Panama, la Chiquita compra le banane sotto costo

Operai panamensi strozzati dalla multinazionale stelle a strisce Chiquita Brands che compra le banane di piantagioni locali ad un prezzo inferiore a quello di costo. Il sindacato non ci sta più. Il sistema ha messo la Cooperativa de Servicios Multiples de Puerto Armuelles in ginocchio. I 5,50 dollari che la Chiquita paga per ogni cassa di banane non consente nemmeno di coprire i costi di produzione ed è così che la Coosemupar si è indebitata per una somma di oltre 34 milioni di dollari e vive oggi solo grazie ai sussidi del governo.
Una situazione insostenibile. Ed è per questo che Salustiano De Gracia, segretario generale del sindacato dei lavoratori de la Chiriquì Land e Empresas Similares (Sitrachilco), ha chiesto l’intervento del governo affinché permetta di rompere il contratto capestro con la Chiquita Brand, una esclusiva con la multinazionale della frutta firmato nel 2003 e che scadrebbe solo nel 2013. Un vero e proprio ultimatum, già dai primi di giugno, è stato lanciato al governo per rompere al massimo entro il 4 luglio prossimo il contratto, se non ci sarà un accordo per cambiare le condizioni attuali di compravendita. Una strategia decisa in un’assemblea del sindacato che si è tenuta a Puerto Armuelles, nel pacifico panamense, per cercare di trovare una soluzione alla grave crisi finanziaria. Nuove offerte per l’acquisto delle banane della Cooperativa de Servicios Multiples de Puerto Armuelles sono arrivate. In primis quella della compagnia italiana Ale Fruit che offre un prezzo di 6 dollari a cassa. «Mentre la Chiquita – ha spiegato il sindacato – preleva le casse al porto di imbarco la Ale Fruit si è offerta di comprarle direttamente nell’impianto di imballaggio assumendosi i costi di trasporto». In questi giorni si sono fatte avanti anche due imprese straniere, una colombiana e un’altra venezuelana interessate a comprare la produzione di banane della cooperativa. Una commissione speciale formata da rappresentati del governo e dai lavoratori della cooperativa che si è insediata il 22 giugno, da domani si riunirà in sessione permanente per discutere in merito alle offerte della Chiquita Brands e dalla Ale Fruit. «Non abbiamo molti dettagli sulle nuove offerte presentate dalla compagnia venezuelana e dalla compagnia colombiana – ha detto il segretario generale del sindacato De Gracia – ma siamo disposti ad analizzarle».

Nei negoziati non è stata confermata la presenza di rappresentanti della Chiquita. Fonti governative confermano tuttavia che l’impresa si dice disposta a offrire alla cooperativa un finanziamento di quattro milioni di dollari per migliorare la produttività delle piantagioni, ma nessuna apertura è stata fatta sul prezzo di acquisto di ogni cassa di banane, che resta fermo ai 5,5 dollari.

La vertenza tra i 3mila lavoratori ex Chiquita e la multinazionale della frutta ancora una volta è sintomatica del modo in cui le grandi compagnie hanno in conto la tutela lavoratori. La Chiquita è disposta a finanziare un aumento di produzione ma non ad assumersi i costi di un riconoscimento equo della produzione. La vicenda panamense dimostra quanto siano solo mere dichiarazioni di intenti, lontane dalla realtà dei fatti, i propositi contenuti sul sito ufficiale www. chiquita. com, dove addirittura la compagnia si preoccupa di inserire una sezione sulla “Coorporate responsabilty”. Non solo annuncia di aderire alla convenzione dell’Organizzazione Italiana del Lavoro su Freedom of Association, Minimum Labour Standards and Employment in Latin American Banana Operations” ma presenta con estrema enfasi anche un pamphlet in lingua spagnola di 18 pagine da distribuire ai lavoratori, dove la donnina-marchio con il cerchio di frutta in testa, in una serie di tavole illustrate a colori, illustra tutti i diritti assicurati ai lavoratori. Ma quale diritto più grande di vedersi riconosciuto un prezzo superiore a quello di costo?