Pinochet, il disagio di un’eredità

Italo Moretti, giornalista che all’epoca del golpe cileno era presente nel paese, ci racconta, il giorno dopo la morte dell’ex dittatore, in cosa è consistito e cosa è stato il suo sanguinario regime. Mentre in diverse città dello stato andino, scontri e proteste preparano i funerali di domani

Per 17 anni è stato l’indiscusso quanto sanguinario protagonista della storia e della politica del Cile. Generale nominato dal presidente eletto Salvador Allende di cui tradì la fiducia despodestandolo con un golpe l’11 settembre del 1973, Augusto Pinochet, morto ieri all’età di 91 anni per una complicanza cardiaca, ha fiaccato con il sue regime il paese sudamericano per quasi vent’anni: sparizioni, repressione nelle carceri, pestaggi hanno scandito per suo volere la vita di milioni di cileni che hanno avuto il coraggio di opporsi.

Una tragedia storica che non ha mai avuto risarcimento, con i parenti dei perseguitati e dei desaparesidos privati della possibilità di giustizia: Pinochet infatti muore senza aver mai risposto dei suoi crimini davanti a nessuna corte internazionale.

Oggi, a poche ore dalla sua scomparsa, aspettando i funerali che si terranno domani e che non saranno esequie di stato, la figura dell’ex dittatore è ancora al centro della vita politica nazionale, divisa fra suoi sostenitori e suoi detrattori che si fronteggiano nelle strade e nelle piazze. Una situazione di caos che ha investito più di dieci città in tutto il paese e che conta già 24 poliziotti feriti e decine di arrestati e fermati dalle forza dell’ordine; con l’ong internazionale Amnesty International che ha chiesto un’accelerazione dei processi per abusi dei diritti umani avviati da diversi tribunali in Cile e all’estero, perchè se Pinochet è riuscito a sfuggire alla giustizia, “il periodo più oscuro della storia” del paese non deve essere dimenticato.
“E’ stata una persona che ha violato il suo mandato istituzionale, che non ha rispettato il giuramento pronunciato come presidente e ha incarnato la dittatura più feroce, il principale responsabile delle violazioni più gravi dei diritti umani”, ha sottolineato da Madrid Isabel Allende, una delle tre figlie dell’ex presidente Allende e cugina dell’omonima famosa scrittrice.

Di cosa ha rappresentato la figura di Pinochet e il suo regime, della attuale condizione vissuta dalla società cilena e di come abbia proceduto ad elaborare il lutto di quel periodo, oltre che dell’impunità che ha caraterrizzato la vita dell’ex generale, abbiamo parlato con Italo Moretti, giornalista che all’epoca del golpe era in Cile e vide da vicino e nell’immediato l’imposizione del potere pinochettista.

Lei è giunto a Santiago del Cile il 18 settembre del 1973 a pochi giorni dal golpe organizzato dal generale Pinochet. Che aria si respirava nel paese?
L’aria di una repressione violenta e palese: camionette che battevano le strade cittadine, arresti di persone che cervano di sfuggire ai carabineros, i quali in particolar modo organizzarono una vera caccia all’uomo nel centro di Santiago. L’immagine che ingannò all’iniziola comunità internazionale, cioè quella di un paese che esponeva su tutti i suoi palazzi e su tutte le facciate delle case le bandiere, era legata in verità alla festa nazionale appena ricorsa, e all’ordine della giunta militare di esporre per l’occasione i vessilli cileni. In questo contesto, qulche giorno dopo il golpe, alcuni di noi furono ammessi a visitare il famoso stadio dove erano rinchiusi 7000 prigionieri, emblema di un paese di fatto piegato dalla dittatura.

La sinistra cilena che sosteneva il presidente Allende era divisa all’epoca dei fatti. Una divisione che secondo molti avrebbe favorito il colpo di stato…
Allende è nato debole perchè all’interno del suo partito socialista esisteva una forte spinta massimalista capeggiata da Altamirano -cui molti daranno inseguito la responsabilità del golpe, che invece gli poteva essere imputato solo parzialmente, additandolo come divisore del fronte comune contro i militari- che aspirava a realizzare un socialismo assoltuo, che voleva perseguire le nazionalizzazioni totali, cioè che sognava di instaurare una dittatura del proletiarato: questo fu un fattore che indebolì profondamente la coalizione antigolpista di Allende. A ciò va poi aggiunto che allora la società cilena era profondamente divisa in due, con il presidente di un governo (Allende appunto) che aveva vinto con un solo punto percentuale di scarto sulla destra: tutto questo non favorì certo Allende.

