‘Più carabinieri a Afghanistan e Iraq’

ROMA – I ministri degli Esteri e della Difesa Franco Frattini e Ignazio La Russa alle 14 si presentano davanti alle Commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato. Il governo presenterà una relazione sulle missioni militari all’estero; il ministro degli Esteri parlerà in particolare della Conferenza sull’Afghanistan che si tiene domani a Parigi. Nelle scorse settimane i due ministri hanno annunciato più volte che l’Italia ridurrà i “caveat” (limitazioni) che il contingente in Afghanistan può opporre alle richieste dei comandi Nato. La Russa confermerà la riduzione dei caveat, ma soprattutto dovrebbe annunciare che l’Italia risponderà positivamente alla richiesta fatta dalla Nato di avere in Afghanistan e Iraq un altro gruppo di addestratori dei carabinieri per la polizia afgana e quella irachena.

A Bagdad – ricordava ieri l’Ansa – una cinquantina di militari dell’Arma sono impegnati nella “Nato training mission” per la formazione della gendarmeria irachena, la “Iraqi national police”. Gli ufficiali dell’Arma addestrano 450 agenti per ogni corso: il ministro dell’Interno iracheno ha chiesto alla Nato un “ampliamento del ruolo formativo dei carabinieri”. Una richiesta simile è stata fatta a maggio anche per l’Afghanistan, dove dallo scorso luglio 12 carabinieri (e tre finanzieri) partecipano alla missione dell’Unione Europea “Eupol” per l’addestramento della Afghan National Police, la polizia territoriale. I carabinieri in questo caso potrebbero partecipare alla formazione della “Afghan national civil order police”, l’equivalente dei battaglioni mobili che si occupano di ordine pubblico.
Per quanto riguarda i caveat, la posizione del governo è stata ripetuta più volte: quello che il governo offrirà alla Nato è maggiore flessibilità di impiego dei militari italiani, il cui numero resta però invariato (in futuro anzi ci sarà una lieve riduzione), così come immutate restano le aree di schieramento, anche se con un rafforzamento del contingente nella regione ovest (Herat) e un alleggerimento di quello che resta a Kabul. Fino ad oggi i “caveat” nazionali impedivano l’impiego dei militari fuori dalla loro area di competenza. Questo però può avvenire in casi di emergenza su richiesta del comando Nato, ma solo dopo il via libera del governo italiano. Che oggi ha 72 ore di tempo per decidere: la maggiore flessibilità consiste, di fatto, nel ridurre quel termine a “5-6 ore al massimo”.

Secondo fonti militari e diplomatiche ascoltate da Repubblica nei giorni scorsi “la limitazione dei nostri caveat non modificherà sostanzialmente il ruolo del contingente italiano in Afghanistan: ormai i caveat erano un segnale di “freddezza” politica del governo italiano nei confronti della missione Nato, perché dal punto di vista operativo i militari italiani sono più che integrati nella missione e partecipano da tempo a tutto quanto sia utile per il successo di Isaf”.

Nell’audizione alle Camere il ministro Frattini presenterà invece la riunione di domani sull’Afghanistan: quella di Parigi è stata convocata come “conferenza dei donatori”, ma secondo le previsioni della vigilia si trasformerà in una sorta di verifica politica dell’andamento della ricostruzione in Afghanistan. Molti governi, a partire dalla stessa amministrazione americana, sono insoddisfatti del ruolo che gioca il governo Karzai. Il presidente afgano viene ormai apertamente accusato di utilizzare male gli aiuti finanziari che la comunità internazionale da anni offre al suo paese. In ogni caso, a Parigi Karzai riceverà ancora sostegno finanziario: soltanto gli Usa dovrebbero impegnare altri 10 miliardi di dollari per la ricostruzione del paese, mentre i nuovi contributi complessivi degli 80 paesi donatori potrebbero ammontare a 15 miliardi di dollari.