Per Angela Merkel è tutto ok

Il comunicato della cancelleria sull’incontro tra la segretaria di stato Usa, Condoleezza Rice, e Angela Merkel ha un titolo che è tutto un programma: «Gli Stati uniti e la Germania sono legati da stretta amicizia e partnership». Sono legati anche – ma questo il comunicato non lo ricorda – dalla condivisione di confidenze e segreti sulla comune «guerra al terrorismo». Siccome anche Berlino ha qualche peccatuccio da farsi perdonare – l’omessa denuncia di reati di cui si viene a conoscenza è complicità – meglio non spaccare il capello in quattro. Così Merkel, lungi dall’insistere con domande imbarazzanti, prende per buone le assicurazioni di Rice e – sempre a stare al comunicato – applaude sollevata: «In relazione alla discussione sui voli della Cia (per trasportare prigionieri verso destinazioni segrete, anche attraverso la Germania) la cancelliera ha salutato le assicurazioni della ministra degli esteri, per cui gli Usa hanno agito secondo le loro obbligazioni internazionali, e nella lotta al terrorismo si sono attenuti al diritto». A proposito di connivenza, il 4 dicembre l’amministrazione Usa, tramite il Washington Post, aveva mandato a Berlino un messaggio intimidatorio: non ci state a seccare, altrimenti tiriamo fuori dall’armadio qualche vostro scheletro. Il giornale sosteneva che l’ambasciatore Usa, Daniel Coats, aveva personalmente informato nel maggio 2004 il ministro degli interni del passato governo, il socialdemocratico Otto Schily, di uno spiacevole «scambio di persona». Ne era stato vittima Khaled al Masri, cittadino tedesco di origine libanese, scambiato dalla Cia con un altro Masri. Catturato al confine tra Serbia e Macedonia, era stato trattenuto, interrogato, minacciato, maltrattato – torturato insomma – per cinque mesi in un carcere di Kabul. Infine rilasciato nel nord dell’Albania. Coats aveva pregato Schily di tenersi per sé questa informazione. L’ex ministro degli interni ovviamente si guardò dal fare quel che avrebbe dovuto fare: telefonare alla polizia e denunciare un sequestro di persona. Ora si è reso irreperibile e continua a tacere. Per chiarire questo garbuglio, e altri non meno imbarazzanti, Merkel ha avuto una idea furbetta: il ministro degli esteri Frank-Walter Steinmeier (Spd)- che con Schröder era sottosegretario alla cancelleria, con una funzione di cerniera con l’intelligence – riferirà alla commissione parlamentare di controllo sui servizi sul caso Masri e su quant’altro il precedente governo sapeva su trasferimenti di prigionieri e carceri segrete.

Il trucco è che i membri di questa commissione sono per legge tenuti al più rigoroso silenzio. Altro che fare chiarezza, «questo è un modo per coprire tutto con un velo», ha replicato il presidente del partito liberale Guido Westerwelle, non sospetto di antiamericanismo. Il sequestro Masri è per lui «un delitto compiuto da un servizio straniero, che va chiarito davanti all’opinione pubblica». Analoghi i toni della Linkspartei. Un po’ più cauti i verdi, che non vogliono creare grane al loro Joschka Fischer, già ministro degli esteri nel governo Schröder. I tre partiti di opposizione prendono comunque in considerazione l’ipotesi di chiedere una commissione d’inchiesta parlamentare, se non avranno risposte in aula. Rice e Merkel, al termine del loro incontro, si sono presentate insieme poco prima delle undici ai giornalisti, in attesa nella saletta al primo piano della cancelleria. L’ospite ha parlato per prima, per respingere con determinazione ogni sospetto di pratica della tortura. Varrebbe qui la parola di George W. Bush: il presidente ha sempre assicurato che la guerra contro il terrorismo viene combattuta seguendo le leggi americane e internazionali. E gli Usa rispettano la sovranità dei loro partner. Tuttavia per Rice anche i servizi segreti sono «una chiave per il successo» nella lotta suddetta. Senza informazioni dei servizi, i civili non potrebbero essere protetti dalle minacce: «Abbiamo il dovere di proteggere i nostri cittadini». Per riuscirci «dobbiamo scoprire i crimini, prima che accadano». Una strana pretesa, questa, che porta dritto a imprigionare preventivamente persone ritenute «potenzialmente» pericolose, anche se non ci sono elementi per incriminarle di alcunché. La caccia alle streghe (e le torture dell’inquisizione) seguivano lo stesso principio. Merkel si è mostrata accomodante. Certo, anche gli Usa devono attenersi ai princìpi dello stato di diritto. D’altra parte anche i servizi segreti devono poter fare il loro lavoro, ha aggiunto la cancelliera, con un sorriso d’intesa all’indirizzo della Rice. Capra e cavoli sono entrambi salvi. Tuttavia Merkel, tra i fiori diplomatici sui «valori comuni» della democrazia e dello stato di diritto, ha pur detto che la minaccia terroristica va contrastata «con i mezzi legali consentiti». Per concludere con un: «Dobbiamo rispettare le regole». Che poi gli Usa si arroghino il diritto di riscriverle come gli pare, le regole, e che Merkel faccia finta di non accorgersene, è un altro discorso.