Pericolo colpe

«Nel paese esistono gruppi paramilitari, abbiamo foto dell’ambasciatore americano con un paramilitare colombiano». Evo Morales, in visita a Roma, denuncia: qualcuno sta provando a giocare sporco C’è una destra interna che viene dai gruppi oligarchici e una esterna che arriva dall’ambasciata Usa: il signor Goldberg prima era capomissione in Kosovo e prima ancora braccio destro di Holbrooke in Bosnia.

Sorride sempre, Evo Morales, e parlando ti pianta due dita sulla spalla per sottolineare il concetto. Giacca e camicia ricamata senza colletto, per una volta ha lasciato la chompa, il tradizionale giubbotto, nella valigia. Arrivato in Italia con un aereo venezuelano, ha ritirato un premio, ha incontrato istituzioni politiche e confindustriali, ha incontrato i movimenti sociali italiani, ha certamente cercato di dipanare la vicenda di Entel, la compagnia telefonica di proprietà Telecom che la Bolivia vuole nazionalizzare (Telecom ha presentato a sorpresa la richiesta di un arbitrato internazionale davanti a un “tribunale”, il Ciadi, da cui la Bolivia è uscita quasi sei mesi fa). In Bolivia ha lasciato una situazione piuttosto tesa: le spinte separatiste si fanno più aspre, di recente c’è stata l’ocupazione di un aeroporto a Santa Cruz, il cuore della zona «camba», quella dei ricchi delle pianure contrapposta ai «colla», gli indigeni delle montagne. E poi un attentato a un consolato venezuelano, bombe-carta davanti alla casa di alcuni medici cubani, rapporti di intelligence che citano presenze inquietanti di addestratori colombiani.

Presidente, a 21 mesi dalla sua elezione come procede la rifondazione che lei ha promesso alla Bolivia?

Procede con debolezze, con opposizioni nei settori conservatori che non voglino pedere i loro privilegi. Non accettano che la nazionalizzazione degli idrocarburi sia stata blindata e garantita da molti lucchetti legali e costituzionali, non accettano che il potere sia passato al popolo e non sia più appannaggio di poche famiglie, di un’oligarchia. Parlo del potere economico e di quello politico: tra loro c’è gente razzista, fascista. Ma sono sicuro che arriveremo in fondo. Sarà una battaglia dura ma sarà una rivoluzione democratica, pacifica e giusta.

L’Assemblea costituente che lei ha voluto non ha ancora approvato un solo articolo della nuova costituzione, e i conflitti da parte di settori autonomisti e della destra tradizionale stanno ormai sfiorando la violenza. C’è una relazione tra i due settori? C’è il rischio di “balcanizzare” la Bolivia?

Balcanizzare, lo escludo totalmente. Ma l’estrema destra effettivamente non è disposta a accettare l’indio, ne è letteralmente disgustata. E reagisce. Lo dico con molta responsabilità, ma ho informazioni del fatto che il loro piano non è l’opposizione politica: stanno parlando di golpe, di golpe militare. Se c’è fosse un golpe in qualche dipartimento, dicono, i militari saranno assaliti e sconfitti. Parlano persino di attentare alle vite.

Sa se ci sono formazioni paramilitari nel paese?

Lo so, e le anticipo una cosa: abbiamo una fotografia dell’ambasciatore degli Stati uniti insieme a un paramilitare colombiano, scattata di recente qui in Bolivia. Il paramilitare adesso è felicemente detenuto in un carcere. Abbiamo informazioni su forze paramilitari armate e organizzate nel paese, di cui fanno parte elementi di destra e delinquenza. Quando la destra non può mobilitare come faceva prima, passa al lato estremo: il paramilitarismo.
Recentemente ci sono stati attentati contro un consolato venezuelano in Bolivia, contro le case di alcuni medici cubani, l’occupazione dell’aeroporto. Da dove vengono politicamente questi gesti?
C’è una destra interna e una esterna. Quella interna viene dai gruppi oligarchici, quella esterna arriva dall’ambasciata degli Stati uniti.
Prima della nomina in Bolivia l’ambasciatore Goldberg era capomissione americano in Kosovo, e prima ancora il braccio destro di Richard Hoolbroke in Bosnia, da cui è stata fatta implodere la ex Jugoslavia. Come si comporta adesso?
In Bosnia Goldberg ha accumulato punti nella sua carriera diplomatica. In Bolivia non ci riuscirà.

Che relazioni avete con gli Usa?

Abbiamo relazioni con tutto il mondo, ma non accettiamo provocazioni. E poi una cosa è l’ambasciatore e l’altra è il paese. Certo il signor Goldberg ha certo una lunga esperienza di convulsioni di governi democratici.
Come la la nazionalizzazione del gas? L’ex ministro degli idrocarburi Saliz dice che le transazionali hanno firmato i nuovi accordi ma non pagano veramente quanto dovrebbero pagare, e inoltre il suo governo non investe in infrastrutture – strade, ponti e fabbriche – ma in progetti «ideologici» di solidarietà per anziani e studenti. Cosa risponde?
Che Soliz è un risentito, mi sono sbagliato a metterlo al ministero. I risultati della nazionalizzazione del resto parlano chiaro. Se esiste il buono «Juancito Pinto» (un assegno per evitare la diserzione scolare dei vbambini, nda) è grazie alla nazionalizzazione, se abbiamo potuto stanziare una certa cifra per le pensioni è grazie alla nazionalizzazione. In precedenza esisteva il «bono solidaridad» ma derivava dalla privatizzazione, malamente chiamata capitalizzazione, delle nostre imprtese. E nemmeno così c’erano risorse economiche per pagarlo, era insostenibile. Ora è tutto cambiato, lo stato ad esempio si è caricato la responsabilità di una pensione di vecchiaia, una cosa che prima non esisteva.

