Più precarie meno pagate

Parità. Le donne rappresentano oltre il 50% dei lavoratori parasubordinati, con percentuali di periodi di permanenza nel precariato che sono oltre il doppio di
quelli dei maschi. «I dati ci dicono che la precarietà è donna», osserva il ministro del Lavoro, Cesare Damiano, presentando col sottosegretario Rosa Rinaldi il progetto per l’Anno europeo contro le discriminazioni. Il gap tra i due sessi è molto profondo tenendo conto anche che le donne hanno un livello di istruzione superiore. «Eppure – sottolinea Damiano – la media delle retribuzioni delle donne è circa la metà di quella degli uomini: se si calcola che i parasubordinati hanno un reddito annuo di circa 14.000 euro, pari a 1.166 euro lordi mensili, quello delle donne arriva in media a 7.000, cioè 500 euro lordi mensili, quindi al di sotto della soglia di povertà».
A questa situazione il governo ha cercato di porre rimedio con l’abbattimento del cuneo fiscale che prevede maggiori vantaggi per le imprese che assumono donne, in particolare nel Mezzogiorno.
Dai dati verificati dal ministero del Lavoro emerge che le donne, però, pur avendo in media un titolo di studio più elevato, ricoprono meno professioni prestigiose e, in percentuale maggiore rispetto ai colleghi maschi, svolgono professioni senza qualifica. Una donna su cinque fa un lavoro che richiede una formazione inferiore a quella di cui è in possesso e le retribuzioni delle donne sono inferiori a quelle dei colleghi uomini: il gap va da 3.800 euro per i dipendenti a tempo indeterminato agli oltre 10.000 degli autonomi. Gli uomini hanno in media redditi superiori rispetto a quelli delle donne in tutte le forme contrattuali. La nascita di un figlio toglie ancora oggi più di una donna su dieci dal mondo del lavoro. Il 40% delle donne che non lavora, lo fa per prendersi cura dei figli, mentre il 35% è scoraggiata dall’assenza di opportunità lavorative. Solo l’1,2% delle donne arriva ad avere 40 anni di contributi, il 9% arriva a una contribuzione fra i 35 e i 40 anni e ben il 52% è al di sotto dei 20 anni di contribuzione. E sul settimanale “Rassegna sindacale”, la segretaria organizzativa della Cgil, Carla Cantone, lancia una provocazione alle gerarchie politiche: «Uomini, lasciate le vostre poltrone». L’invettiva nasce dalla fatto che «ogni qual volta in un altro paese del mondo una donna sale ai massimi livelli di responsabilità, in Italia, i leader dei partiti, della politica e dei centri di potere si riscoprono talmente favorevoli all’avanzata delle donne da giocare allo scavalco fra di loro su chi promette obiettivi più grandi. Poi – scrive Cantone – passata la festa….».