Paura sinistra

Sembra paradossale, addirittura piuttosto insensato, ma a guardare, oggi, l’agitarsi del centro sinistra, la tentazione di dire «paura di vincere» è fortissima. L’armata di Forza Italia è allo sbando. I vari capicorrenti cercano un’uscita di sicurezza, qualcosa di simile (ma un po’ più brutta) alla fuga dei generali di Napoleone dopo Lipsia e l’esilio dell’Elba. Lui, Silvio, il comandante in capo si attribuisce un dieci e lode e fottendosene dei destini della Patria si dice pronto ad andare a Tahiti: non prigioniero all’Elba, ma plurimiliardario a Tahiti. Il quadro complessivo è di totale dissoluzione e di dissoluzione (quasi come sempre) piuttosto ignobile.

Di fronte a questo stato delle cose e delle persone che cosa dice e fa il centro sinistra, o meglio le varie componenti – centriste e di sinistra – del centro sinistra? Non voglio riaprire polemiche sulle primarie – utili o dannose -, ma è certo che l’impegno primario di tutti è oggi sulle primarie, cioè – direbbe un mercatista – sulla concorrenza tra le forze del centro sinistra. E anche questa concorrenza non è tanto sulla bontà del prodotto, ma sulla campagna pubblicitaria del prodotto: quanti spot facciamo per vendere questo o quel competitore?

Si diceva che realisticamente bisognava guardare al programma e non alle persone, ma si parla tanto di persone e si dice tanto di programma. Una volta – tempi passati – c’erano anche le parole d’ordine, quelle che avevano la forza di sintetizzare i contenuti del programma. Però oggi non mancano soltanto le parole d’ordine, ma anche i programmi e quelle che una volta erano le parole d’ordine oggi si presentano come desiderata, piuttosto confuse e dubbiose.

Il compromesso democratico del welfare fu un prodotto della seconda guerra mondiale (e anche della presenza dell’Unione sovietica) oggi siamo alla privatizzazione del welfare, anche ammantata dai nobili principi di un universalismo che cancella i lavoratori nobilitandoli a cittadini. E su tutta questa grande riforma universalistica nessuno – tanto più a sinistra – osa parlare di tasse e di un loro aumento, anche nel senso della progressività. Si parla tanto della Svezia, ma si preferisce tacere sul livello alto dell’imposizione fiscale in quel paese. Insomma quel che si cerca di meno è il consenso delle «masse popolari», delle quali poco si parla. Nei sistemi bipolari – ci dicono – che decide l’elettorato di centro, ma neppure a questo elettorato si fanno promesse seducenti e convincenti.

Insomma, viene da concludere, la crisi italiana, economica e istituzionale, è grave (anche Bankitalia sta andando a pezzi) e c’è molta paura di andare al governo e prendersi questa gatta da pelare. Vincere è un grosso rischio e genera ragionevole paura: il ceto politico, anche quello del centro sinistra, si può conservare restando all’opposizione. Tanto più – e questa è una considerazione realistica – quando chi resta al governo è più che decotto. Ma la politica è così ridotta a questo inizio di secolo?