Perché sono in galera?

Se, come dice l’avvocato Mirko Mazzali, siamo di fronte a uno dei più grossi bluff del sistema giudiziario, viste le carte del pm Basilone risulta difficile pensare che sia solo lui a forzare la mano per tenere in carcere senza motivo quei 25 ragazzi in attesa di giudizio rastrellati a caso lo scorso 11 marzo in corso Buenos Aires. Le sue carte somigliano al due di picche. Ma «qualcuno vuole dargli una lezione», ipotizza l’avvocato. E quel qualcuno prima o poi si dovrà porre un problema, considerato che il processo comincia il 28 giugno e la sentenza è prevista per fine luglio: «E se ci fossero dei ragazzi in carcere da tre mesi solo perché hanno partecipato a una manifestazione con una bottiglia d’acqua in mano?».
Ricordiamo che sono accusati di devastazione e incendio per aver cercato di impedire (nel peggiore dei modi) un raduno di nazifascisti regolarmente autorizzato dalla questura. Davanti a un esercito di poliziotti, immobile, andò in fiamme la sede di An di corso Buenos Aires, furono distrutte le vetrine di McDonald’s e tre automobili presero fuoco. Poi, nel fuggi fuggi generale, finirono in galera i più sprovveduti.
L’avvocato sa di cosa sta parlando, perché ha visto le incongruenze dei filmati, ha fatto di tutto per tirare fuori dal carcere ragazzi e ragazze «normali» che lavorano e studiano, dunque che rischiano di perdere il lavoro e di compromettere gli studi (quattro ragazzini sono stati più fortunati, dopo «appena» una settimana di San Vittore sono stati scarcerati con tante scuse: due stavano mangiando un gelato, altri due avevano appena acquistato dei fumetti).
I genitori degli arrestati invece sanno benissimo di chi si sta parlando. Si vede che sono persone per bene e poco abituate a maneggiare la «politica», sono rimaste sconvolte dall’impatto con il carcere, e, forse, ancora di più dal dover trattare con i media, che ancora oggi, a tre mesi di distanza, trattano i manifestanti arrestati (incensurati) come fossero mostri. Una reazione isterica che a suo tempo – sotto elezioni – ha contribuito a creare attorno ai ragazzi un clima di isolamento, per cui ci sono voluti tre mesi perché qualcuno si accorgesse della situazione scandalosa. Si spazientisce l’avvocato Steccanella: «A nessuno degli arrestati sono stati concessi gli arresti domiciliari, e questo è successo nel silenzio generale! Il tribunale per negare una misura preventiva prevista in dieci modalità diverse ha inventato motivazioni inesistenti, siamo di fronte a fantascienza giuridica, a una disapplicaizone della legge».
La prima uscita pubblica dei genitori, che ieri sono stati ospitati nella sede della Provincia di Milano, cade a pochi giorni dal corteo che sabato prossimo sfilerà da piazza Duomo a San Vittore per chiedere la liberazione degli arrestati. I genitori ci saranno, «a viso scoperto, a mani nude, con la forza della ragione e dell’intelligenza». Fatta la doverosa premessa «noi siamo contrari a ogni forma di violenza», per non scatenare le iene bipartisan che ancora non hanno compreso che qui si sta parlando di mesi di carcere preventivo senza giustificazione alcuna quando in carcere non entra quasi nessuno (fatta eccezione per stranieri e poveri cristi), i genitori vogliono semplicemente dire che non basta essere presenti a una manifestazione per finire in galera, e suggeriscono a giudici (e giornalisti) che la responsabilità penale è individuale.
E i ragazzi come stanno? «Come si sta in carcere…». Depressi. Spaventati. Sfiduciati. Tristi. Increduli. «Che senso hanno – si chiede un padre – misure cautelari eccezionali tre mesi dopo gli eventi? Sappiamo che ci sono cittadini che ancora oggi si sentono offesi per quello che è successo, ma ci sono milanesi che ormai si stupiscono quando vengono a sapere che ci sono persone in carcere solo perché quel giorno erano presenti a quella manifestazione».
Oggi pomeriggio andrà a trovarle don Gallo, perché «tre mesi sono troppi!».