Olmert decapita il governo Hamas

Il rombo assordante dei Merkava israeliani ieri sera si è placato. Gli equipaggi dei carri armati hanno spento il motore, sono saliti sugli autobus e sono tornati alle basi di partenza a ridosso di Gaza. Nel momento in cui migliaia di abitanti di Beit Hanun, a nord della Striscia, tremavano pensando al passaggio devastante dei reparti corazzati annunciato dal lancio di migliaia di volantini da parte degli aerei israeliani, il ministro della difesa Amir Peretz ha rallentato la seconda fase di «Pioggia d’estate» che pure aveva autorizzato appena qualche ora prima. Perché? Ieri sera le indiscrezioni erano tante. Quella più insistente vuole che a chiedere il congelamento delle operazioni militari siano stati gli egiziani, per lasciar spazio alla mediazione in corso volta ad ottenere il rilascio del caporale israeliano Gilad Shalit, sequestrato domenica da un commando palestinese a Kerem Shalom. Al Cairo peraltro si troverebbe, secondo la stampa araba, il capo dell’ufficio politico di Hamas, Khaled Mashaal, portato lì dalle pressanti richieste egiziane per la ricerca di una soluzione e per allentare le pressioni di Stati Uniti e Israele sulla Siria, «colpevole» di ospitarlo a Damasco.
Le prossime ore saranno decisive per capire se la liberazione di Ghilad Shalit da parte dei suoi rapitori si sia fatta davvero più vicina. Non si può fare a meno di notare che le operazioni militari che ufficialmente servirebbero a costringere i palestinesi a rimettere in libertà il caporale, stanno assumendo contorni sempre più politici e sempre meno di sicurezza. Il 29 giugno verrà probabilmente ricordato come il giorno del primo decisivo colpo al potere politico di Hamas nei Territori occupati, a cinque mesi dalla straripante vittoria ottenuta dal movimento islamico alle elezioni del 25 gennaio. L’esercito israeliano nella notte tra mercoledì e giovedì si è infatti lanciato in una caccia all’uomo senza precedenti in Cisgiordania, in questi ultimi mesi. In manette sono finiti almeno 87 tra militanti, dirigenti e simpatizzanti di Hamas tra cui otto ministri e 23 deputati, inclusi il vice premier Nasser Shaer (secondo alcune voci invece sarebbe sfuggito all’arresto), il ministro delle finanze Omar Abdel Razek, lo speaker del Parlamento Aziz Dweik, l’ideologo Nayef Rajub (fratello dell’ex capo dell’intelligence dell’Anp, Jibril Rajub), il sindaco di Qalqiliya e il suo vice. Non è stata toccata invece la ministra per le donne, Miriam Saleh, ma un terzo del gruppo dirigente islamico è stato messo fuori gioco.
I leader degli otto paesi più industrializzati della terra, riuniti ieri a Mosca, non hanno trovato di meglio che invitare Israele a «esercitare moderazione» e dichiararsi «molto preoccupati» per l’evolversi della situazione. Hamas da parte sua ha subito accusato Israele di aver colto l’occasione del sequestro del suo soldato per mettere in atto un piano pronto da tempo. Accusa che in giornata ha trovato una significativa conferma in un articolo del quotidiano israeliano Ha’aretz, secondo il quale l’operazione era pronta da diverse settimane ed aveva ricevuto l’approvazione del procuratore generale israeliano Menachem Mazuz. La lista delle persone da arrestare sarebbe stata presentata mercoledì al primo ministro Ehud Olmert, dal capo dei servizi interni dello Shin Bet, Yuval Diskin. A far scattare l’ondata di arresti è stato anche il ritrovamento in Cisgiordania del corpo del colono ebreo Eliahu Asheri, 18 anni, rapito da un commando dei Comitati di resistenza popolare ed ucciso subito dopo la sua cattura.
L’arresto dei ministri, mentre altri sono in pratica finiti in clandestinità per sottrarsi alla cattura (tra loro anche il premier Ismail Haniyeh), «ha paralizzato il governo» palestinese e ha posto il presidente Abu Mazen – che ha duramente condannato gli arresti – davanti alla necessità di far fronte a una situazione di «vuoto di potere». Lo ha detto ieri a Ramallah il capo del gruppo parlamentare di Al-Fatah, Azzam Ahmad, secondo il quale «il presidente si rende conto di questa situazione e interverrà al più presto tramite le istituzioni dell’Olp e i suoi stessi poteri come presidente eletto». Azzam ha tuttavia precisato che «è troppo presto» per parlare di una sostituzione dell’attuale governo. Il presidente – ha detto – può riempire questo vuoto avvalendosi dei poteri che gli sono riconosciuti dalla costituzione». In casa Hamas non pochi pensano che a trarre indirettamente vantaggio dall’accaduto sarà Al-Fatah, il partito di Abu Mazen. Quest’ultimo, sussurra qualcuno, darà seguito immediato all’accordo nazionale raggiunto qualche sera fa dalle varie fazioni palestinesi per procedere alla costituzione di un governo di unità nazionale che marginalizzi il movimento islamico. Abbandonato dai regimi arabi, Hamas può consolarsi con ciò che scrive e riporta la stampa araba che ieri si è scatenata con dure critiche alla «barbara aggressione» israeliana. Condanne sono giunte anche dalla Lega Araba e dai Fratelli musulmani egiziani. «Esprimete la vostra collera e fate sentire le vostre voci», ha detto il leader del movimento Mohammad Mahdi Akef rivolgendosi ad arabi e musulmani.
A Gaza nel frattempo le condizioni di vita peggiorano. Ieri l’aviazione israeliana ha colpito un seconda piccola centrale elettrica, dopo quella che ha distrutto martedì notte e oltre 700 mila palestinesi non hanno più energia elettrica (ci vorranno almeno 10 milioni di dollari e 3-6 mesi di tempo per ricostruirla). Nel pomeriggio militanti dell’Intifada con il volto coperto, hanno aperto con l’esplosivo una breccia di quattro metri nel muro di confine fra Gaza e l’Egitto.