Le morti sul lavoro sono tornate sulle prime pagine dei giornali, ma voglio azzardare una riflessione che possa andare oltre l’ondata di emozione che ha comprensibilmente coinvolto tutti noi.
Proprio perché la situazione è particolarmente grave, non si può sottacere innanzitutto il cambio di passo operato dal governo rispetto al tema dell’insicurezza nelle fabbriche piuttosto che nei cantieri; un cambio di passo frutto di una sensibilità e di un’attenzione politico-culturale che ha prodotto alcuni risultati non irrilevanti.
Pensiamo alla denuncia “del giorno prima” o all’obbligo del tesserino di riconoscimento, misure che riguardano i lavoratori nei cantieri. Mentre in precedenza vigeva l’obbligo di denunciare l’assunzione di un lavoratore nei cinque giorni successivi, adesso bisogna farlo il giorno precedente, così non è più possibile per un datore di lavoro – nel caso di notifica di un’irregolarità – sostenere che “casualmente” quel lavoratore era stato assunto proprio lo stesso giorno. Gli effetti positivi di una norma così elementare saranno rilevanti, anche rispetto al dato degli infortuni e delle morti bianche, dal momento che la data di assunzione del lavoratore incidentato risultava spesso e volentieri quella del primo giorno di lavoro.
Aggiungo che, nel periodo settembre-dicembre 2006, per effetto delle normative introdotte nel decreto Bersani, le ispezioni svolte in particolare nel campo dell’edilizia hanno determinato la chiusura di 500 cantieri a causa di varie irregolarità. Ma il fatto più significativo è che 40 mila lavoratori sono stati fatti uscire dal “nero” e sono stati regolarizzati.
L’altra riforma più di “struttura” – approvata la settimana scorsa dal Consiglio dei ministri e in procinto di essere esaminata dalle Camere – riguarda il nuovo Testo Unico per la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro. Il Testo Unico ha quattro capisaldi: l’inasprimento sanzionatorio, la maggiore responsabilità delle imprese committenti anche rispetto alla catena di appalti, il pieno coinvolgimento del mondo dell’istruzione per costruire e veicolare competenze in materia di sicurezza e, infine, la diffusione di “buone prassi” basate sulle esperienze di prevenzione quotidiana.
Lungi da me qualunque impeto trionfalistico. Anzi. Segnalo una gigantesca difficoltà, proprio perché nonostante gli sforzi il fenomeno degli infortuni sul lavoro è in drammatica crescita. I numeri ci spiegano che nel 2006 le morti bianche sono state 1.280, con un incremento dell’11% rispetto all’anno precedente. Ciò dimostra che il mero intervento legislativo e di controllo non è sufficiente e che nel nostro Paese è in corso una preoccupante involuzione delle condizioni di lavoro, drasticamente peggiorate in barba alla tanto decantata “modernità”. I ritmi e più complessivamente l’organizzazione del lavoro sono inadeguate a tutelare la salute e l’integrità di chi avrebbe il sacrosanto diritto di ritornare a casa sano e salvo dopo una giornata in fabbrica o in cantiere. Ma tocca anche al mondo delle imprese articolare una riflessione e assumersi le responsabilità del caso: i datori di lavoro non possono continuare a chiamare in causa la “fatalità”. Aggiungo una domanda: quanto realmente investono le aziende in sicurezza? Il tentativo di progettare un cambiamento sostanziale in difesa delle condizioni di lavoro e di vita chiama quindi pesantemente in causa il mondo imprenditoriale. E la dimostrazione che ridurre gli infortuni è possibile deriva da una constatazione: in quei cicli produttivi rischiosi che richiedono investimenti massicci in sicurezza allo scopo di garantire alti profitti, il dato degli infortuni è bassissimo quando non addirittura azzerato.
Incrociando dunque gli auspicabili effetti delle nuove normative da un lato e una diversa organizzazione del lavoro dall’altro è possibile affrontare il nodo-sicurezza con rinnovata fiducia. Il problema è che non possiamo aspettare la morte del paziente mentre il medico studia: ecco perché nell’immediato occorre investire risorse nell’assunzione di nuovi ispettori del lavoro, costruendo nel contempo una sinergia tra Asl, enti locali (attraverso le polizie municipali) e ispettori stessi. L’obiettivo è mettere in piedi quanto prima una rete che sia messa in condizione di agire sul territorio. Per fermare la strage.
*Deputato Pdci, Presidente della commissione Lavoro della Camera