PALESTINA ED IRAQ: DUE FRONTI DI GUERRA

Abbiamo incontrato Stefano Chiarini, lo scorso 6 dicembre nella sala del Rettorato di Ancona, ospite delle associazioni pacifiste cittadine. L’inviato del Manifesto in Medio-Oriente, nonché esperto di questioni internazionali ha aggiornato il pubblico sull’attuale situazione in quelle terre tormentate, cominciando dalla Palestina. Chiarini premette che “si parla poco e male del Medio oriente, purtroppo anche a sinistra. L’immagine positiva e rinnovata di Sharon non ha alcun riscontro nella realtà, in cui non c’è una soluzione ai problemi in una direzione di pace. Sharon è il generale israeliano responsabile dei massacri nei campi profughi di Sabra e Chatila, in Libano. Un Tribunale belga pochi anni fa aveva aperto un procedimento contro il generale ed il Pubblico Ministero lo aveva rinviato a giudizio. Di fronte alla minaccia americana di spostare il comando NATO da Bruxelles a Varsavia, il processo è stato insabbiato. Ma Sharon non è solo il passato di sé stesso. Egli oggi non vuole uno Stato palestinese indipendente, con continuità territoriale e sbocchi esterni; non rispetta le risoluzioni delle Nazioni Unite; non pone nella sua agenda la questione dei profughi palestinesi. Questa è una costante del generale Sharon, attraverso le stragi nei campi profughi si volevano cancellare i campi profughi, mostrare che la Palestina non ha un popolo. Con la divisione della Palestina e la nascita di Israele, la risoluzione ONU 194 poneva la questione del rientro degli esuli, anche con la creazione dell’UNRWA, un organismo ONU in difesa degli esiliati palestinesi. Questa organizzazione, che gli USA hanno tentato più volte di cancellare, ha dato a ciascun profugo un cartoncino con indicato il nome ed il proprio villaggio palestinese di provenienza, ormai distrutti, dando così ai palestinesi un riconoscimento internazionale al loro status di esuli con una patria.” Chiarini prosegue spiegando la filosofia dell’annessione di Sharon: “l’acquisizione del massimo della terra, con meno arabi possibile. Il muro infatti evita le città palestinesi e le aree più popolose, disegnando una macchia di leopardo sullo scampolo di West Bank 50%), annettendo la valle del fiume Giordano, Gerusalemme est e le alture del Golan siriano. La Palestina viene smembrata così in 3, 4 parti senza sbocchi e senza risorse vitali come l’acqua, sul disegno di un reticolo, al cui centro c’è il villaggio arabo ed intorno basi militari israeliane, colonie, strade riservate ai coloni ed ai militari. Il piano di Sharon non è un piano di pace, ma di annessione.” Il giornalista descrive poi il disastro sociale di questa politica, per i palestinesi: “creando su queste basi uno stato sovrano, la forza lavoro palestinese, pur lavorando nelle colonie industriali israeliane, si troverà ad essere a carico dell’ONU, non di Israele: ad uno stato legittimo infatti non si devono erogare alcun tipo di servizi. Più che ad una forma di sovranità palestinese verrebbe da pensare però ad una sorta di riserva indiana, senza alcun diritto al ritorno dei profughi.” Chiarini puntualizza che oggi per riparare al torto dell’esodo, quel diritto andrebbe comunque ragionevolmente negoziato. “La pace,” prosegue l’esperto di questioni mediorientali, “ è possibile purché non si scenda sotto il limite del 22% dei territori per i Palestinesi, che hanno già perso il 78% delle terre, rinunciandovi. Il futuro Stato dei palestinesi dovrà avere una continuità territoriale, con accesso alle risorse idriche, con uno sbocco esterno che non sia Israele e con Gerusalemme est capitale.” L’esatto contrario di quanto previsto dal piano Sharon. Chiarini lancia un appello a sostegno del popolo palestinese: “hanno bisogno del nostro aiuto. Vivono un’ occupazione mentre sui giornali occidentali i “territori” non vengono mai definiti “ occupati” La Convenzione di Ginevra vieta la colonizzazione da parte di un paese occupante;Israele viola questa norma alterando gli equilibri demografici.” “Le fonti ufficiali israeliane sembrano dipingere i palestinesi come degli estranei della regione, mentre invece essi sono autoctoni ed il movimento di liberazione viene definito “terrorista”. Queste interpretazioni israeliane sono sempre più spesso fatte proprie anche dalla sinistra, dai suoi giornali e dai suoi partiti.”

Ovviamente il giornalista colloca la questione palestinese in un quadro più vasto, quello della guerra in Iraq, dei tentativi di destabilizzazione del Libano e delle minacce di aggressione rivolte alla Siria.
