Per un confronto critico sulla “Sinistra Europea”

Abbiamo letto il testo della piattaforma per le elezioni europee stilata a Berlino, nell’ultimo weekend di novembre, e i commenti apparsi in merito in Liberazione .
Stupisce la disinvoltura con cui è stato presentato il documento: quasi fosse l’espressione dell’insieme delle forze comuniste, anticapitaliste e di sinistra radicale europee. E’ singolare, a questo proposito, il fatto che Liberazione non ci abbia fornito l’elenco completo dei partiti che aderiscono alla SE (e non è la prima volta). I nostri militanti avrebbero avuto così modo di verificare i limiti profondi, sul piano della rappresentatività e dell’incidenza nei rispettivi paesi, di queste forze di sinistra. Ed anche verificare che esiste una parte consistente (assai rilevante) di partiti che partecipa a tale struttura solo in qualità di osservatore e che, in varie occasioni, c’è stato chi, tra gli osservatori (ad es. AKEL di Cipro), non ha mancato di esprimere importanti contestazioni al merito e al metodo delle iniziative proposte.
In questa occasione, si è proceduto alla stesura di un documento che ancora una volta rappresenta solo una parte (tra l’altro attraversata all’interno delle sue componenti da dissensi radicali, come quello espresso anche su tale questione dal 40% dei militanti del PCF nel corso della recente consultazione congressuale) del variegato spettro di forze comuniste e anticapitaliste europee.
Non ci risulta che siano state consultate alcune forze rilevanti e decisive del movimento comunista europeo, in primo luogo i partiti comunisti di Grecia e Portogallo, componenti fondamentali del comune gruppo parlamentare europeo (GUE). E neppure importanti partiti comunisti dell’est europeo, a cominciare da quelli russo e ucraino, che, al di là della loro estraneità all’UE, dovrebbero essere considerati “europei” a tutti gli effetti. Nei paesi baltici, partiti comunisti che vengono duramente repressi o privati del diritto di utilizzare il loro nome non sono stati neppure presi in considerazione. Le presenze più significative dell’Europa orientale sono di osservatori, come il Partito Comunista di Boemia e Moravia (ad aderire nella Repubblica Ceca è l’irrilevante “Partito del socialismo democratico”).
A questo proposito, riteniamo di particolare gravità il fatto che nella piattaforma non emerga un preciso riferimento alla feroce campagna repressiva anticomunista, scatenatasi, in particolare nell’Europa orientale, in alcuni paesi dell’UE e avallata da deliberazioni degli organismi comunitari, che ha colpito anche un partito appartenente alla SE, il Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese e ha messo fuori legge l’organizzazione giovanile (KSM) del PC di Boemia e Moravia. Da registrare anche la significativa assenza di quasi tutta la sinistra scandinava.
In un quadro di generale debolezza dei partiti aderenti, egemone appare il ruolo della Linke tedesca, unica forza della SE attualmente in grado di esercitare un’influenza di massa in un paese strategico dell’UE. Si tratta di una forza più che rispettabile, ma dichiaratamente non comunista, “socialdemocratica” di sinistra. Con orizzonti strategici ben distinti da quelli dei comunisti. E non esente da pratiche discriminatorie nei confronti dei comunisti (per motivi tutti ideologici è stata espulsa da un gruppo parlamentare regionale una esponente del Partito comunista tedesco (DKP), eletta in precedenza nelle liste della Linke).
La piattaforma elettorale della SE – che contiene anche una serie di rivendicazioni in sè condivisibili, non è questo il punto – non introduce elementi che ci permettano di rivedere il giudizio fortemente critico da noi espresso fin dalla nascita di questo soggetto politico. Anche in questa occasione la “Sinistra Europea ” si configura come un fattore di divisione del movimento comunista: ed in alcuni paesi essa, per la prima volta, condurrà una campagna elettorale sovranazionale a sostegno di forze ostili ai partiti comunisti di quegli stessi paesi, che pure sono nostri partner nel GUE!
Fino ad ora non ci sembra che siano state mai affrontate e risolte le questioni legate alla definizione del profilo identitario, strategico e allo Statuto fondante della SE, in cui si sono deliberatamente introdotte formulazioni di natura ideologica (in relazione alla storia del movimento comunista) e programmatica (in relazione al giudizio sull’Unione Europea), ben sapendo che quelle formulazioni sarebbero state inaccettabili per numerosi e importanti partiti comunisti europei, dell’Est e dell’Ovest. Tali rigidità, volte coscientemente ad escluderli o a provocarne artificiosamente divisioni interne, hanno prodotto divisioni profonde tra i maggiori partiti comunisti e di sinistra alternativa europei ed una incrinatura del rapporto di fiducia reciproca. Anche in occasione della presentazione della piattaforma elettorale, non ci pare siano state introdotte modifiche significative all’impianto politico e ideologico che sta alla base di questo soggetto politico. Il profilo politico-programmatico e identitario complessivo della Sinistra Europea (confermato in tutte le sue assisi congressuali) rimane per lo più quello di una socialdemocrazia di sinistra (emblematica la figura di Lafontaine), che si distingue sia dalle prevalenti impostazioni social-liberali e atlantiste della maggioranza della socialdemocrazia europea, sia da posizioni comuniste o di sinistra dichiaratamente anti-capitalistica e antimperialista. E’ assente ogni orizzonte strategico che prospetti l’obiettivo storico del socialismo e della costruzione di una società alternativa al capitalismo. Il progetto strategico che si profila appare quello di un capitalismo regolato, riformato e temperato nelle sue pulsioni liberiste e militariste, con il recupero di uno Stato sociale e di uno “spazio pubblico” nell’economia e nei servizi, che consenta appunto di contenere e bilanciare, nell’ottica tradizionale della socialdemocrazia, le spinte più oltranziste del capitalismo, nell’ambito delle sue compatibilità.
Questa impostazione politica risulta ancora più inefficace in una fase come quella attuale di forte crisi economica, che riduce al minimo le possibilità per politiche riformiste, considerati anche i rapporti di forza tra le classi in Europa. La fase che attraversiamo richiederebbe, invece, politiche nettamente alternative all’attuale sistema economico e sociale, le sole in grado di far recuperare alle forze politiche comuniste quel consenso e quel radicamento sociale che si è perso in questi anni.
Non esistono dunque, a nostro parere, le ragioni per condividere quel giudizio acriticamente positivo, sul ruolo e le prospettive della SE, che ci è parso di cogliere persino tra alcuni compagni di partito che, in passato, avevano sottoscritto critiche simili alle nostre. Teniamo aperta la discussione.

* responsabile esteri Federazione PRC Torino
** capogruppo PRC Comune di Milano