Per il Censis la ripresa c’ è «Un piccolo silenzioso boom»

Un anno fa il Censis aveva intravisto «schegge di vitalità» nel tessuto produttivo, dopo un lungo periodo di stagnazione. Qualcuno aveva ipotizzato un fuoco di paglia. Invece quei frammenti di ripresa sono ormai consolidati. Sono diventati la base di «un piccolo silenzioso boom», che andrà confermato con una «collettiva capacità di gestire eventi e processi». Perché – ha spiegato Giuseppe De Rita, segretario generale dell’ istituto di ricerche – «ci giochiamo tutto in questi mesi invernali. Se ci va bene, se cioè si intensificano le scintille di vitalità, allora usciremo dall’ inverno con il turchino dell’ aprile». In caso contrario, «aspettiamoci i colori lividi e un po’ torbidi del febbraio». Il quadro emerge dal 40esimo Rapporto sulla situazione sociale del Paese, presentato ieri mattina. E i segnali sono incoraggianti, nonostante la persistenza delle «zavorre sistemiche»: la spesa pubblica ancora indomabile (da 475 a 622 miliardi in cinque anni), i ritardi delle reti infrastrutturali, «l’ involuzione di scuola e università», il «welfare clientelare» e la «criminalità emergente». «Questa crescita va rafforzata con scelte coraggiose, una fra tutte di intervenire sulle uscite, non solo sulle entrate», ha commentato Luca Montezemolo, presidente di Confindustria. «Effettivamente abbiamo dei segnali di ripresa ma per la verità abbiamo ancora di fronte dei problemi», ha aggiunto Pierluigi Bersani, ministro per lo Sviluppo economico. L’ Italia si è dunque rimessa in moto, ma in un clima difficile. Secondo De Rita, il dibattito politico si è concentrato sulla triade «manovre fiscali di redistribuzione, istanze riformiste e difesa a oltranza degli interessi», tralasciando invece di porre «attenzione alle minoranze trainanti». Un errore, mentre «il ceto medio già soffre». Una situazione che ha alimentato «il velenoso sospetto che il potere statale, con la recente campagna di entrate, abbia pensato a se stesso», anziché puntare sullo sviluppo o sul benessere sociale. Tasse per pagare il debito pubblico, in pratica. Un malcontento che si riflette nella considerazione degli elettori nei confronti nella classe politica: nel 1994 l’ 8,8% degli intervistati dichiarava di «avere molta fiducia» nei politici; la percentuale è scesa al 5,1%. E anche gli «abbastanza fiduciosi» sono passati dal 38,4 al 36,2%. Un contesto di apparente sfiducia che potrebbe deprimere le ambizioni di ripresa. Invece i numeri restituiscono l’ immagine di un’ altra realtà. «Avevamo attraversato, fino a un anno fa, un periodo di frustrazione di fronte alla riproposizione di tematiche come quelle del declino e dell’ impoverimento – sottolinea il Censis -. Nel 2006 la ripresa ha assunto consistenza crescente, con progressioni di aumento del prodotto nazionale allineate intorno al 2%, traguardo inverosimile a metà 2005». Il 92,6% delle aziende (con oltre 20 addetti) intervistate ha dichiarato «prospettive positive». Fra gennaio e luglio l’ indice del fatturato è cresciuto dell’ 8,7% e gli ordinativi hanno messo a segno un balzo del 10,7%, rispetto allo stesso periodo dell’ anno precedente. I settori trainanti sono l’ industria calzaturiera (+10,7%), dell’ elettromeccanica (+12,5%) e dei mezzi di trasporto (+19,5%). «L’ impressione – aggiunge il Censis – è che il sistema stia recuperando competitività anche nei settori più esposti alla concorrenza estera». Il numero degli investitori italiani in terra straniera ha registrato un’ impennata: +21,3% (a 5.750). Il fatturato globale delle 2000 grandi imprese è stato nel 2005 di oltre 512 miliardi. E alcune di queste realtà possono «svolgere un ruolo di big player» per la ripresa: da Enel a Eni, da Finmeccanica a Fiat, da Unicredit a San Paolo-Intesa, da Generali a Telecom. Il turismo si conferma una miniera: arrivi e presenze nel 2005 sono aumentati (+2,4%), forte la domanda estera, ma anche gli italiani hanno ripreso a viaggiare. E – come aveva intuito Francesco Rutelli con la sua idea di riforma del calendario delle vacanze – «vi è un’ accentuata tendenza a spalmare le ferie durante l’ anno: ormai solo il 43,5% dei viaggi è nel trimestre estivo». Sul fronte del mercato del lavoro, nella prima metà del 2006 il numero degli occupati è salito sopra quota 23 milioni (22,5 nel 2005), mentre il tasso di disoccupazione è sceso al 6,5%, ma grazie all’ uso di contratti flessibili, alla regolarizzazione di stranieri e al ricollocamento di over 50. «Occupazione senza qualità», dicono i sindacati. Le donne, nonostante la preparazione più alta, spesso restano relegate nelle fasce di retribuzione più basse: sotto i 1000 euro al mese si colloca il 48,9% delle lavoratrici e solo il 26% degli uomini. Il welfare scricchiola: la spesa per le pensioni ha superato i 190 miliardi (+2,4% in un anno). E il sistema sanitario è considerato poco efficiente: il 55% degli interpellati ha fatto ricorso a raccomandazioni per sottoporsi a cure mediche, il 9% ha fatto regali in denaro. Tutto per dribblare le interminabili liste di attesa. E, ancora, il 32% è stato dirottato dal pubblico al privato. Restando in tema sanitario, il 57% si è detto favorevole all’ eutanasia. Cresce il consenso all’ uso degli embrioni umani per la ricerca medica (55,3%), mentre il 59,8% delle donne difende il diritto all’ interruzione volontaria della gravidanza. Lo studio ribadisce che gli investimenti per l’ istruzione sia in rapporto al Pil (4,9%), sia in rapporto alla spesa pubblica (9,9%) sono inferiori alla media dei Paesi Ocse (rispettivamente 5,5% e 13,3%). Aumentano le denunce di reati: +6,7% (quasi 2,6 milioni casi), anche se nel primo semestre del 2006 ci sarebbe stata una leggera flessione. Più del 30% è concentrato a Milano, a cui va la maglia nera, Roma, Torino e Napoli. E anche in provincia si registra un’ ondata di illegalità. «Ma senza eccessivi allarmi e allarmismi».