Nominato meno di un mese fa da Bush, ieri ha presentato 750 emendamenti alla proposta
L´ambasciatore Usa vuole rivedere l´accordo sulla riforma
NEW YORK – «È entrato come un elefante nel palazzo di vetro», sospira un diplomatico europeo commentando la prima offensiva del neoambasciatore americano alle Nazioni Unite, John Bolton. Nominato tre settimane fa da George W. Bush, con un blitz che è servito a by-passare la ratifica parlamentare e le obiezioni dei democratici, il neo-con Bolton ha subito presentato 750 emendamenti alla proposta di riforma dell´Onu e ha chiesto ai suoi colleghi di rinegoziare molti punti-chiave del progetto.
«Il tempo stringe – ha scritto Bolton ai rappresentanti dei 190 paesi membri – e per ottimizzare le possibilità di successo suggerisco di aprire delle trattative la prossima settimana sulla base del documento del presidente dell´assemblea generale Jean Ping, ma in uno spirito aperto ad altri possibili ipotesi. Conto di partecipare personalmente al negoziato».
La scadenza è quella di metà settembre. Dal 14 al 16 del mese prossimo, in coincidenza con il 60mo anniversario delle Nazioni Unite, arriveranno a Manhattan centottanta capi di stato e di governo, da Bush a Silvio Berlusconi, da Hu Jintao a Vladimir Putin, per un summit che dovrebbe – nelle intenzioni di Kofi Annan – varare un´ambiziosa riforma dell´Onu e far dimenticare lo scandalo oil-for-food e gli altri momenti bui dell´organizzazione internazionale.
Già si sa che uno dei punti più importanti e controversi della riforma, cioè l´ampliamento del Consiglio di sicurezza, slitterà a fine anno, vista la difficoltà di trovare un accordo tra i quattro paesi che vogliono diventare subito membri permanenti (Germania, Giappone, Brasile, India), e quelli, come l´Italia, che vogliono un assetto più rappresentative delle realtà regionali. Ma le esigenze di cambiamento all´Onu vanno al di là del consiglio di sicurezza, ed è proprio sugli altri capitoli che John Bolton si è messo al lavoro, confermando la fama di “picconatore”. L´obiettivo: impedire che la bozza presentata dal presidente di turno dell´assemblea, il gabonese Ping, vada in porto e costringa la Casa Bianca ad accettare politiche contrarie alla sua filosofia.
Gli emendamenti presentati da Bolton eliminano le promesse di aiuto ai paesi poveri del mondo, togliendo ogni riferimento agli obiettivi quantitativi della Dichiarazione del Millennio. Bloccano la riapertura del dossier ambientale di Kyoto. Gli Stati Uniti, invece, vogliono un´azione più ferma contro il terrorismo e cambiamenti profondo della struttura amministrativa dell´Onu.
«Le trattative su questi punti saranno molto difficile, peccato che gli Stati Uniti non ci abbiano pensato prima», commenta l´ambasciatore pakistano al palazzo di vetro, Munit Akram. La sua è un´opinione molto diffusa nei corridoi del palazzo di vetro. D´altra parte non sono solo gli Stati Uniti a volere dei cambiamenti: le nazioni arabe sono scettiche sulle parole usate per definire il terrorismo, i paesi in via di sviluppo protestano per la fragilità delle promesse.
In questa situazione c´è il rischio che i negoziati proposti da Bolton non portino a nulla e che il summit abbia solo un risvolto di spettacolo, senza contenuti operativi. E per scongiurare questo pericolo (e le critiche a Washington) il neo-ambasciatore di Bush ipotizza che invece del dossier di 30 pagine di Ping venga approvato un documento più succinto, appena tre pagine, e molto meno impegnativo.