Omar, il parlamento indaga

La procura di Roma sta «raccogliendo elementi» sull’aereo della Cia atterrato a Fiumicino nel 2002. Portava in Siria un canadese poi liberato

Chiarimenti. Sono quelli che il Copaco ha deciso di voler chiedere, per la seconda volta in pochi mesi, al sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianni Letta e ai direttori dei servizi di intelligence italiani (Sismi, Sisde e Cesis) sul ruolo del governo italiano nel rapimento del imam milanese Abu Omar da parte della Cia e sul cosiddetto Nigergate. Il presidente del comitato di controllo sui servizi Enzo Bianco ha spiegato che «anche alla luce delle dichiarazioni apparse ieri su un autorevole quotidiano americano (il Washington post due gioni fa ha puntatato il dito sul placet di Berlusconi al rapimento di Omar ndr), avremo modo di occuparci della vicenda». Non tutti nel comitato sono d’accordo con la scelta di Bianco, caldeggiata dal diessino Massimo Brutti. Non lo è, ad esempio, il vicepresidente Maurizio Gasparri, di An, secondo cui «bisogna prendere atto delle smentite del governo». Giusto ieri mattina Silvio Berlusconi ha smentito per l’ultima volta un coinvolgimento dell’Italia nella «rendition» di Abu Omar o in altri rapimenti da parte dei servizi segreti americani. Martedì sera l’aveva scritto in un comunicato siglato da palazzo Chigi. E prima l’aveva fatto scrivere nei documenti del 30 novembre e del 4 luglio: «Non esiste – ha ripetuto ieri, visibilmente innervosito – lo ripeto per l’ennesima volta, alcun coinvolgimento del governo in vicende delle quali né io né i miei ministri né i sottosegretari, né alcuna istituzione italiana sono stati né avvisati né informati da chicchessia.

Eppure il racconto piazzato due giorni fa sulla prima pagina del Washington post è preciso, anche se difficilmente dimostrabile. Secondo la versione fornita da agenti della Cia anonimi, quando lo scandalo del rapimento di Omar è scoppiato in Italia gli 007 Usa coinvolti nella rendition avrebbero detto ai superiori che «i servizi segreti italiani avevano avuto il via libera dal primo ministro Silvio Berlusconi». Lo stesso Berlusconi avrebbe deciso di dare una autorizzazione non scritta «per evitare che il caso suscitasse una polemica pubblica sui rapporti tra Italia e Stati uniti». Quale servizio italiano? E chi più esattamente? Il Post non lo dice come non l’aveva detto il 30 giugno quando un altro reportage aveva raccontato che il capo della Cia italiana «informò e cercò l’approvazione della sua controparte italiana». Anche quella volta, però, l’inchiesta era costruita incrociando più fonti di intelligence americane.

Già dopo l’audizione dello scorso luglio sul rapimento di Abu Omar, il Copaco aveva mostrato di non essere del tutto soddisfatto delle risposte ricevute. All’epoca pure Maurizio Gasparri aveva detto «resto perplesso sul fatto che si sia verificato un fatto del genere senza che nessuno se ne accorgesse». E Gigi Malabarba del Prc aveva sottolineato «Digos e Cia pedinavano Abu Omar insieme». L’indagine sul rapimento dell’imam di viale Jenner su cui si basano 22 mandati di arresto per altrettanti agenti della Cia, spiccati il 26 giugno scorso, per ora non ha mai toccato i servizi segreti italiani. Anzi, da quegli atti si capisce che Robert Seldon Lady, il capocentro Cia di Milano che coordinò l’operazione, ha dovuto persino cercare da solo su internet la strada più veloce per portare il rapito da Milano alla base di Aviano (traccia poi scoperta durante le indagini coordinate dal pm Armando Spataro). E durante l’audizione del 14 luglio il direttore del Sismi, Niccolò Pollari, avrebbe spiegato che piuttosto di partecipare a questo tipo di operazioni avrebbe preferito dimettersi. La nuova audizione potrebbe aiutare a chiarire il mistero.

Intanto la procura di Roma sta valutando se aprire un fascicolo sul rapimento di Maher Arar, ingegnere canadese bloccato a New York a ottobre del 2002 e torturato «per errore» per un anno in Siria prima di essere rilasciato. Come ha raccontato ieri il Corriere della sera, l’aereo di Maher avrebbe fatto scalo all’aeroporto di Fiumicino l’8 ottobre 2002.