Il regime pinochettista durò ben 17 anni grazie all’appoggio e alla connivenza internazionale…
Ma anche grazie al fatto che all’interno del paese mancava un’alternativa politica vera da parte del fronte dell’ opposizione, che i partiti a sinistra erano divisi, che i ricordi delle violenza subite erano ancora vividi: in questo contesto la scaltrezza di Pinochet ebbe buon gioco. Addirittura a complicare ulteriormente la situazione, all’inizio degli anni ‘80, contibuì il partito comunista, il quale scelse la lotta armata -un errore strategico grandissimo- di fatto emarginandosi dal cartello delle opposizioni che si chiamava alleanza democratica. Un aiuto al regime militare.

Perchè non si è riusciti a condurre il generale davanti ad un tribunale internazionale così da processarlo?
Perchè Pinochet ha rappresentato fino a qualche anno fa un grosso imbarazzo. Si è sempre tentato di processarlo ma senza riuscirci, per altro anche in modo grottesco attraverso una serie di procedimenti come la sospensione dell’immunità parlamentare. Pinochet fino al ‘98 è stato in grado di condizionare il paese, quando viene arrestato a Londra e sottoposto agli arresti domiciliari, il governo democratico cileno chiese che non fosse estradiato in Spagna: segno evidente che i conti con il passato non erano ancora chiusi. Pinochet è morto politicamente soltanto un paio di anni fa quando si è sollevato lo scandalo finanziario in merito ai suoi depositi illeciti in una banca americana. A quel punto è diventato indifendebile per chiunque. Forse se avesse continuato a vivere alla fine sarebbe stato sottoposto a processo.

In queste ore Santiago è scossa da violente reazioni alla morte dell’ex dittatore con scontri e feriti nelle piazze. Qual è la posizione che domina la maggioranza dei cileni, qual è il loro atteggiamento verso Pinochet e la pagina di storia di cui egli è stato protagonista per più di quindi anni?
La società cilena, che era profondamente divisa al momento del golpe, ha faticato a rimarginare le sue ferite, a superare le sue fratture, per anni la vicenda del golpe è stata infatti accantonata dal dibattito politico, televisivo, culturale nel timore di risvegliare la ‘bestia’ che era tornata nella tana, cioè la classe militare, la quale ha condizionato palesemente il processo di transizione verso la democrazia al punto che fino al ‘98, come dicevamo prima, Pinochet era un autentico intoccabile. Eppure anche dopo il ‘98 il tentativo di processarlo andò fallito, perchè Pinochet faceva ancora paura e fu il governo democratico cileno a chiedere che venisse rimpatriato sano e salvo. La botta finale l’ha data solo lo scandolo finanziario.
La società si è lentamente ricomposta, attualmente il Cile è un paese a maggioranza democratica dove l’opposizione è divisa in due partiti, e dove solo negli ultimi anni Pinochet ha cessato di essere un punto di riferimento: nelle ultime elezioni presidenziali, per esempio, la Bachelet ha vinto per conto del centrosinistra contro un avversario del centrodestra ed esponente della componente più moderata, Sebastian Pinera, che non solo non ha mai nominato nel corso della campagna elettorale Pinochet, ma ha anche dichiarato di aver votato nel referendum del novembre del 1988 contro la permanenza del generale al potere.

Lei afferma che Pinochet è stato a lungo considerato intoccabile. Ma grazie alla protezione di chi?
Fino ad un certo periodo dei militari cileni, ma non di potenze straniere.

E la Chiesa?
La Chiesa cilena a differenza delle altre chiese come quella argentina è stata importante per la difesa dei diritti umani nel paese, si è schierata contro il golpe, ha avuto nel cardinale Silva Enriquez la vera spina nel fianco della dittatura di Pinochet, visto che al contrario i partiti politici non lo preoccupavano affatto.