Onu, Chavez contesta la risoluzione. Applausi dai Paesi del Sud del mondo

Il presidente venezuelano protesta contro un documento negoziato da un gruppo ristretto di Stati. Poi l’affondo: perché non spostare la sede delle Nazioni unite, visto che il Paese ospite non rispetta le decisioni dell’assemblea?

«Cercherò di attirare la vostra attenzione anche se dopo il discorso del presidente venezuelano mi rimarrà piuttosto difficile», dice il presidente uruguayano, il leader della sinistra, Tabaré Vazquez, prima di cominciare a leggere il suo discorso. Fino a mezz’ora prima, l’immensa sala delle assemblee plenarie ha passato un pomeriggio sonnacchioso, i presidenti samoano e delle Mauritius hanno appena chiesto di fare di più sull’ambiente, i loro piccoli arcipelaghi verranno sepolti dalle acque e dai tifoni se non si farà qualcosa per fermare il riscaldamento del pianeta. Il primo ministro del Kuwait, lo sceicco Al Ahmad Al Jaber Al Sabah, si è portato dietro la claque, una ventina di uomini vestiti a festa che occupano la tribuna stampa e applaudono fragorosamente alla fine di un discorso piatto. C’è un po’ di ritardo sull’orario previsto, ma a nessuno importa: i grandi hanno parlato tutti e tranne la novità del cambio di tono nei discorsi di Bush e di Sharon nei confronti delle Nazioni unite, non è successo quasi nulla. La maggior parte dei Paesi europei si è limitato a ringraziare Annan per il lavoro fatto e Jean Ping, il presidente dell’Assemblea durante la 59esima sessione, per aver lavorato alla ricerca di un accordo. Fino all’intervento di Hugo Chavez nessuno ha criticato una risoluzione che si limita a ribadire cose già dette.
Quando Chavez prende la parola, l’attenzione cresce, c’è curiosità, tutti sanno che il suo non sarà un discorso uguale agli altri. Il presidente del Venezuela fa una lunga tirata contro il neoliberismo, ma non è questo che farà correre i giornalisti alla conferenza stampa. Chavez attacca in maniera durissima la risoluzione che l’assemblea ha approvato all’inizio dei suoi lavori e si scaglia contro i meccanismi di funzionamento dell’Onu. Già nelle prime frasi del suo lungo discorso, Chavez, che parlerà molto più degli altri e verrà scherzosamente ripreso dal nuovo presidente, lo svedese Jan Eliasson, si lamenta del fatto che un assemblea plenaria convocata per discutere di povertà, fame, commercio e ambiente, abbia finito con impigliarsi nelle discussione sulla riforma e sul terrorismo. Di questo passo, spiega il leader bolivariano, gli Obbiettivi del Millennio, già molto riduttivi rispetto alle necessità del pianeta, non verranno conseguiti se non tra decenni: «Vogliamo dimezzare la fame per il 2015, ma se andiamo avanti così ci riusciremo nel 2215, e nessuno di noi sarà qui a vedere come è andata». Ma questi ritardi sono da imputare al funzionamento delle Nazioni Unite, che hanno bisogno di essere riformate: «Abolendo il diritto di veto, rendendo il Consiglio di sicurezza più democratico e partecipato, migliorando il meccanismo di funzionamento e dando al segretario generale molti più poteri di quanti non ne abbia oggi». Chavez si spinge addirittura a chiedere di spostare la sede del Palazzo di Vetro, visto che il Paese ospite non rispetta le risoluzioni dell’assemblea, «Magari a Gerusalemme».

