Pentagono, il budget fa un boom “duraturo”

Per il Pentagono il nuovo anno si è aperto con i migliori auspici: è praticamente sicuro che il Congresso accetterà la sua richiesta di aumentare il bilancio militare di 20 miliardi di dollari o più, portandolo dai 329 miliardi del 2002 a 349 nel 2003. A questi si aggiungeranno i fondi per altre spese relative alla difesa, che nel 2002 ammontano a oltre 14 miliardi. Ciò significa che il budget militare salirà, nell’anno fiscale 2003, come minimo a 363 miliardi di dollari. Ma ci sono fondate speranze che possa andare oltre.
Lo conferma il sostegno “bipartisan” dell’opposizione democratica: come ha dichiarato il senatore democratico Kent Conrad, presidente della commissione senatoriale per il bilancio, “tutti noi comprendiamo che il primo obbligo è la difesa della nazione e quindi renderemo sicuramente disponibili le risorse necessarie” (The New York Times, 7 gennaio). Di risorse ce ne vorranno: oltre al bilancio militare propriamente detto, ci sono le spese per la guerra. Quella in Afghanistan è finora costata 2 miliardi di dollari al mese, che sono stati tratti non dal bilancio del Pentagono ma da bilanci per “situazioni di emergenza”.
Nel clima di euforia che regna al Pentagono, il segretario alla difesa Rumsfeld ha già annunciato programmi che “trasformeranno” il settore militare, dotandolo ancor più di armi ad alta tecnologia, come gli aerei senza pilota e i missili e le bombe a guida laser e satellitare. Le munizioni a guida di precisione – secondo quanto dichiarato dai portavoce del Pentagono – hanno “superato, nella guerra in Afghanistan, tutte le aspettive”. Ne sono state però usate tante che ormai “i depositi sono quasi a secco”: secondo dati provvisori, forniti alla vigilia di Natale, sono stati lanciati in Afghanistan 14mila missili e bombe, di cui il 60% a guida laser e satellitare (il cui costo unitario va da 20mila a oltre un milione di dollari). Si tratta quindi ora di “ricostituire gli arsenali per i futuri conflitti”.
In tale quadro sarà accelerato il programma di riconversione dei sottomarini da attacco Trident, in modo che possano impiegare, oltre ai missili nucleari a testata multipla Trident II D-5 (che si continua a costruire al costo di 60 milioni di dollari ciascuno), anche missili da crociera Tomahawk a testata convenzionale (non nucleare). Si potrà così aumentare il numero delle piattaforme di lancio dei Tomahawks e, allo stesso tempo, sperimentare l’efficienza dei sottomarini nelle condizioni reali di guerra, così da migliorarne le prestazioni quali sistemi d’arma per l’attacco nucleare.
Un altro settore che si intende sviluppare è quello delle bombe e testate missilistiche penetranti, destinate a distruggere bunker e caverne. In Afghanistan, hanno ammesso funzionari del Pentagono, tali armi “non sono sempre state efficienti”. Bisogna quindi accelerare i tempi per migliorarne le prestazioni: si ritiene infatti che “la Corea del Nord e l’Iraq abbiano costruito molti bunker per centri di comando e depositi di armi chimiche e biologiche”. Questi e altri programmi indicano la via che gli Usa intendono seguire: passare, nel quadro dell’operazione “Libertà duratura”, da una guerra all’altra e, cammin facendo, accrescere la propria forza militare. Il Pentagono, dichiarano alti funzionari, “è fiducioso che la guerra al terrorismo ha rafforzato, nel Congresso e nell’opinione pubblica, l’appoggio alla ricostruzione delle forze armate”. A gonfie vele.