L’articolo di Franco Russo, pubblicato sul manifesto del 5 aprile scorso, mi spinge a spiegare ai lettori del giornale il contenuto del mio intervento nella giornata conclusiva della conferenza di organizzazione di Rifondazione comunista, dedicata alla nascita della Sinistra europea in Italia e del «cantiere» per un soggetto unitario della sinistra al quale Uniti a sinistra, Ars e Associazione Rossoverde si sono primariamente dedicate.
Proprio riguardo a quest’ultimo, ma anche alla Sinistra europea, ho richiamato la genesi del partito socialista italiano. Ho parlato, più che del socialismo delle origini, dell’origine del «partito dei lavoratori» (il primo nome del Psi) che nacque non per fusione di gruppi dirigenti nazionali ma unificando partiti regionali e leghe di espressione sindacale e cooperativa nati prima del 1892. Questo percorso, credo, dovrebbe essere anche alla base della nuova soggettività che vogliamo costruire. Non un partito che nasce per decisione di vertici, ma una «federazione» di soggetti espressione dei territori. Questi soggetti, le «case della sinistra», dovranno raccogliere non solo le forze che già hanno dato un contributo nazionale al percorso della Sinistra europea e quanti, come il Correntone, stanno maturando l’idea di contribuire a costruire una nuova soggettività a sinistra, ma anche i tanti movimenti che nel paese si fanno portatori di istanze civili, sociali e democratiche, i giovani in cerca di una politica che abbia «senso», singoli compagni e compagne, i tanti militanti che ogni anno hanno deciso di non rinnovare la tessera al Pci-Pds-Ds, insomma quell’arcipelago che sente l’esigenza di una grande forza della sinistra «di popolo e di governo».
Non solo non salto a piè pari, come scrive Franco Russo, il fatto che a differenza del 1892 una rappresentanza della sinistra esiste oggi nelle istituzioni, ma muovo proprio da qui, dall’insopportabile distacco tra essa (anche nelle sue componenti radicali) e il popolo della sinistra, distacco che è cresciuto a dismisura negli ultimi tempi.
Ha detto bene Achille Occhetto: se facciamo come i «riformisti-moderati», non andremo lontano. Credo anch’io che la giustapposizione di ceti dirigenti non porti da nessuna parte. Sarà così – azzardo una (forse facile) previsione – per il Partito democratico, come ad esempio teme Arturo Parisi e come sembrano indicare anche i sondaggi. Per costruire il Pd si sta procedendo per aggiustamenti continui tra i diversi leader e leaderini del «nuovo» partito, invece che partire, come è stato detto, dai «gazebo». Ora pare che vogliano ripescarli, ma mi sembra che si sia fuori tempo massimo.
Non sarebbe sbagliato, invece, che fossimo noi, la sinistra, a usare il metodo della partecipazione aperta per costruire la nuova soggettività. Non propongo, chiaramente, improbabili giornate dell’adesione al nuovo partito dove chi passa può mettere la sua firma. Non credo che una forza politica si costruisca così. E, tuttavia, l’idea che le «case della sinistra» promuovano a livello locale assemblee aperte, partecipate, in cui discutere sulla sinistra, sulla sua crisi e sulle sue potenzialità, credo sarà un passaggio necessario nel percorso che stiamo intraprendendo. Così come credo sarebbe molto innovativo che, nella Carta fondativa della sinistra italiana, fosse esplicitato il metodo della partecipazione non solo per la scelta delle candidature – che abbiamo già testato con risultati a mio parere molto importanti – ma anche per le scelte politiche.
Primarie, referendum tra gli aderenti (ma anche sperimentazioni di consultazione aperta agli elettori), assemblee pubbliche. Strumenti che possiamo usare per rispondere alla crisi della politica. Ma dobbiamo crederci davvero e essere pronti a cedere sovranità al popolo della sinistra. Per questo non uso mai la parola «partito» per descrivere il nuovo soggetto che spero nascerà dal «cantiere». Perché quello che vorrei non è un partito come fino a oggi abbiamo conosciuto i partiti, ma prima di tutto uno strumento partecipativo che i lavoratori, i giovani precari, i cittadini della sinistra diffusa possano usare per partecipare alla politica nel proprio quartiere o a livello nazionale. Un soggetto al quale si può aderire con modalità diverse. L’iscrizione vera e propria ma anche l’adesione su base tematica, oppure la sottoscrizione di una Carta di intenti, la possibilità di essere partecipe delle scelte come «elettore certificato».
Credo in un socialismo che sia cessione del potere verso il basso. Credo che essere socialisti oggi significhi di nuovo battersi perché il «potere» sia nelle mani del popolo e non dei potentati economici o delle oligarchie politiche. Ma una forza socialista, allora, deve prefigurare anche al suo interno questo socialismo.
Credo con questo di aver risposto alle perplessità di Franco Russo, il cui articolo contiene delle riflessioni che condivido sulla crisi della rappresentanza, e di qualche altro compagno.
Quanto poi alle politiche lungi da me pensare che il socialismo del XXI secolo sia uguale a quello dell’Ottocento. Penso al contrario che il nuovo socialismo significhi assumere paradigmi del tutto nuovi (la partecipazione al posto della teoria dell’avanguardia, la gestione partecipata dei beni comuni invece che la mera statalizzazione, la nonviolenza al posto della dittatura del proletariato e così via). Non si tratta – non l’ho mai pensato – di superare il Novecento tornando all’Ottocento. E neppure di fare un processo alla storia. Non mi interessa stabilire chi aveva ragione nel 1921 né riunire tutti coloro che traggono origine da quella storia. Non serve e sarebbe incomprensibile mettere insieme cose troppo diverse. Ma unire quanti hanno rivisto criticamente il comunismo sulla base dell’esperienza dei movimenti con coloro che – io mi metto tra questi – sulla stessa base hanno aperto una riflessione sui limiti della socialdemocrazia e ancora quanti vengono da culture del tutto diverse e nuove (come l’ambientalismo) credo sia un’occasione storica.
La nuova sinistra – ne sono pienamente convinto e da molto tempo – dovrà essere figlia del nuovo secolo e dei suoi movimenti.