Ogni giorno una vita persa così trionfa la “morte bianca”

Antonio Veneziano è il 113esimo lavoratore edile deceduto nel 2006. Il suo nome è soltanto l´ultimo in una interminabile lista di vite inghiottite dai cantieri, luogo dove si paga il tributo più alto tra le categorie lavorative con 253 decessi “ufficiali” nel 2005 secondo l´Inail, un quarto del totale, e 100 mila feriti. Numeri al netto dei lavoratori in nero – che nelle medie prudenti toccano il 15 per cento del totale, con punte del 40 per cento – gente che lavora sodo, in silenzio e con zero tutele, come accusano da anni i sindacati di categoria. Per questo è bene tenere in conto le stime della Commissione parlamentare d´inchiesta sulle morti bianche, che ha parlato recentemente di almeno 350 decessi l´anno, uno al giorno, con quasi 12 feriti ogni ora. Più in generale, nel 2005 secondo l´Inail, non sono tornati a casa 1.200 lavoratori e si sono verificati poco meno di un milione di incidenti. Dati che, nonostante le discesa percentuale rispetto al 2004, hanno un costo sociale enorme, pari a 17 milioni di giornate di lavoro perse con un danno economico valutabile in almeno 28 miliardi di euro. Tutte sciagure che non capitano soltanto per fatalità. Come nel mondo delle costruzioni, dove si va spesso di fretta e le misure di prevenzione e sicurezza talvolta sono considerate come ostacoli al lavoro. Gli incidenti avvengono anche per inesperienza, quando l´operaio è un giovane alle prime armi. Troppo facile morire a 25 anni, come è accaduto Antonio Veneziano: il 12% del totale delle vittime ha infatti, un´età compresa tra i 15 e i 25 anni e quasi il 20 per cento delle vittime ha tra i 26 e i 35 anni. Ma le morti bianche colpiscono ormai in maniera crescente gli extracomunitari che sempre più spesso provano ad entrare nel mondo del lavoro dalla porta dell´edilizia. E sono ragazzi, soprattutto. Arrivati magari da poco nel nostro Paese e non ancora inseriti, anche se nel settore rappresentano ormai un sesto della forza lavoro. Ebbene, nella fascia tra i 26 e i 35 anni la morte non fa distinzioni e colpisce alla pari italiani e comunità straniere. Salendo con l´età 26 vittime su cento hanno tra i 36 e i 45 anni, 24 su cento tra i 46 e i 55 anni; 19 su cento hanno invece più di 56 anni. «Nel mondo dell´edilizia, in Italia, si muore esattamente come accadeva 50 anni fa. Non è cambiato nulla» accusa amareggiato il segretario generale della FilleaCgil, Franco Martini. E le statistiche confermano una tendenza in atto da anni. E cioè si perde la vita di più al mattino, entro l´ora di pranzo, quando la pausa sembra lì ad un passo. Le sciagure poi capitano in mesi particolari, si accaniscono sui lavoratori più spesso in settembre, ottobre, giugno, luglio piuttosto che nel resto dell´anno. Anche le cause sono sempre le stesse: si muore per cadute dall´alto (quattro volte su dieci) o investiti da ruspe, gru e carrelli (una volta su quattro). Si perde la vita folgorati da scosse elettriche o per crolli improvvisi delle strutture (come accade nel 10 per cento dei casi). Ma a monte, oltre alla scarsa sicurezza, c´è la mancanza cronica di controlli, come accusano da anni alcuni ispettori che spesso sono costretti a pagarsi pure la preziosa benzina per andare a vigilare con l´auto su cantieri dove i subappalti si moltiplicano, ed è quasi impossibile effettuare verifiche serie. Lo stesso Franco Martini ricorda, infine, come sia «altamente improbabile che un imprenditore disonesto possa cadere nella rete dei controlli: capita in media una volta ogni sette anni. C´è chi pensa quindi che è meglio rischiare un´ammenda, piuttosto che investire risorse nella sicurezza».