O.k. da Obama alla guerra segreta di «truppe ombra»

«Mentre il presidente Obama ha ribadito che nessuna forza terrestre americana partecipa alla campagna di Libia, gruppi di agenti della Cia operano in Libia da diverse settimane»: lo rivela ieri il New York Times. Gli agenti, il cui numero è sconosciuto, sono quelli che «avevano già lavorato alla centrale dell’agenzia spionistica a Tripoli» e altri arrivati più di recente. Gheddafi aveva permesso alla Cia e ad altre agenzie Usa, nel 2003, di operare in Libia per controllare che avesse rinunciato al suo programma nucleare militare e per trasferire fuori dal paese attrezzature e progetti per la bomba. Queste stesse agenzie hanno successivamente «riallacciato i loro legami con gli informatori libici», quando «diverse settimane fa, il presidente Obama ha segretamente autorizzato la Cia a fornire armi e altre forme di sostegno ai ribelli libici».
I gruppi della Cia – che operano in Libia nel quadro di una «forza ombra» di cui fanno parte agenti britannici e altri, vere e proprie «truppe di terra ombra», in contraddizione con la Risoluzione 1973 – hanno due compiti. Anzitutto «contattare i ribelli per comprendere chi sono i loro leader e gruppi di appartenenza». L’ammiraglio James Stavridis, che comanda le forze Usa e Nato in Europa, ha detto, in una audizione al Senato, che vi sono indizi di una presenza di Al-Qaeda tra le forze anti-Gheddafi. Occorre quindi fornire armi e addestramento ai gruppi affidabili, ossia utili agli interessi degli Stati uniti e dei principali alleati (Francia e Gran Bretagna), escludendo chi non offre sufficienti garanzie. La Francia si è già detta disponibile a fornire armi e per l’addestramento sono già in Libia forze speciali britanniche.
Allo stesso tempo, gli agenti statunitensi e alleati hanno il compito di fornire ai piloti dei cacciabombardieri le coordinate degli obiettivi da colpire, soprattutto nelle aree urbane, che vengono segnalati con speciali puntatori laser portatili. I dati trasmessi dagli agenti vengono integrati con quelli raccolti da aerei spia di diversi tipi (Global Hawk, U-2, Jstars, Rc-135) che da diverse settimane, prima degli attacchi aerei e navali, hanno sorvolato in continuazione la Libia per individuare gli obiettivi. Particolarmente importante è il ruolo dei Global Hawk, gli aerei telecomandati che decollano da Sigonella, le cui informazioni vengono trasmesse al centro di comando. Questo invia le coordinate a un aereo Awacs, decollato da Trapani, che le trasmette ai piloti dei cacciabombardieri. Sono pronti a partire anche i Predator, i droni usati in Afghanistan e Pakistan, armati di missili.
L’inchiesta del New York Times dimostra quindi che i preparativi di guerra erano iniziati ben prima dell’esplosione del conflitto interno e dell’attacco Usa/Nato, e che le operazioni belliche non sono solo quelle che appaiono ai nostri occhi. Se anche l’Italia faccia parte della «forza ombra» che opera in Libia, non si sa. Però il presidente Obama, nell’esprimere al presidente Napolitano e al primo ministro Berlusconi il suo profondo apprezzamento per il «risoluto appoggio alle operazioni della coalizione in Libia», riconosce la «competenza» dell’Italia nella regione. Una indubbia competenza, acquistata da quando un secolo fa, nel 1911, le truppe italiane sbarcarono a Tripoli.