L’epoca delle sorprese è ormai dietro le spalle del leader dell’estrema destra francese: Jean-Marie Le Pen spera di essere di nuovo al secondo turno, come nel 2002, ma l’avvenimento – se per disgrazia si riproducesse – avrebbe esaurito l’effetto novità, con tutto il portato emotivo che comporta. Le idee di Le Pen hanno fatto strada e il vecchio leader si è trovato ai margini, durante la campagna elettorale, anche perché se c’è una cosa che sembra acquisita è il cambio di generazione del prossimo presidente. E Le Pen a 79 anni non ha un grande avvenire di fronte a sé. Sarkozy, che è andato sul suo terreno ideologico, ha affemato che tutti sono più a destra dei loro predecessori, nei grandi partiti, salvo Le Pen, che sarebbe «meno a destra» di prima.
In realtà all’inizio della campagna, su suggerimento dell’astro nascente del Fronte nazionale, la figlia Marine Le Pen, il leader dell’estrema destra ha cercato di dare un’immagine più rassicurante. I temi sono sempre gli stessi – la «preferenza nazionale» in testa, come risposta a tutte le difficoltà della società francese – ma il tono è stato più moderato. Ma alla fine la vera anima di Le Pen è di nuovo venuta a galla. La palma di candidato anti-sistema gli è stata un po’ sottratta dal fautore dell’«estremo centro» François Bayrou. Nicolas Sarkozy ha difeso delle idee un tempo sue. Così, di fronte a sondaggi che dicono che almeno un elettore su cinque che nel 2002 aveva scelto il Fronte nazionale oggi potrebbe votare Sarkozy, Le Pen ha cominciato ad attaccare il candidato dell’Ump. Lo ha fatto con il suo solito stile: non sul piano delle idee ma sulla persona. Così sono le origini greche (ed ebree) e ungheresi di Sarkozy che sono state messe alla berlina. Sarkozy, un candidato illegittimo perché non veramente francese.
L’ala più rampante dell’elettorato di estrema destra ha voltato le spalle a Le Pen, il capo in declino. Gli è rimasta fedele una piccolissima borghesia, perdente della mondializzazione, e una parte consistente della classe operaia spinta alla disperazione sociale dalla disoccupazione e dalle delocalizzazioni. «Le Pen è il solo che ci capisce» ripetono i suoi elettori, un popolo «bianco» che trova che «tutto è fatto per gli immigrati, niente per noi». Paradossalmente, questo discorso ha preso anche nelle banlieues, dove una piccola parte della classe operaia di origine immigrata voterà per lui, in nome dell’«ordine», con la speranza di rimettere in riga i giovani ribelli. Da 25 anni, l’estrema destra fa parte del panorama politico francese e, anche nel probabile caso di un’eliminazione al primo turno, il paese dovrà continuare a fare i conti con questa parte politica. Sarkozy ne approfitta: ha fatto fare delle promesse al suo braccio destro – una dose di proporzionale alle legislative, che porterebbe deputati del Fronte nazionale all’Assemblea – per poi rinnegare la proposta. Tutto dipenderà dal livello dei voti, oggi e a giugno alle legislative: non è possibile escludere la presenza di un ministro dell’estrema destra nel prossimo governo se milioni di persone si rifugeranno in questo voto di disperazione e di sfida.
Alla destra estrema, ma senza nessuna possibilità di riuscita, c’è anche Philippe De Villiers. La sua ossessione è l’islam, ma il discorso non ha preso. De Villier il vandeano è ai margini e lo resterà. A destra, anche se senza estremismi, c’è anche il candidato di Caccia, pesca, natura e tradizione, Frédéric Nihous: è giovane (39 anni), ha fatto una campagna tutta sulla difesa della «ruralità» e spera di togliere voti ai Verdi.