Pirelli se ne va in Romania, rivolta a Firenze

Non sarà certo trasferendo la produzione di pneumatici Pirelli nei paesi dell’est che Marco Tronchetti Provera può sperare di recuperare i 41 miliardi di debiti con cui si è chiuso il primo semestre 2006 di Telecom Italia. La scelta di approfittare della chiusura estiva ad agosto per smontare 45 macchinari dallo stabilimento fiorentino di Figline Valdarno e portarli in Romania, annunciata nei giorni scorsi alle Rsu e alle organizzazioni sindacali, va semmai inquadrata nel solco di una strategia industriale che sembra ormai condivisa anche dalle più grandi imprese italiane: quella di provare a competere abbassando i costi. Una “scorciatoia” di cui, tuttavia, non sta beneficiando l’economia nazionale (con un tasso di crescita “zero” l’Italia è il fanalino di coda d’Europa) e che viene purtroppo fatta pagare a caro prezzo ai lavoratori.
La comunicazione dell’azienda è perciò piovuta come un fulmine a ciel sereno sulla testa dei circa 520 dipendenti della Pirelli di Figline Valdarno, l’unico stabilimento italiano in un gruppo di cinque a livello mondiale (gli altri sono in Turchia, Brasile, Germania e, appunto, Romania) dove si produce la “cordicella metallica”, un componente per le gomme di auto e camion che viene venduto anche ad altre aziende che fabbricano pneumatici, come Goodyear e Continental.

Oltre ai 45 macchinari in procinto di essere trasferiti, ce ne sono altri 200 (su un totale di circa 600) che sono stati dichiarati «improduttivi». Probabilmente perché in Romania, dove per i lavoratori ci sono pochi diritti, potrebbero essere sfruttati di più e con meno spese. Sembra quindi più che giustificata la preoccupazione del sindacato, che adesso pretende «di conoscere esattamente quale è il piano industriale che la Pirelli ha su Figline». In gioco, come è facile intuire, ci sono diversi posti di lavoro, anche se per ora non ci sono cifre ufficiali. Nel frattempo la protesta è già scattata: la scorsa settimana i lavoratori hanno scioperato “a scacchiera” con turni di quattro ore ed un altro sciopero è stato annunciato per giovedì prossimo.

In un comunicato unitario, firmato da Fiom Fim e Uilm di Firenze e dalla Rsu, si denuncia l’atteggiamento arrogante dell’azienda e si chiede l’intervento delle istituzioni locali per l’apertura di un tavolo di confronto a partire da settembre (lo stabilimento chiuderà venerdì prossimo e riaprirà il 21 agosto). «Negli ultimi due anni, a fronte di un piano importante di investimenti – ricordano i sindacati -, si sono fatti accordi tesi a migliorare la produttività, anche se ciò ha significato portare molte persone a lavorare la domenica ed a ciclo continuo, ad un peggioramento quindi delle condizioni di lavoro». Tuttavia, «i lavoratori – spiega la nota unitaria – hanno sostenuto e sopportato queste difficili scelte per un fine più alto: mantenere a Figline uno stabilimento importante sia in termini di volumi prodotti che di posti di lavoro». Nonostante ciò, «davanti alle nostre richieste e proteste – sottolineano i sindacati – la Direzione non ha cambiato opinione, dicendo in maniera abbastanza generica che ci saranno investimenti, ma comunque le macchine saranno portate via».