Peugeot-Citroen taglia 4.800 posti di lavoro

Il gruppo Psa Peugeot-Citroen, in calo di vendite e di redditività, ha deciso di tagliare il numero dei suoi dipendenti in Francia nel 2007 di 4.800 unità. L’annuncio è seguito a un primo trimestre in cui le vendite sono scese in Europa e salite complessivamente nel ,mondo dello 0,5 per cento rispetto allo stesso periodo del 2006. La notizia è stata confermata dal consiglio di amministrazione del gruppo, che ha convocato i sindacati per il prossimo 9 maggio per discutere il piano di riduzione della forza lavoro. Cinque dei sei sindacati presenti nelle fabbriche avevano siglato un accordo quadro lo scorso 6 aprile; all’orizzonte, dice il cda, c’è un piano di incentivazione a lasciare e a non sostituire chi va via.
E’ questo il primo atto di Christian Streiff, il nuovo timoniere del gruppo francese che il 6 febbraio scorso ha preso il posto di Jean Martin Folz. Streiff è un manager di lungo corso, con gran parte della sua carriera alla Saint Goban e un passaggio breve all’Airbus. Qui tra il luglio del 2006 e il 9 ottobre dello stesso anno è presidente esecutivo, 100 giorni per nulla napoleonici. E’ costretto alle dimissioni dalla bocciatura del suo piano di licenziamenti sgradito sia al governo francese che a quello tedesco, soci fondatori dell’Eads di cui Airbus è l’espressione industriale più importante. L’azienda aeronautica europea è in difficoltà, superata nuovamente dalla Boeing e soprattutto per il suo nuovo gigante dell’aria A380, in ritardo sui tempi di consegna.
Streiff approda dunque in Psa e, dopo una occhiata ai conti del gruppo, spinge sul piede del risanamento partendo con la solita ricetta: meno personale, meno costi. Se nel 2006 il gruppo ha venduto nel mondo 3,36 milioni di automobili, con un calo in Europa (mercato chiave da cui dipende) e un aumento in America latina e in Cina rispetto al 2005, il dato da tenere sotto osservazione è quello del margine operativo: il 2,9 per cento del 2002 è sceso all’1,1 l’anno scorso. Tra il 2001 e il 2004, gli anni d’oro di Peugeot e Citroen, il gruppo è stato tra i più profittevoli al mondo per ogni macchina venduta, primo in Europa insieme alla Porsche che però è tutta un’altra storia.
Folz, il predecessore di Streiff, si era subito distinto per aver trovato un buon accordo con i sindacati e per aver rilanciato i due marchi. Negli anni Novanta, la Citroen aveva prodotto auto non all’altezza della sua tradizione e il marchio, acquisito dalla Peugeot negli anni Ottanta, era arrivato al terzo millennio molto appannato. Folz aveva fatto rinascere la Citroen, ridandole una sua personalità e una sua caratterizzazione mentre sotto il vestito la politica delle economie di scala permetteva di produrre a costi più bassi.
Folz aveva inaugurato anche una politica di accordi industriali con concorrenti come Fiat e Ford – nella produzione comune di automobili, di mezzi commerciali e di motori – che hanno portato buoni risultati, ora insufficienti di fronte a un calo delle vendite. Una politica comunque di indipendenza e non sdraiata su intese di fusioni o di matrimoni, come è andato di moda fra il 1998 (anno di DaimlerChrysler) e i primi anni del millennio.
Il compito di Streiff, con fabbriche abituate negli anni scorsi a girare a pieno ritmo e con una rete distributiva allenata a vendere bene, è complicato dalla concorrenza sempre più agguerrita (asiatica, ma ora anche italiana) e dai margini sempre più sottili per il tipo di macchine medio-piccole prodotte dai due marchi del gruppo. Nel lusso, dove si guadagna di più, Peugeot e Citroen non brillano, come del resto la Renault e la Fiat, tutti costruttori generalisti surclassati dal lusso made in Germany.