Toh, gli operai. Ride Gianni Rinaldini, commentando le reazioni dei media e dei politici all’exploit mediatico delle tute blu di Mirafiori. Non i «lavoratori» genericamente intesi, proprio gli operai, quelli della chiave a stella. Quelli alla linea di montaggio che svolgono una mansione che dura meno di un minuto e si ripete, monotona per tutto il giorno, talvolta per tutta la vita. Magari lavorano pure a braccia alzate e hanno la tendinite. Magari a fine mese, se non ci sono stati scioperi, arrivano a guadagnare 1000 euro, se hanno qualche anno d’anzianità o sono non di 3° ma di 4° livello, possono trovarne in busta paga addirittura 1.100. Degli operai di Mirafiori parliamo con chi li conosceva anche prima delle assemblee con Epifani, Bonanni e Angeletti e la loro riscoperta da parte dei media: il segretario generale della Fiom. In una stagione, precisa Rinaldini, in cui alla Fiat si apre una stagione nuova, e positiva.
Non solo esistono le tute blu, s’incazzano anche e non hanno timori reverenziali verso i vertici confederali. Come mai fanno così scalpore?
Mettiamola in positivo: la condizione del lavoro dipendente, alla linea di montaggio, non è più invisibile grazie a delle assemblee a cui hanno partecipato i segretari di Cgil, Cisl e Uil e i giornalisti. Questa la dice lunga su quanto abbia scavato in profondità la cultura di questi anni, cancellando la situazione reale del paese – ciò che è avvenuto e continua ad avvenire sul lavoro. Le assemblee di Mirafiori hanno riacceso la luce su un mondo reale, non virtuale. E questo è un fatto positivo, come è positivo che i tre segretari generali siano andati a Mirafiori e che i giornalisti abbiano potuto vedere di persona quel mondo reale.
Qualcuno ha ha parlato di trabocchetto, di contestazione organizzata. Magari dalla Fiom, o dai Cobas…
Sciocchezze, chi pensa che gli operai siano massa di manovra per qualsivoglia operazione non conosce le assemblee dei metalmeccanici. Personalmente mi sono capitate assemblee ben più complicate di quelle di giovedì scorso. Per esempio, quando siamo andati a spiegare l’ultimo contratto nazionale agli operai del montaggio di Mirafiori abbiamo trovato un clima decisamente più agitato. Io penso che il messaggio dei lavoratori vada colto in termini positivi.
Cosa dice questo messaggio?
Parla di democrazia nel sindacato e in fabbrica e chiede autonomia nel giudizio sull’operato del governo e sulla finanziaria. Esprime una preoccupazione per i tavoli confederali di gennaio sulle pensioni e il mercato del lavoro. Non a caso, è stata posta con forza la questione degli orari: evidentemente gli operai pensano che la pretesa di Confindustria e Federmeccanica di deciderli a proprio piacimento, senza contrattare con i sindacati in fabbrica, sia inaccettabile e ritengono non altrettanto risoluto l’atteggiamento in merito di Cgil, Cisl e Uil. Le assemblee sono state importanti e positive anche per le parole esplicite di Epifani: l’orario non è oggetto di trattativa. Importanti anche gli impegni dei tre segretari di Cgil, Cisl e Uil a sottoporre gli eventuali accordi su pensioni e flessibilità al voto dei lavoratori.
Solo che gli operai di Mirafiori non si fidano molto, e hanno duramente criticato il metodo seguito per decidere il destino del loro Tfr.
Tra i metalmeccanici c’è una speciale sensibilità al tema della democrazia, che è un fatto di sostanza: da tempo sono abituati a votare contratti e accordi. Nella nostra categoria, il criterio del silenzio assenso scelto per il Tfr non trova albergo: persino sulle quote di servizio (la trattenuta sindacale, ndr) dev’essere esplicita e scritta la volontà del lavoratore. E tieni conto che, se applicassimo il criterio del silenzio assenso, come sindacati incasseremmo il doppio.
Si può dire che l’insistenza su pensioni, precarietà e orari nasconda una sfiducia preventiva verso Cgil, Cisl e Uil?
Direi più semplicemente che gli operai vogliono dire la loro, rivendicano percorsi democratici e anticipano a tutti che non sono disposti a dare un’ora o un anno in più della loro vita al padrone. E’ venuto il momento di aprire una discussione a tutto campo sul sistema di sicurezza sociale, di cui la previdenza è un asse portante: da anni è in atto un processo di smantellamento dello stato sociale, esistono percorsi paralleli a pagamento, per esempio nella sanità, che mostrano un processo che produce disuguaglianza sociale. Si salva chi ha più soldi. Sono sempre di più, anche tra i meccanici, gli accordi che contemplano assicurazioni sanitarie, che di fatto diventano un paracadute all’affossamento del welfare. Questa tendenza dev’essere invertita. Il Italia la spesa sociale è al 26,4%, in Germania, Francia e Gran Bretagna oscilla tra il 28 e il 30,5%. Proporre, come fa il governo, di utilizzare le maggiori entrate fiscali per ridurre le tasse è una stupidaggine: parte di quegli introiti vanno utilizzati nella previdenza. E’ ridicolo pensare di allungare l’età lavorativa in un paese dove non è possibile il cumulo tra pensione e altri redditi, a differenza degli altri paesi europei.
Ma l’idea del ministro Damiano di differenziare tra lavoro operaio usurante e altri lavori trovi ascolto nei vertici confederali.
E’ una strada pericolosa. Non credo che una maestra di asilo nido che per venti o trent’anni abbia lavorato con venti bambini al giorno sia meno «usurata», per certi aspetti, di un operaio di linea.