Più nulla in serbo

Milosevic è morto. Punto e a capo. Anche se, dopo l’autopsia che nega «ogni avvelenamento», è chiara l’infondatezza delle nefaste dietrologie: quella di chi punta a farne un eroe nei Balcani, ma anche quella del procuratore Del Ponte che annunciava il suo «suicidio». Perché avrebbe dovuto farlo se insisteva a volersi difendere mettendo così in diffoltà il maxiprocesso a senso unico messo in piedi all’Aja? L’unica certezza è che responsabile della sua morte è stato il rifiuto di considerare che l’incriminato di tutto – ben 10 anni di guerre balcaniche per 6 fronti di guerra – potesse davvero essere malato. Ma, ripetiamo, punto e a capo. Perché anche nei Balcani dove la storia non passa mai, si deve voltare pagina. In redazione di recente sono arrivate sessanta ragazze e ragazzi da Banja Luka, capitale della Repubblica serba di Bosnia. Due cose dicevano: «Non era la nostra guerra, ora basta», e «Possibile che i serbi siano stati e siano considerati colpevoli di tutto?». A questi adolescenti pensiamo, con spirito di servizio e verità, non dimenticando le colpe dell’Occidente che ha avallato etnicismi e nazionalismi quando gli tornavano utili.

E allora, come tacere che la morte di Milosevic, dichiarata non a caso «utile e necessaria» da Richard Holbooke, serve intanto a dire una ed una cosa soltanto: mettiamo una pietra sopra alla questione serba e jugoslava? Che rimane drammatica. Con la miseria – con o senza Milosevic – che dilaga, con quasi il 10% della popolazione composta da profughi cacciati dalle pulizie etniche di Kosovo, Bosnia e Croazia (eppure Belgrado resta la città più multietnica e cosmopolita dei Balcani e dell’est europeo). Con l’ingresso nell’Ue sotto ricatto, mentre le autorità non controllano il nazionalismo più estremo, né sanno e possono per gli ultraricercati Mladic e Karadzic. E proprio mentre la comunità internazionale sta per avviare il Kosovo – per il quale ha raccontato la menzogna della guerra «umanitaria» Nato – all’indipendenza anche se per l’Onu è ancora provincia della Serbia; che la Bosnia serba tagli i legami con Belgrado; che il Montenegro, guidato da un leader incriminato per mafia in Italia, faccia secessione tra due mesi. Fino a sfogliare l’ultima margherita, minacciava l’ineffabile Madeleine Albright. Finché non rimanga più nulla in serbo.