Orario flessibile e 97 euro in più

Dopo quattro giorni di iniziative quasi ininterrotte (notti comprese), è stato firmato all’alba di ieri il contratto delle telecomunicazioni. Riguarda 120 mila addetti, occupati nelle aziende di telefonia, a partire da Telecom, Wind, Vodafone, ma in qualche modo il campo di applicazione è molto più vasto, dato che intorno ai grossi gruppi c’è un mondo ampio e quasi sconosciuto di appalti e subappalti (call center, impianti telefonici, manutenzione) ancora fortemente precario. Ed è su questo piano che, purtroppo, l’ipotesi siglata ieri (nelle prossime settimane si dovranno pronunciare le assemblee dei lavoratori) non ha ottenuto un punto chiave: ricomporre tutta la filiera dentro il contratto. I sindacati avrebbero voluto l’obbligo di estensione del contratto nazionale a tutte le aziende in appalto, mentre la formulazione dell’accordo parla solo di una «scelta in via prioritaria» (dunque, ad esempio, una compagnia telefonica potrà continuare ad appaltare lavoro a un’impresa che applica il contratto Assocallcenter, del commercio, che offre meno garanzie). Sul piano dell’aumento salariale, sono stati ottenuti 97 euro, uno in più degli alimentaristi, e 500 euro «una tantum»: bisogna considerare però che il settore è uno dei pochi che cresce ben oltre il pil nazionale. Le compagnie hanno maturato profitti molto alti e continuano a macinarne. Tanto che questo dell’aumento è stato elemento di scontro tra le segreterie nazionali e diversi delegati – principalmente Cgil – i quali avrebbero voluto chiudere sopra i 100, almeno sui 103-105. Ma le confederazioni hanno premuto per chiudere: entro Natale, è stato l’imperativo, e analoga pressione stanno facendo sui metalmeccanici.

Immutati contratti a termine, di inserimento e part time: si mantiene la percentuale del 13% sul totale del personale (al 15% nel Sud), ma è positiva la conferma delle causali (che il decreto 368 del 2001 invece aveva eliminato). Viene normato l’apprendistato professionalizzante: può durare al massimo 4 anni (ridotti rispetto ai 6 previsti dalla legge 30). Per accenderne di nuovi, l’azienda dovrà confermare almeno il 70% degli apprendisti.

Vittoria delle imprese, invece, sul fronte degli straordinari, e questo è un punto simbolico dato l’attuale dibattito – in tutta Europa – sugli orari di lavoro: in passato le 240 ore di straordinario avevano un tetto trimestrale di 80 ore. Il tetto è eliminato, e come prevede la legge 30 si possono in teoria concentrare tutte le 240 ore anche in una sola stagione (ad esempio in estate, quando parte del personale è in ferie). I sindacati hanno ceduto anche sul fronte dell’orario settimanale: la media di 40 ore non verrà calcolata più su 4 mesi ma su 6 (e c’è la possibilità di ampliare l’arco fino a un anno, se c’è l’accordo con le Rsu). E’ comunque un argine rispetto ai 12 mesi previsti dal decreto 66 sull’orario di lavoro.

L’articolo 25 facilita i trasferimenti dei lavoratori: molti delegati Telecom esprimono preoccupazioni. Sembra che l’azienda, in linea con quanto realizzato negli ultimi anni, programmi nuove esternalizzazioni.

«E’ un buon accordo – commenta Emilio Miceli, Slc Cgil – L’aumento più alto siglato con Confindustria. Ci sono alcune cessioni sulla flessibilità, ma con l’apprendistato professionalizzante puntiamo a ripulire parte delle collaborazioni. Certo, dovrebbero essere futuri interventi legislativi a correggere gli abusi». Per Pietro Guindani, presidente di Asstel e amministratore delegato di Vodafone, «l’accordo introduce importanti elementi di flessibilità, con la possibilità di fare ricorso ai nuovi contratti previsti dalla legge Biagi».