A Vienna il primo novembre si è aperto il congresso fondativo che sancisce la nascita della Confederazione internazionale dei sindacati, Cis, che conta più di duecento milioni di iscritti in tutto il mondo. Certamente un segno di superamento delle «divisioni» sindacali protrattesi per «tutto il Novecento» – come l’ha salutata l’ex segretario della Confederazione europea (Ces) Emilio Gabaglio, e nel suo intervento a Vienna il segretario della Cgil Guglielmo Epifani. Ma sono state le parole del leader della Cisl Raffaele Bonanni amettere indirettamente il dito sui problemi di questa nuova megastruttura. Bonanni, infatti, intervenendo nei lavori del Congresso ha sollecitato il «trasferimento alla nuova organizzazione di poteri di rappresentanza, di negoziazione, e di stipula di accordi», lanciandosi nella prospettiva di «conquistare un ruolo attivo in seno agli organismi che governano l’economia mondiale: il Fondo monetario internazionale, la Bancamondiale, l’Organizzazione mondiale del commercio…». Sono parole che richiedono una domanda in premessa: come sarà certificata la “rappresentatività democratica” della nuova organizzazione, onde superare il ruolo di pura lobby che fin qui mi pare aver caratterizzato simili aggregazioni, a partire dalla Ces? Né appare sconnessa da questa deficienza l’azione che Bonanni – e qui le sue parole sono inquietanti – prefigura per la Cis: ossia «un ruolo attivo negli organismi che governano l’economia mondiale». Ma proprio quegli «organismi» sono ormai falliti miseramente: la Bancamondiale (di cui Joseph Stiglitz, una volta uscitone, hamesso crudamente in rilievo i “problemi”); il Wto, messo in crisi non solo dalle critiche del Sud delmondo e dei movimenti, ma dagli stessi Stati forti che l’avevano costruito a propria misura; e l’Fmi, costretto a suo tempo a un’autocritica sulle sue disastrose “ricette”, e pur imperterrito nell’agire. Ma oltre il fallimento, quale “legittimazione democratica” possono vantare questi «organismi»? Gliela fornirà forse, con il suo «ruolo attivo», il neonato «sindacato mondiale», facendosene legittimare a sua volta, inaugurando una inedita «concertazione» planetaria? Giusto l’Fmi, a Roma in questi giorni con i suoi “ispettori”, per dare la pagella all’Italia, vuol sapere dal governo e dal ministro dell’economia che cosa si intende fare sulle pensioni: chiede «proiezioni della spesa previdenziale fino al 2050»; chiede di visionare il «memorandum» firmato da Cgil, Cisl, Uil con il governo; chiede «conto dei “coefficienti di rivalutazione” che la Riforma Dini fissava al 2005» (quelli che abbasserebbero ancora le pensioni di giovani e donne, che la leggeDini già aveva penalizzato). Ora, oltre a chiedersi, con buone ragioni (ma certo non lo fa il governo italiano), con quale autorevolezza può dare pagelle il Fondo monetario internazionale, conviene calare dal futuro scenario planetario alla attuale realtà italiana il problema della «concertazione». Il tema scottante sono proprio le pensioni. Ieri dirigenti di Rifondazione comunista – Zipponi,Migliore -, e della Sinistra Ds – Brutti – sono intervenuti di nuovo per ribadire che non si devono disastrare di nuovo le «pensioni». Ma agli altolà della “sinistra” si contrappongono puntualmente quelli dei «moderati» della coalizione: da ultimo il segretario ds Fassino, che ha insistito: «da gennaio si interverrà sulle pensioni». E quella data, gennaio, indica l’apertura del «tavolo di concertazione» tra governo e Cgil, Cisl, Uil, che hanno già firmato un «memorandum molto preciso», come ricorda ilministro del lavoro Damiano. Forse non è il caso che le «sinistre» si affidino completamente – come fatto finora – a ciò che i sindacati “concerteranno”. Il brutto esempio dell’accordo sul Tfr – che le confederazioni non hanno neppure sottoposto alla decisione dei lavoratori, pur se si tratta dei soldi della loro liquidazione – consiglierebbe una non necessariamente antipatizzante,ma certamente vigile e rigorosa, attenzione «democratica».