Parlato: noi autolesionisti, meglio che torni Silvio

Valentino Parlato, fondatore e firma prestigiosa del manifesto, ieri ha scritto sul giornale un articolo di fondo intitolato «un decreto ammazza poveri». Finiva così: «È preferibile un ritorno di Berlusconi a una berluseonlzzazione dinoi stessi».

Parlato, davvero per lei è meglio che torni Berlusconi?
«Ma sì. Se per resistere a Berlusconi dobbiamo fare tutto ciò che farebbero lui e Fini, meglio che riprenda il governo. Meglio restare diversi».

Lei scrive che il «decreto antiromeni» è «fascismo di sostanza».
«Mica i tedeschi hanno fatto un decreto anti-italiani dopo la strage mafiosa di Duisburg, la scorsa estate. Né gli americani cacciavano siciliani e italiani indiscriminatamente. Semplicemente, arrestavano chi commetteva reati, come Al Capone. E poi, tutto questo potere ai prefetti. Quando io ero giovane, lo slogan — dei comunisti, ma pure dei liberali — era “abolire i prefetti”».

Veltroni si è battuto per il decreto.
«Veltroni si è mosso per un eccesso difensivo, per la paura che la destra gli saltasse addosso. Ma il risultato è un’operazione autolesionista, ha fatto la parte della destra. I giornali, non a caso, scrivono che Fini e Veltroni sono i “politici nuovi”».

Insomma, meglio votare.
«Meglio votare che vivere nella paura di andare a votare: paura, cattiva consigliera, come dice il proverbio. Tanti lettori mi scrivono: Valentino, che cavolo dici? E io rispondo: non si può stare sotto l’eterno ricatto della crisi».

Niente governi tecnici di transizione.
«Per carità. Un governo tecnico dovrebbe essere bipartisan. Per il Pd e per la sinistra alternativa governare assieme alla destra sarebbe lacerante, dannosissimo».

Votare con questa legge elettorale?
«Si potrebbe evitare: segnalo che il professor Guarino sul manifesto ha sostenuto che è anticostituzionale».

Ma per chi la pensa come lei non sarebbe dannosissimo il ritorno di Berlusconi al comando?
«Sarebbe pessimo, una vera sconfitta, un arretramento. Però, ripeto, la paura non deve farci arretrare senza limiti. Consideriamo che Berlusconi non è un alieno, fa parte dell’Italia, degli italiani: dobbiamo combattere il berlusconismo dentro di noi…».

C’è il sospetto che la sinistra si trovi meglio all’opposizione.
«Bisogna ammetterlo: la sinistra alternativa è più a suo agio all’opposizione. Si deve, d’altronde, ricordare la storia: io ero nel vecchio Pei e sono state fatte più riforme col Pci al-l’opposizione che non quando tutti i riformisti sono andati al governo. Con un’opposizione senza grida, costruttiva, si sono ottenute la riforma agraria, la riforma della scuola… Tuttavia non è detto che si perdano le elezioni».

Non è detto?
«Il fascino di Berlusconi mi pare spento, oscurato. Non potrà rifare il contratto con gli italiani: grande idea ma ormai bruciata. Poi, gli imprenditori italiani non lo gradiscono più. Montezemolo, mi pare, piuttosto vorrebbe addomesticare questo governo, oppure vorrebbe Veltroni senza la sinistra alternativa. Quanto a Veltroni, dovrebbe essere il più favorevole alle elezioni…».

Perché?
«Perché il Pd dovrebbe sentirsi più sicuro ed euforico degli altri, visto il successo incassato con le primarie».

E la sinistra alternativa farà l’unificazione?
«Dovrebbe, ma non vedo passi avanti. La fine delle ideologie ha portato la fine degli ideali e ora l’ideale può essere diventare ministro o sottosegretario. Anche a sinistra».

Quando il governo Prodi nacque, lei che pensò?
“Che era debole. Che la nomina di Padoa-Schioppa all’Economia era poco rassicurante. Che sul piano sociale sarebbe stato carente».

E cosa l’ha delusa di più?
«Un incedere molle. Mi ha deluso la parte che riguarda il lavoro. E i diritti civili. Il rapporto con la Chiesa. Il decreto antiromeni…».

Lei che farebbe sul tema immigrazione?
«Un accordo con la Romania per decidere il numero di ingressi e poi a chi entra darei casa e lavoro. Meno soldi per rifare il look alle strade come via Tomacelli, dove ha sede la redazione del manifesto, e più fondi per aiutare i romeni».

È vero che il manifesto va meglio quando sta all’opposizione?
«Certo. Il massimo lo toccammo durante il primo governo Berlusconi: 45 mila copie vendute. Ora invece, con Prodi, da 28 mila siamo scesi a 26 mila».