caricati del problema di far quadrare il bilancio familiare, quasi sempre in contesti di fortissimo disagio sociale. 350.000 sono minori di cittadinanza italiana, stranieri gli altri 50.000. Il problema – rileva la ricerca – è che questa cifra ogni anno cresce, invece di diminuire. Segno che le politiche di prevenzione, gli investimenti nei progetti di “recupero dall’evasione scolastica”, la repressione dei casi più eclatanti (e degradanti) di sfruttamento dei minori, sono iniziative ancora insufficienti.
Molti gli stereotipi che saltano di fronte a questa reltà. Si pensa che il fenomeno, in Italia, sia limitato a piccole zone del Mezzogiorno. E invece la Toscana (insieme alla Puglia) è tra le regioni maggiormente esposte. E’ vero che nel corso dei rilievi effettuato in quella regione la scoperta ha riguardato soprattutto bambini cinesi, ma questo prova solo che le aree di sottosviluppo sociale si riproducano anche nelle zone sviluppate.
La ricerca rileva anche una distorsione culturale presente in molte delle famiglie che favoriscono l’avvio precoce al lavoro per i propri figli: “atteggiamenti e valori che assegnano al lavoro una posizione di primato e alle altre tipologia di esperienza, come la scuola, un ruolo secondario”. E’ la chiave del “male-essere del minore che lavora precocemente”. Guadagna qualcosa, ma rimane escluso dal mondo dei valori e relazioni dei suoi coetanei. Introietta modelli di comportamento da adulti, senza avere perà la possibilità di esserne all’altezza. La ricerca di soddisfazioni si rivolge altrove, e cade nell’indecifabile mondo dei consumi di massa preconfezionati.
Sergio Cofferati, intervenendo ieri nel corso della premiazione, ha osservato che: “per garantire ai bambini il diritto di crescere serenamente, andando a scuola e non essere costretti a lavorare, come accade in Italia e non solo in paesi lontani, bisogna condizionare gli aiuti economici alle imprese che realizzano insediamenti in paesi lontani, vincolandoli all’accettazione del divieto di utilizzare il lavoro minorile”.