Parlando del paese dei due fiumi, Chiarini ha descritto il “governo iracheno come un governo che accetta l’occupazione e la divisione etnico-confessionale del paese. Le divisioni dei posti di governo e della burocrazia sono proporzionate sulle percentuali religiose. Una cosa mai accaduta prima in Iraq, ma già sperimentata dalle autorità francesi nel Libano coloniale. In questo modo si vuole impedire la nascita di partiti nazionali iracheni, ipotizzando un’organizzazione politica in cui il cittadino appartiene alla comunità, non allo stato ed in cui il potere viene dato ai settori religiosi più retrivi. I sunniti vengono discriminati, insieme ai curdi ed agli sciiti contrari all’occupazione, a danno del senso di unità non solo araba ma anche nazionale. Il paese viene diviso in 3 entità: a nord una curdo-americana, ricca di pozzi petroliferi diretti verso Israele, una sunnita al centro e senza petrolio, ed una sciita a sud, ricca di oro nero. Il petrolio non sarebbe controllato dallo stato ma dalle singole regioni. Il progetto è scritto nella Costituzione, in cui il paese viene definito non una nazione araba, bensì un paese abitato da arabi” “Non è da escludere, secondo il mai accantonato piano antiarabo sionista, lo smembramento dell’Arabia Saudita emarginando i sunniti locali per far gestire il petrolio agli sciiti. O quello di dividere la Siria alla componente laurita viene conteso il potere dai fondamentalisti sunniti. Un progetto di alleanze sarà disegnato tra Israele e le minoranze non arabo-sunnite, come già successe nel 1982 coi cristiano- maroniti in Libano, o con i curdi o con i copti. Creando nuovi stati etnici, siano sunniti, turcomanni, e di tutte le varie componenti, si giustificherà così lo “stato ebraico”. La nuova divisione dell’ area sarà arbitraria, non omogenea, con milioni di profughi. Tutte le componenti, non esistendo censimenti certi ed essendo numerosissime le famiglie miste, sosterranno prevedibilmente di essere la maggioranza. L’effetto sarà una nuova Yugoslavia, moltiplicata per 10.000.” “La distruzione dell’Iraq unito sta procedendo attraverso 4 passaggi fondamentali: il primo è stato lo scioglimento dell’esercito nazionale che univa il paese; il secondo è stato il saccheggio e la distruzione dei musei della Mesopotamia: il patrimonio comune di tutte le etnie, antecedente all’islamizzazione dell’area; il terzo l’eliminazione dai libri di scuola di ogni accenno al conflitto arabo-israeliano; il quarto è stato il tentativo, poi fallito, di sopprimere la bandiera nazionale irachena. Alle Olimpiadi di Atene si ipotizzò di portare come vessillo della nazionale una bandiera con tre strisce ed una mezzaluna azzurra, simile alla bandiera israeliana, senza alcun riferimento ai colori nazionali arabi che sono il verde, il rosso, il nero.” “La resistenza sta rallentando questo processo, che pure non è stato accantonato dagli occupanti, i quali trovano anche un’opposizione nell’opinione pubblica americana. L’occupazione sta attraversando degli aggiustamenti in direzione dell’irachizzazione progressiva del conflitto, anche se le violazioni dei diritti umani, peggiori di quelle che avvenivano sotto Saddam, non fanno che aumentare la resistenza popolare.”
“A coloro che sostengono che con il ritiro delle truppe ci sarebbe ci sarebbe il caos, va detto che è l’occupazione stessa a creare il caos nel paese e che i cosiddetti “tempi tecnici per il ritiro” sono solo il tempo materiale per fare le valigie visto che le basi straniere sono nel deserto, isolate dalle città. E’ probabile che vengano cambiate le insegne della missione, ponendole sotto l’egida della NATO; l’ipotesi non è troppo fantasiosa considerato che in America ci saranno le elezioni di medio- termine”
Chiarini tiene a sottolineare la mancanza di una reale informazione di ciò che avviene nel paese e sostiene che chi ha lodato le lezioni irachene dello scorso anno, anche a sinistra, manca di autonomia di giudizio. “Io c’ero e non ho visto nulla di democratico, pochissimi votanti e seggi simili a set cinematografici. A noi giornalisti venne detto dalle autorità: “andate dove vi pare, noi però vi garantiamo sicurezza solo in 5 seggi” . Sarebbe bene che la sinistra si svincoli dalla chiave di lettura dei fatti fornita da israeliani ed americani.”
Il giornalista ha poi risposto ad una serie di domande dal pubblico, la prima è stata sul ruolo dei terroristi di Al Quaida. “Il ruolo di Al Quaida è funzionale alla strategia americana, sposta il conflitto dal piano politico a quello religioso.” Sulla resistenza e la sua composizione Chiarini spiega che “gli americani non si aspettavano una risposta così ampia all’occupazione. La sinistra, pur essendo nella resistenza, non ha un ruolo chiave come lo hanno le componenti nazionaliste arabe. Il Partito Comunista Iracheno è al governo con gli americani ed ovviamente è malvisto dalla popolazione. Alcune componenti ne sono uscite e stanno organizzandosi nel movimento resistenziale” Qualcuno chiede un approfondimento sulla situazione della sinistra palestinese e del ruolo del nuovo governo di Abu Mazen. “ La sinistra palestinese non gode più di alcun sostegno economico e non riesce a fornire assistenza sociale come Hamas. Tuttavia conta tra le sue fila intellettuali rilevanti. Abu Mazen, pur essendo un moderato non può essere un collaborazionista con Israele, gli stessi poliziotti palestinesi sono ex combattenti, la pressione della base popolare palestinese gli impedisce di eliminare i settori nazionalisti con una milizia repressiva. Inoltre Israele non accetterebbe una “concorrenza” palestinese nel trovare il consenso degli americani, non tollererebbe una collaborazione tra CIA e servizi palestinesi.”