La creazione di un esecutivo palestinese di unità nazionale e il lancio del piano della Lega araba rappresentano «una grande opportunità» per la pace in Medio Oriente, che «Israele non deve sprecare». A lanciare l’appello è il presidente della Camera dei deputati, Fausto Bertinotti, intervenuto ieri al termine di un incontro a Montecitorio con il ministro dell’Informazione e portavoce del nuovo governo palestinese, Mustafa Barghuti. Per la Palestina, ha spiegato Bertinotti, «non ci possono essere dubbi sulla soluzione che prevede due popoli in due Stati». E per farlo è necessario riunire attorno a un tavolo i protagonisti del conflitto, perché «i negoziati sono l’unica strada».
Proprio su questo terreno sta lavorando il nuovo governo palestinese, che ha messo fine a mesi di violenze interne tra le fazioni palestinesi ed evitato il rischio di una lunga guerra civile che avrebbe messo in pericolo la stessa esistenza dell’Autorità Nazionale Palestinese (Anp). E questo è lo scopo della visita del ministro dell’Anp e membro del partito della Terza via Barghuti, che ieri ha «chiesto all’Italia e a tutta l’Unione Europea di trattare immediatamente con questo governo senza fare distinzioni tra i suoi ministri», sottolineando che «l’alternativa a questo governo sarebbe stata lo sfaldamento dell’Autorità palestinese».
Riscontri positivi, in questa direzione, sono arrivati dal vertice di ieri mattina con il ministro degli Esteri italiano Massimo D’Alema. Secondo quanto dichiarato all’Afp dallo stesso Barghuti, il governo italiano «considera come un fatto positivo la creazione di un governo di unità nazionale palestinese», ritiene il piano di pace arabo «una chance reale per una pace giusta», e «lavorerà con i suoi partner europei per adottare una posizione positiva e flessibile sul governo palestinese di unità nazionale»
Per raggiungere l’obiettivo della pace sarà necessario, tuttavia, superare le resistenze di Israele, che rifiuta di riconoscere il nuovo esecutivo palestinese fino a quando Hamas non avrà dichiarato la sua rinuncia definitiva alla violenza. Solo allora sarà possibile parlare del piano di pace saudita, presentato la scorsa settimana nel vertice della Lega araba a Riyadh sul modello di uno analogo proposto nel 2002, e basato sul riconoscimento dello stato ebraico da parte dei Paesi arabi in cambio di un ritorno dei confini israeliani a prima del 1967, della creazione di uno Stato palestinese con Gerusalemme Est come capitale e di una «giusta soluzione» per i profughi. Il documento è stato sostanzialmente respinto dal governo di Tel Aviv che – tramite il vice-premier Shimon Peres – ha fatto sapere che il piano attuale richiede ulteriori trattative e non può essere accettato così com’è.
Alcuni passi per uscire dallo stallo spettano all’Anp. Secondo quanto reso noto dalla Farnesina al termine dell’incontro tra Barghuti e D’Alema, quella attuale è «un’opportunità che bisogna cogliere per avviare sollecitamente la realizzazione di misure di fiducia reciproche che, attraverso il miglioramento delle rispettive condizioni di vita della popolazione, stabiliscano il clima appropriato per riprendere il cammino della pace». A tale scopo – continua il ministero degli Esteri, è necessario che «l’azione del nuovo esecutivo sia indirizzata ad aderire pienamente ai tre principi indicati dal Quartetto, in particolare il riconoscimento esplicito di Israele» e «sarà importante che si ponga definitivamente fine alla violenza e alla detenzione del caporale israeliano Shalit».
Un ruolo decisivo in questo processo – come hanno sottolineato tutti i protagonisti dell’incontro di ieri – spetta all’Unione europea, che ha l’arduo compito di facilitare e consentire l’avvio di negoziati tra le due parti. Come spiega a Liberazione Luisa Morgantini, vice presidente del parlamento europeo, presente all’incontro di ieri alla Camera, per riuscire nell’intento è necessario che «l’Ue abbandoni la sua tradizionale cautela e si impegni a trattare con tutti i rappresentanti dell’esecutivo palestinese». Un passo avanti andrebbe fatto anche nei confronti del movimento islamico, che ha accolto di fatto le richieste del Quartetto, ponendosi all’interno degli accordi di Oslo e rispettando la tregua con Israele.
I segnali che arrivano dall’Unione, tuttavia, non sono incoraggianti. In un incontro informale che si è svolto nel fine settimana a Brema, i ministri degli Esteri dell’Ue hanno ribadito la linea di cautela nei confronti del nuovo governo dell’Anp, decidendo di avere singolarmente contatti con i ministri moderati e di continuare a finanziare l’Autorità per il tramite di meccanismi collaterali senza revocare le sanzioni imposte ad Hamas.