Insisto: è vera la critica sui mancati investimenti nel settore industriale?
Crede che l’industrializzazione degli idrocarburi si possa fare in due anni?

In questo momento la nostra maggiore debolezza è nel settore umano, gli esperti di cui abbiamo bisogno prima bisogna formarli. La cosa più importante è che prima della nazionalizzazione lo stato riceveva meno di 300 milioni di dollari dal suo gas, quest’anno conta di prendere 2 miliardi. Nel 2004 le riserve del paese erano meno di 2 miliardi di dollari, quest’anno saranno 5 miliardi. Questi sono fatti.

Lei dice: investire nell’umano. Che cosa ha da offrire la Boolivia e che tipo di investimenti cerca?

In tema di risorse naturali abbiamo bisogno di soci. Abbiamo bisogno di imprese, non solo dall’Italia ma di tutto il mondo, e di imprese che investano. E stiamo cominciando con gli accordi bilaterali. Ad esempio ho conosciuto un’imprenditore delle scarpe: ho saputo che l’Italia ha scarpe di qualità ma non in quantità, come in Cina. E noi abbiamo il cuoio dell’altipiano e dell’oriente. Una cosa non ancora sfruttata è il cuoio del collo del lama: nei campi della Bolivia, da sempre facciamo scarpe con cuoio di colllo di lama. Ecco, è un esempio di una materia prima che da noi esiste e che è da esplorare, e ce ne sono tante altre, Ma le imprese devono essere sensibili ed avere anche politiche sociali.

Che rapporti ha con il Brasile? L’impresa petrolifera brasiliana, la Petrobras, agisce come parte di un governo «amico» o come un’impresa classica, che non ha amici?

Difficile capirsi con le imprese, hanno un solo interesse ed moltiplicare il capitale. Il presidente del Brasile sta cercando di risolvere i problemi che abbiamo con la sua impresa, ho molto rispetto di Lula e stiamo programmando un incontro in Bolivia prima della fine dell’anno, continuo a considerare il compagno Lula come un fratello maggiore e il Brasile come un grande paese. Siamo qui per risolvere i problemi, per limitare i condizionamenti e garantire gli investimenti.

Il suo chavismo è stato molto criticato, anche se criticare Chavez è uno sport molto praticato. Ci sono differenze tra lei e il presidente del Venezuela?

Siamo diversi, ma tutti puntiamo all’uguaglianza, alla giustizia, a ridurre le asimmetrie tra le famiglie come tra i continenti. La nostra grande coincidenza è che abbiamo democrazie liberatrici e non sottomesse all’impero, siamo orientati al tema della vita e dell’umanità, non solo in America latina ma per tutti gli esseri umani del pianeta terra. Noi però siamo un movimento indigeno, cerchiamo l’armonia con la madre terra. Socialismo e marxismo cercano solo risolvere il problema dell’essere umanno, non quello della Terra. Invece dobbiamo parlare dell’ambiente, di come salvare un pianeta che sta male.

Gli agrocombustibili?

Non li condivido. Non è possibile che la terra e i suoi prodotti siano messi a disposizione delle macchine invece che della vita umana.
La coca è un argomento che viene spesso usato per attaccare la Bolivia. Lei ha parlato di indusrtrializzazione della coca: a che punto è?
Lo dico con molta chiarezza: non può esserci libera coltivazione di coca e nemmeno zero coca. Parlare di libera coltivazione significa produrre eccedenze per il mercato illegale, parlare di coca zero sarebbe disconoscere le sue qualità: parlare di coca zero è parlare di movimento indigeno zero. Ma la lotta ai narcos negli Usa è un pretesto che nasconde una lotta di carattere geopolitico: con la lotta al narcotraffico gli Stati uniti creano basi militari. Ciò che stiamo prevedendo nella nuova costituzione è che la Bolivia non accetterà nessuna base militare, nordeamericana o di qualsiasi altro paese. Se parliamo di una lotta reale e effettiva al narcotraffico, allora non va solo attaccata l’offerta ma anche la domanda. E la domanda viene da voi, dall’occidente. E poi bisogna farla finita col segreto bancario. Non è possibile che stati e nazioni proteggano il narcotraffico attraverso il segreto bancario.

Che pensa di Ahmadinejad, con cui ha appena firmato un accordo nucleare? Ha diritto a un programma atomico?

Gli accordi e le relazioni commerciali e diplomatiche della Bolivia non saranno mai orientate a politiche che si propongano di sopprimere vite, siamo per una cultura della vita e non perseguiremo mai programmi che la minaccino. Alcuni paesi criticano i programmi nucleari, ma chi lo può fare? Solo chi quelle armi non le ha. Con che morale paesi che hanno arsenali nucleari interi, mettono in discussione quelli degli altri? O tutti o niente. Per noi, meglio niente. Nelle guerre perdono solo i poveri e vincono i ricchi, la guerra serve solo perché qualche gruppo continui ad accululare capitale.

Che relazione ha con la chiesa cattolica?

Ho molto rispetto di molti sacerdoti e di suore di base, lavoriamo molto con loro in scuole e ospedali. Ma sento di avere differenze con le gerarchie della chiesa cattolica in Bolivia. Cosa accade in Italia non lo so, ma in Bolivia alcuni gerarchi cattolici suonano le campane per protestare contro Evo Morales.