Si è svolta a Roma il 21 – 22 gennaio 2006 l’Assemblea Nazionale dei Comitati promotori della legge di iniziativa popolare “Per una buona Scuola per la Repubblica” che ha avviato, dopo una lunga e appassionante discussione (oltre 100 gli emendamenti presentati al testo iniziale) la stesura definitiva della proposta di legge, sulla quale, dopo il via libera della Corte di Cassazione, inizierà la raccolta di 50.000 firme.
L’obiettivo è portare alla discussione in Parlamento un testo di legge diverso, se non altro per il percorso di costruzione, oltre che per i suoi contenuti.
La modalità con cui si è pervenuti alla stesura della proposta di legge è in effetti il primo elemento di rilevante novità: dal gennaio 2005, quando l’idea di una legge di iniziativa popolare e i suoi contenuti sono cominciati a circolare nel movimento, è passato un anno nel corso del quale un centinaio di genitori, docenti e studenti di Milano, Roma, Torino, Parma, Bologna e di molte altre città in rappresentanza di associazioni, comitati di genitori, collettivi studenteschi hanno collaborato alla stesura della bozza. “Una bozza di lavoro” – dicono ironicamente i promotori – “ come ha fatto la Moratti” e non un testo definitivo che infatti nel corso dei mesi è stato oggetto di incontri di discussione, emendamenti, modifiche fino all’ assemblea nazionale di Roma.
Un secondo elemento di grande importanza, a nostro avviso, sta proprio nella scelta di costruire dal basso un vero e proprio strumento legislativo, una legge, e non invece limitarsi, come pure avviene solitamente, alla semplice richiesta ai partiti di intervenire, avanzando al più singole proposte, qualche emendamento. Una manifestazione dunque di protagonismo di massa che risponde in maniera coerente al carattere di massa che il movimento di lotta contro le riforme Moratti ha dispiegato in tutti questi anni. Sarebbe stato uno sciupio di intelligenza e di volontà ridurre tutto ciò a semplice movimento di pressione della “società civile”.
Ma la rilevanza della proposta di legge di iniziativa popolare “Per una buona Scuola per la Repubblica” sta a nostro parere, oltre che per i suoi contenuti di cui parleremo più avanti, per il contesto politico nel quale essa viene a cadere. Mi riferisco, in particolare, alla discussione sull’elaborazione di un programma comune dell’Unione nell’ambito dell’alleanza di centro sinistra. Sono in gran parte già note a tutti le traversie, le scritture e le riscritture, le molteplici versioni del Programma.
Per quanto riguarda la scuola, accanto a impegni apprezzabili (ad esempio l’elevamento dell’obbligo scolastico a 16 anni in un biennio unitario, o l’abolizione di tutte le riduzioni d’orario apportate dalla Morati) il programma si caratterizza per l’enfasi, per noi davvero eccessiva, posta sul tema dell’Autonomia scolastica, della quale si tacciono tutti i difetti che pure sono sotto gli occhi di tutti, dalla deriva aziendalistica con annessa concorrenza tra le scuole, all’eccesso di potere della Dirigenza scolastica, frutto avvelenato delle riforme dei governi di centro sinistra degli anni 90’. Di più, esso non assume impegni decisivi sulle risorse da impiegare (si parla genericamente di “serio investimento nell’istruzione” e di elaborazione di “un piano finanziario in rapporto al PIL”), sulla consistenza degli organici, e quindi sulla questione decisiva dell’assunzione in ruolo di circa 200.000 precari docenti e ATA; si limita ad indicare un elenco di problemi da affrontare per l’Università, senza indicare alcun impegno vincolante e quindi esigibile, e non assume, nemmeno per i prossimi anni, per fine legislatura, l’obiettivo dell’elevamento dell’obbligo scolastico ai 18 anni, che pure sta nel programma di importanti organizzazioni sindacali come l’FLC CGIL.
Ma, soprattutto, non compare l’impegno all’abrogazione della riforma Moratti.
Sappiamo che questo è il punto d’approdo della mediazione operata dal “tavolo tematico” fra i partiti dell’Unione, ma sappiamo anche che questa non è una questione puramente nominalistica: come dice giustamente un documento di Retescuole di Milano “ (…) perché non l’hanno scritto in maniera chiara? Perché la bozza NON vuole essere chiara, su quel punto come su molti altri”.
Il valore della proposta di legge di iniziativa popolare, come pure di quella del comitato fiorentino “Fermiamo la Moratti” sta dunque tutto qui: nel rivendicare e praticare concretamente ora, prima dell’inizio della campagna elettorale, l’autonomia dei movimenti massa che criticano l’esistente, non limitandosi, però, a sventolare una bandiera, ma appunto elaborando una proposta di scuola ideale ma possibile, di una buona “scuola della repubblica” . In questo senso, la partecipazione diretta, in prima persona, di quanti l’opposizione e la lotta alla scuola della Moratti l’hanno fatta costituisce un buon segnale.
Ma la condivisione e l’apprezzamento per il metodo seguito nella costruzione della proposta non sono tutto. Il nostro appoggio all’iniziativa trova fondamento nella sintonia con i contenuti dell’iniziativa di legge popolare: l’elevamento dell’obbligo scolastico a 18 anni, l’impegno a stanziare il 6% del PIL per l’istruzione (una buona scuola può davvero costare meno di alcune “grandi opere” dalla TAV al Ponte sullo Stretto) , una scuola laica in cui siano compresi gli asili nido, l’estensione del tempio pieno, inteso non solo come tempo di permanenza a scuola, ma per la sua valenza didattica, la lotta alla dispersione, le politiche di sostegno alle disabilità e all’educazione interculturale, capace di valorizzare le diversità culturali, una politica sugli organici che faccia scomparire la precarietà; l’impegno a favorire, attraverso il rinnovamento degli organi collegiali, la partecipazione democratica alla vita della scuola.
Insomma, proprio ciò che vorremmo per una buona scuola, la scuola di tutti.