Offlaga disco pax: se il socialismo può stare in una tasca

La loro comunicazione è politicamente di parte e il loro standard di fan dovrebbe essere, hanno detto in una recente intervista, una ragazza giovane, antifascista e magari con una propensione marcata a quella che qualcuno ha definito l’«elettronarrativa elettorale» che comincia con il battesimo del fuoco di “Kappler”, brano di apertura del loro ultimo album: Socialismo tascabile.
Sono gli Offlaga disco pax: un contorno di atmosfera naif, un pò di sregolatezza e magari anche un poco di genio, associato all’ardire di mettere sulle loro locandine Lenin, Marx ed Engels; ritorno al passato e proposta per il futuro. Radici che non si tagliano, innovazione e passione politica condita con ironia e sarcasmo. Un costruttivo slancio di emozioni che in musica non è facile mettere.
Ma del resto, loro stessi precisano nel sottotitolo dell’album che queste sono ancora «prove tecniche di trasmissione». I nove brani di Socialismo Tascabile vedono la loro luce sonora un po’ come gli stati dell’ex Unione Sovietica, piccole e grandi realtà improvvisamente resesi per necessità e spontaneamente indipendenti, ma pur sempre legate da una storia, una tradizione culturale e da una lingua in comune. Sono tre nella band emiliana: Enrico Fontanelli (basso, moog prodigy, casiotone, premeditazioni grafiche, pensiero debole), Daniele Carretti (chitarre, basso, mutuo quinquennale) e Max Collini (voce, testi, ideologia a bassa intensità).
Curioso il breve curriculum descrittivo: Enrico è portatore di “premeditazioni grafiche” e di un qual certo “pensiero debole” mentre Daniele, parafrasando i “piani quinquiennali” di sovietica memoria, inserisce nella sua descrizione un “mutuo” di cinque anni. Max, l’instancabile voce continuistica e slegata dai canoni dell’associazione di toni e note, è l’ideologo “a bassa intensità”. La chiusura del cd è consegnata alle note di “De Fonseca”, brano-viaggio attraverso i francobolli della posta-prioritaria e su ciò che veramente è prioritario nella ricerca dei diritti e dei bisogni di oggi. Se a qualcuno venisse in mente di classificare gli Offlaga disco pax come dei modernissimi rapper italiani sappia che cadrebbe in un clamoroso abbaglio sonoro.
Non è rap. Non è rock convertito o sublimato, e non è neppure una riscoperta della beat generation in salsa underground. Lo stile degli Offlaga è qualcosa che si ascriverà tra qualche tempo ad un nuovo modo di esprimere con la musica un testo prevalentemente declamato in una veloce lettura.
Può sembrare che il disordine sia l’elemento chiave di questo mix di note e parole. In realtà l’ascolto ripetuto di uno dei pezzi di Socialismo tascabile dà già il senso dell’impresa che questi giovani cantautori vogliono esprimere. Difficile fare paragoni, anche se si avverte un richiamo ai CCCP-fedeli alla linea, d’altronde la città di provenienza è la stessa: Reggio Emilia. Sono dei menestrelli del 2006 che nella velocità dell’espressione linguistica inseriscono l’elemento chiave di un fascino musicale che non si dota di un cardiopalma da stop and go come nel rap, dove ogni singola parola ha bisogno della sospensione del fiato per potersi poi collegare alla successiva e alla precedente, ma dove invece il racconto sospinto, continuato e condotto alla fine senza una pausa, diviene la formula magica di attrazione e di attenzione maggiore. Anche il più ortodosso appassionato di musica classica, il più fedele socio della società artistica per la protezione delle sette note dal relativismo sonoro, dovrà ricredersi su una presunta eterodossia degli Offlaga disco pax rispetto agli attuali standard musicali. Non ci sembra che vogliano essere nè orto e nè eterodossi: sono categorie troppo claustrofobiche per chi sà che il socialismo può stare nella tasca di ognuno di noi.