Paesi Baschi: dopo la vittoria, il dilemma di Ibarretxe

Finita l’orgia elettorale – per vincitori e vinti – si fanno i conti con la realtà. A partire dal fatto che i baschi hanno dato un segno di grande maturità politica con una partecipazione storica al voto (ha votato il 78 per cento degli aventi diritto) mentre in molti, dentro e fuori Euskadi, presentavano una situazione di totale mancanza di libertà invitando gli elettori a votare per corrisponenza. Non che l’Eta abbia rinunciato alla sua politica del terrore, ripresa immediatamente dopo il voto, anche se in tono minore, con il pacco bomba inviato al giornalista Gorka Landaburu, rimasto ferito dallo scoppio.
Il risultato ha premiato i sostenitori della “normalità” basca, soprattutto il Partito nazionalista basco (Pnv) e Eusko alkartasuna (Ea), che si presentavano in coalizone, a sostegno del lehendakari (presidente del governo basco) uscente Juan José Ibarretxe. E ha sconfitto i fautori del terrorismo psicologico. Innanzitutto il Partito popolare (Pp) di Aznar che cercando di criminalizzare tutti i nazionalisti baschi, grazie anche alla intempestiva mossa del giudice Baltazar Garzon che ha messo fuori legge l’organizzazione giovanile indipendentista Haika proprio alla vigilia delle elezioni, ha provocato una reazione orgogliosa dei baschi. Anche di chi in Euskadi non è nato ma vi ha trovato casa e lavoro, prima che la crisi del settore siderurgico (provocato in gran parte dalle compatibilità con l’entrata in Europa della Spagna) non alimentasse la disoccupazione, solo in parte riassorbita dall’ampliarsi del settore dei servizi. Il modello di Alava, la provincia in cui il Partito popolare era al governo e aveva cercato di impedire sia lo studio dell’euskara (la lingua basca) che della storia di Euskal herria (paese basco), si è tradotto in un boomerang per il partito al governo a Madrid. Una sconfitta che ha già portato il Partito popolare (Pp) a un diverso atteggiamento verso il Pnv: dopo anni di duri scontri che avevano interrotto ogni contatto, lunedì il candidato del Pp, l’ex ministro degli interni Jaime Mayor Oreja, ha avuto un primo contatto telefonico con Ibarretxe in vista della convocazione del nuovo parlamento basco.
Naturalmente i popolari respingono qualsiasi ipotesi di negoziato per una soluzione del conflitto basco sul modello irlandese, avanzato dal presidente del Pnv, Xavier Arzalluz. Ma già il fatto che si possa rispolverare il modello irlandese che era l’ispiratore del Patto di Lizarra, firmato da tutte le forze nazionaliste nel 1998, per una soluzione negoziata del conflitto, è un grosso risultato elettorale. Certo resta l’ostacolo della politica suicida e terrorista dell’Eta, che ha portato in un vicolo cieco anche Euskal herritarrok (Eh), la coalizione che comprende l’ala politica dell’Eta. Ibarretxe non ha escluso Eh dal primo giro di consultazioni, ma chiederà all’organizzazione “la condanna della violenza dell’Eta”. Arnaldo Otegi, leader di Eh, ha riconosciuto la sconfitta elettorale (ha dimezzato i voti) e la fuga dei voti verso il Pnv. Forse è già un modo per ammettere quello che viene ancora esplicitamente negato: il ruolo avuto dalle azioni terroristiche dell’Eta nella sconfitta del 13 maggio.
Per Ibarretxe si pone ora l’arduo compito di formare il nuovo governo. Il successo elettorale non gli ha garantito la maggioranza e dopo l’esperienza del passato governo di minoranza, dove l’opposizione ha paralizzato i lavori – in seguito al venir meno dell’appoggio esterno di Eh (con la fine della tregua dell’Eta) -, forse cercherà delle alleanze più solide. Ma con chi? Forse con i socialisti, anche loro usciti sconfitti dalla competizione elettorale dove hanno perso i feudi del “pugno e la rosa” di Barakaldo, Portugalete, Santurce e Sestao oltre alla riva sinistra di Bilbao, finiti tutti nelle mani dei nazionalisti? Dopo l’abbraccio mortale con il Pp, i socialisti cambieranno alleanze? Forse, anche se contrari all’ipotesi di sovranità basca sostenuta da ampi settori della coalizione Pnv-Ea, all’interno della quale restano tuttavia attivi anche gli autonomisti.