Ma non è questo il punto alto del discorso, l’affondo più duro è contro la risoluzione in discussione. «Nel 1974, in quest’aula si votò una risoluzione che consentiva di nazionalizzare le risorse naturali e molto altro» ricorda Chavez, facendo riferimento al commercio e all’economia. «Questo era quando alle Nazioni unite si votava». L’affondo è sul modo in cui la risoluzione è stata scritta e negoziata, in stanze chiuse da un gruppo ristretto di Stati. «Ci hanno distribuito il documento pochi minuti prima del voto, solo in inglese, e questo è inaccettabile, se ne dovrà discutere. Se lasciamo che le cose vadano avanti così, beh, spegnamo la luce, chiudiamo porte e finestre e usciamo». E’ a questo punto che Chavez verrà interrotto da un applauso mentre i delegati cinesi, si guardano e ridono, stupefatti da quella che nel loro modo di vedere le cose deve essere maleducazione o arroganza. Sono i modi di fare latini contro i modi asiatici, spacconaggine contro riservatezza. In tre giorni di discorsi non era mai successo che le sonnacchiose delegazioni si svegliassero per battere le mani a qualcuno. Con ogni evidenza la vicenda della risoluzione non è piaciuta a tanti, né per come è stata scritta, né per i suoi contenuti. Solo che i Paesi africani e gli altri piccoli Stati non hanno il petrolio e non possono mettersi a muso duro contro i Paesi donatori da cui spesso dipendono. Se c’è qualcuno che prende la parola per loro, allora lo sostengono. Ma non bisogna farsi illusioni, all’Onu, come al Wto, gli strumenti di pressione sono tanti, spesso questi Paesi hanno regimi corrotti e magari devono il fatto di rimanere in sella a qualche potenza occidentale. In ambito Wto, dove gli interessi sono diversificati, India, Cina e Brasile giocano la loro partita, gli Usa e l’Europa sono in difficoltà perché chiedono e non concedono, africani e altri sanno di poter contare. Qui è molto più difficile. In passato anche Fidel Castro ha tenuto discorsi duri contro l’Onu, l’ordine economico e gli Stati Uniti, ma Chavez ha due carte in più a suo favore: il suo Paese è una democrazia e negli ultimi anni ha fatto passi enormi in avanti per quanto riguarda gli Obbiettivi del Millennio. Sono i dati dell’Undp, l’agenzia per lo sviluppo Onu, quella che fa il monitoraggio dei Millenium goals, a dirlo.

Nel suo discorso e nella gremita conferenza stampa, Chavez parla anche di terrorismo. Rispondendo a una domanda sull’importanza di fare la lotta ai terroristi, spiega che tutte le forme di terrore sono da condannare senza appello e che proprio per questo, il fatto che negli Stati Uniti si possa chiedere con leggerezza la sua morte mostra quanto sia ipocrita il discorso di Bush sul terrorismo. «Qualche giorno una televisione di Miami ha trasmesso un filmato nel quale dei paramilitari mascherati spiegavano che si stavano allenando con fucili di precisione per uccidermi. Un mese fa, il predicatore Pat Robertson ha chiesto alla Cia di uccidermi, anche lui in televisione. Cosa si aspetta ad arrestarli? Non è terrorismo questo? Se la Casa Bianca non fa nulla, vuole dire che è alleata con gruppi di terroristi».

Con i giornalisti, Chavez ha anche parlato di petrolio e della necessità di superare la dipendenza dal barile. Un tema toccato anche da altri, compresa la presidente filippina Arroyo, che ha proposto di dare all’Onu strumenti di controllo del prezzo. Ma la questione, secondo Chavez, e persino per Hillary Clinton, che al dibattito organizzato dalla Fondazione del marito ha attaccato il presidente Bush, è quella di mettere mano a strumenti che invertano la tendenza al riscaldamento del pianeta. Su questo tema come sugli obbiettivi del millennio sembra finalmente esserci maggiore attenzione che in passato. Come per la riforma e i Millenium goals, però, passi avanti seri non se ne fanno. Lo stesso vale per quello che molti Paesi del Sud hanno posto in quest’assemblea come un tema cruciale, quello del commercio. Il presidente brasiliano Lula ha stigmatizzato il fatto che i sussidi concessi da Europa e Stati Uniti ai propri produttori agricoli siano molto più alti di quanto non si spenda in aiuti per i Paesi africani. Di togliere le barriere aveva parlato anche Bush, sostenendo che le barriere si possono togliere se altri faranno altrettanto. Gli altri sono gli europei e da mesi va avanti un balletto per il quale ciascuno aspetta la mossa dell’altro. Nella mattinata di ieri, la Global action against poverty ha riunito una serie di figure rappresentative della società civile del Sud per protestare contro il basso profilo dell’Assemblea dei capi di Stato. Tra gli altri ha parlato anche la keniana Kumi Naidoo, manifestando tutta la sua tristezza: «Le promesse vuote costano vite e qui, invece di sfruttare un’opportunità storica, ci si è limitati a ribadire cose già dette cinque anni fa». Sperando che perché cambi qualcosa non occorra aspettare un nuovo Millenium summit.