Ieri sera il premier Ismail Haniyeh (Hamas) e Abu Mazen dovevano incontrarsi a Gaza per tentare di trovare un’intesa e scongiurare uno scontro nell’Anp dopo la firma da parte del presidente palestinese del decreto che fissa al 26 di luglio la data del controverso referendum in Cisgiordania e Gaza sull’assetto del futuro Stato di Palestina. Un faccia a faccia che si è svolto al termine di una giornata di forte tensione e di grande dolore per i funerali delle vittime, quasi tutte civili innocenti, dei raid israeliani di due giorni fa su Gaza. È salito a otto il numero dei palestinesi uccisi sulla spiaggia di Sudanya. Ieri la piccola Hadil Ghalia, 7 anni, ha dato l’ultimo saluto alla sua famiglia sterminata dalle bombe israeliane: padre, madre, una zia e tre fratellini. Lei è l’unica sopravvissuta. «Non lasciatemi sola», ha urlato mentre le salme dei suoi cari venivano calati nelle tombe. Negli occhi di tutti i palestinesi e di milioni di arabi restano le terribili immagini televisive in cui Hadil corre sulla spiaggia in cerca del padre. Meno di due anni fa, quattro parenti della bimba erano stati uccisi da un colpo di artiglieria israeliano nella loro fattoria di Beit Lahiya. A prendersi cura della piccola sarà la zia Nasreen ma l’avvenire di Hadil sarà posto anche sotto la protezione di Abu Mazen e Ismail Haniyeh.
Israele ha sospeso i raid, il ministro della difesa Amir Peretz ha espresso «rincrescimento» ma l’esercito stenta ancora ad attribuirsi pienamente la responsabilità della strage. Non hanno dubbi invece i tanti pacifisti ed esponenti della sinistra israeliana che ieri sera hanno manifestato in segno di protesta davanti alla casa del capo di stato maggiore Dan Halutz. La strage sulla spiaggia, ha detto uno degli organizzatori della manifestazione, si sarebbe evitata «se i dirigenti israeliani accettassero di parlare con quelli palestinesi». Non hanno dubbi anche i militanti armati di Hamas che ieri per tutta la giornata hanno colpito il Negev settentrionale con almeno 14 razzi Qassam e numerosi colpi di mortaio. Una ritorsione che rischiava di provocare altre vittime civili, questa volta sul lato israeliano, ma che non ha causato danni. Un razzo difettoso al contrario è caduto sul campo profughi di Jabaliya facendo quattro feriti. «Questo è solo l’inizio», avvertiva ieri il sito internet delle Brigate al-Qassam, confermando che per la prima volta in 16 mesi Hamas ha interrotto la tregua unilaterale con Israele. È opinione diffusa che l’ala armata del movimento islamico, dopo lo «sfogo» di ieri, metterà di nuovo da parte le armi visto che i vertici politici di Hamas, anche all’estero, non hanno avallato la fine del cessate il fuoco.
Gli avvenimenti corrono veloci nei territori occupati palestinesi e oggi comincia la battaglia interna sul referendum che rischia di spaccare i palestinesi. I morti di Gaza e il rischio di uno scontro, violento, con Hamas non hanno indotto Abu Mazen a ripensare la questione del documento di «Riconciliazione nazionale» elaborato dai detenuti politici che prevede la coesistenza di due Stati sovrani, Israele e Palestina, e il riconoscimento implicito dello Stato ebraico. «Il popolo palestinese è chiamato a pronunciarsi per referendum il 26 luglio a Gerusalemme, in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza», precisa il decreto reso pubblico ieri. «È la dichiarazione di un golpe contro il governo», ha reagito il deputato di Hamas Mushir Masri, che ha esortato i palestinesi al boicottaggio. «Chi ha annunciato il referendum dovrà assumersi la responsabilità delle pericolose conseguenze che potranno derivarne», ha aggiunto. Il premier Haniyeh ieri ha di nuovo contestato la costituzionalità del referendum confermando che Hamas chiederà agli elettori di tenersi lontano dalle urne.
Abu Mazen se riuscirà a vincere il referendum, si rafforzerà nettamente sul piano interno. Più di tutto pensa di ritrovarsi in posizione più forte per esigere da Israele una ripresa dei negoziati e il blocco del piano unilaterale che il premier Ehud Olmert intende attuare in Cisgiordania. Questa però è solo un’ipotesi, se non addirittura un sogno. Le previsioni indicano ben altro. Abu Mazen rischia di andare ad una spaccatura violenta del fronte interno palestinese senza per questo ottenere il risultato che vuole: riportare Israele al tavolo delle trattative. Olmert infatti ha definito «senza significato» e «un gioco interno» l’iniziativa del presidente palestinese in un’intervista pubblicata ieri dal Financial Times, in anticipo sul tour che effettuerà in Europa. «Il referendum – ha detto – è un gioco interno tra una fazione e un’altra. È senza significato… per quanto riguarda le possibilità di dialogo fra noi e i palestinesi». Secondo Olmert in futuro non ci saranno negoziati «perché i palestinesi non sono pronti ad assumere le loro responsabilità…e perché Abu Mazen è troppo debole».