C’è stata un’altra strage sul lavoro: 3 lavoratori sono morti. Pietro, Benedetto e un terzo operaio di cui non si conosce ancora il nome, non potranno (purtroppo) far più ritorno alle proprie famiglie.
Questa strage silenziosa, questa «strage nell’indifferenza» come l’ha definita l’Osservatore romano, uccide 3 persone al giorno. Bisogna iniziare a chiamarli con il loro nome: omicidi sui luoghi di lavoro. Mi rendo conto che è una parola forte, ma è la realtà. Ma non fa solo morti, anzi ci sono anche molte persone che si infortunano, e molte di esse rimangono invalide (chi senza una gamba, chi senza un braccio, chi senza una mano, chi senza un piede). Come il mio amico dott. Andrea Bagaglio, che si è stancato di andare a raccogliere i morti sul lavoro, anche io mi sono stancato di contare i morti, i feriti e gli invalidi che ci sono ogni giorno nei luoghi di lavoro. Con i miei due amici Rls (Coppini e Marchi), nell’arco di un anno e mezzo abbiamo scritto tantissime lettere, ai quotidiani, ai tg, ai programmi di attualità, al blog di Beppe Grillo, ai partiti, al governo, al Presidente della repubblica, alle riviste specializzate, ecc, per chiedere più sicurezza sul lavoro. Molte di queste lettere sono state pubblicate, sui quotidiani, sulle riviste specializzate, su vari siti. Siamo stati ospiti a Racconti di Vita (Rai 3), che ha dedicato una puntata intera agli infortuni e alle morti sul lavoro. Abbiamo fatto tutto quello che umanamente era possibile fare. Arrivati a questo punto è facile farsi prendere dallo sconforto perché quando si è dato il massimo non si sa più cosa fare. Allora ci viene da domandarci: perché chi doveva muoversi non l’ha fatto? Spero che qualcuno voglia darci una risposta.
* rappr. dei lavoratori per la sicurezza