Per favore, non fate quei tagli

I sindacati si preparano. Hanno dato un primo giudizio positivo della manovra bis e del decreto Bersani sulle liberalizzazioni, ma nello stesso tempo criticano il metodo scelto dal governo nella presentazione del Dpef e soprattutto lanciano l’allarme sui tagli annunciati. Le segreterie di Cgil, Cisl, Uil, anche se hanno avuto un primo incontro a palazzo Chigi con il governo, si sentono messe ai margini delle scelte di politica economica. E i dirigenti sindacali mostrano di essere molto preoccupati anche alla luce del vertice della coalizione che si è svolto ieri sera proprio sul Dpef e l’Afghanistan. Su questi «fronti» potrebbe dunque aprirsi conflitti pesanti con il governo di centrosinistra, che rischia di smentire nella pratica le promesse del programma elettorale. A questo punto, nessuno scenario si può escludere. Abbiamo chiesto – su questi temi – il parere di Pier Paolo Baretta, segeretario generale aggiunto della Cisl.
Allora, Baretta, voi bocciate la manovra bis e il Dpef di Prodi?
Intendiamoci. Noi non abbiamo dato un giudizio positivo della manovra, ma neppure completamente negativo. Abbiamo piuttosto una forte preoccupazione sia per il merito, sia per il metodo scelto. La prima cosa che vorrei ricordare è che non c’è stata nessuna sessione di politica dei redditi e solo dopo le nostre proteste sono stati modificati i tassi di inflazione programmata. Ci preoccupano poi i titoli che sono stati enunciati per la manovra bis e per quella che verrà con la finanziaria, perché sembra si sia deciso di puntare a un recupero di spesa pesante in settori molto delicati come il welfare, le pensioni, il pubblico impiego e la sanità. Si profila un autunno alquanto difficile, se venisse confermata la linea dei tagli. Mi sembra poi che ci siano varie contraddizioni anche sulle pensioni.
Che cosa intendi? Pensate al superamento dello «scalone» del 2008?
Da una parte si dice che è necessario abolire lo scalone del 2008, dall’altra che la riforma di riferimento rimane la Dini. Ma è chiaro che se il riferimento politico rimane la Dini, quello finanziario è la riforma Tremonti. Insomma la confusione è tanta. C’è solo una cosa da fare: quella di aprire un tavolo di confronto. E’ necessario un chiarimento politico che è quello che abbiamo chiesto direttamente al presidente del consiglio Romano Prodi. Il chiarimento riguarda i contenuti della manovra, ma anche il metodo. Il punto, secondo me, è politico: è possibile che ci sia un unico centro di decisione che si identifica nel ministero dell’economia? Non è in discussione il ministro Padoa Schioppa, che è una persona seria. E non è neppure in discussione il fatto che il governo debba in qualche modo rendere conto alle agenzie di rating. Il punto vero è che via XX settembre (sede del ministero dell’economia e del tesoro, ndr) non può essere l’unico luogo in cui si prendono le decisioni. Per me è anche indicativa la battuta che Padoa Schioppa ha fatto durante l’incontro con i rappresentanti dei banchieri: ‘Io sono il vostro ministro’. Il problema è dunque il luogo della politica.
Pensi che Prodi vi riceverà prima delle vacanze estive?
Io sono fiducioso perché penso che il governo abbia comunque bisogno del consenso sociale. Basta pensare a quello che è successo con il governo Berlusconi. Hanno tentato di governare senza il consenso, ma alla fine non sono riusciti a prendere le decisioni. Il governo ha un’alternativa secca: o dialoga solo con le lobby, o discute con tutti. E questo lo vediamo anche sul terreno delle liberalizzazioni e con quello che sta succedendo per le varie proteste, dai tassisti agli avvocati. Siamo noi che abbiamo suggerito al governo di consultarsi con tutti per raggiungere mediazioni che vadano a beneficio di tutti i cittadini. E su questo punto mi pare ci sia una grande consapevolezza. Il ministro Padoa Schioppa è stato molto chiaro: i mercati da soli non decidono e non risolvono i problemi. Serve la politica. E invece in questo momento – insisto – l’unico luogo dove si fa politica e si prendono le decisioni sembra essere il governo. Quale politica vogliamo? E quale tipo di collegialità è possibile? Penso che siano questi i temi centrali.
Nei giorni scorsi abbiamo registrato varie dichiarazioni dei dirigenti sindacali. C’è anche chi ha già preannunciato la possibilità di uno sciopero generale contro la manovra economica. Lo confermi?
Mi pare che Cgil, Cisl, Uil abbiano dato prova, ancora una volta, di serietà ed equilibrio. Nell’incontro a palazzo Chigi del 29 giugno scorso il sindacato ha dimostrato il suo senso di responsabilità. Ma sui tagli siamo stati chiari. Avevamo chiesto misure per lo sviluppo e invece si ripropongono tagli al welfare. In questo senso, io non dico che ci sarà lo sciopero, dico però che lo sciopero non si può escludere, anche se ovviamente ci auguriamo di non doverlo fare. I motivi ci sono già tutti, visto che nessuno ha smentito che ci potranno essere interventi anche sulle pensioni. Si parla per esempio di un intervento sui coefficienti di trasformazione. Si tratterebbe, traducendo la questione per tutti, di un intervento che tende a ridurre il peso delle future rendite previdenziali pubbliche. Si riduce il rapporto tra pensione e ultima retribuzione. E’ vero che era un percorso previsto dalla Dini, ma è anche vero che quella riforma è stata poi modificata dai provvedimenti del governo Berlusconi. Anche su questo è urgente riaprire al più presto il confronto tra il governo e le parti sociali. E il tavolo serve anche per verificare la stessa politica dei redditi, visto che appunto è stata fatta saltare anche la sessione prevista dal protocollo della concertazione.
I sindacati confederali chiedono dunque un chiarimento con il governo sulla politica dei redditi e sulle riforme delle pensioni. E nello stesso tempo criticate i sacrifici richiesti ai soliti noti. Dite: no ai tagli, sì alle riforme. Ma – se dovessi decidere tu – quali sono le riforme prioritarie?
Io individuo due temi che mi sembrano molto urgenti: l’evasione fiscale e l’intervento sui prezzi e le tariffe. Sull’evasione fiscale, è evidente l’urgenza di un intervento. Si tratta di far pagare le tasse a tutti, ribaltando l’andazzo degli ultimi anni. E non è neppure vero quello che spesso si dice: che un intervento sull’evasione fiscale funziona (in termini di cassa e di flussi finanziari) solo nel lungo periodo. Credo sia un falso problema perché ci sono vari tipi di interventi da fare in questo campo. C’è il rientro dell’evasione e ci sono gli interventi da realizzare contro l’elusione fiscale. Sono soldi in più che rientrerebbero nelle casse dello stato e che quindi, aumentando le risorse a disposizione, potrebbero anche diminuire molto la pressione per dei tagli alla spesa. L’altro tema molto importante riguarda i prezzi e le tariffe. Anche in questo campo è urgente un intervento chiaro della politica. L’aumento dei prezzi e l’andamento crescente delle tariffe sono stati in questi ultimi anni tra i motivi che più hanno determinato la riduzione del potere d’acquisto dei lavoratori e di quelli già pensionati.