Ocse: la 30 fallisce Italia più precaria

L’aumento della precarietà dei contratti di lavoro, introdotto dalla legge 30, non ha portato con sé un incremento dell’occupazione. Anzi, l’Italia ha subito una pesante battuta di arresto, che si farà sentire quest’anno e nel 2007, mentre resta in coda anche nell’inserimento delle fasce più «deboli» (le donne, gli anziani, i giovani, le basse qualifiche). Al contrario, l’Europa e l’area Ocse crescono: e in alcuni paesi, al miglioramento del trend occupazionale, si somma oltretutto una riduzione dei contratti a termine, sfatando le teorie affermate per cinque anni dal governo Berlusconi (e ieri riprese dall’ex sottosegretario Sacconi). I dati confermano, insomma, che la flessibilità nelle assunzioni non fa crescere necessariamente i posti di lavoro.
Andando direttamente alle cifre, l’outlook Ocse rileva che in tutta l’area dell’Organizzazione, nel 2007 si dovrebbero registrare due milioni di disoccupati in meno rispetto ai 36 milioni registrati nel 2005. Per l’area Ocse si prevede un tasso di disoccupazione del 6,2% nel 2006 e del 6% nel 2007, contro il 6,5% registrato nel 2005. Anche nell’Ue a 15 il tasso di disoccupazione dovrebbe scendere, attestandosi al 7,6% nel 2006 e al 7,3% nel 2007, contro il 7,9% del 2005. In Italia, il tasso di disoccupazione dovrebbe passare dal 7,8% del 2005 al 7,7% nel 2006, e al 7,6% nel 2007. Ma è l’occupazione italiana che va in controtendenza: mentre la crescita nell’area Ocse sarà dell’1,3% nel 2006, per poi rallentare a +1,1% nel 2007; in Europa avremo rispettivamente un +1,1% e +1,2%; in Italia andiamo indietro, passando dal +0,7% del 2005 al +0,6% nel 2006, e +0,4% nel 2007. Più dinamici paesi come la Spagna, l’Irlanda, l’Islanda e la Polonia, che dovrebbero attestarsi su un +2%.
L’Italia è poi tra i paesi dove è più forte la disparità lavorativa tra le regioni: «Permane una grande disparità da regione a regione nel tasso di disoccupazione – si legge nell’Emplyment Outlook – specialmente nei paesi dove i tassi di disoccupazione nazionali restano particolarmente alti». L’Ocse cita esplicitamente Belgio, Germania e Italia. E ancora: il nostro paese è agli ultimi posti quanto alla capacità di inserire le categorie «deboli»: il tasso di occupazione delle donne in Italia nel 2005 era al 45,3%, contro il 56,1% della media Ocse e il 57,8% dell’Europa a 15. E ancora: il tasso di disoccupazione tra le donne in Italia supera il 10%, contro il 7% della media dei paesi Ocse e il 9% dell’Europa a 15. L’Italia, inoltre, non favorisce il lavoro degli anziani (è al quartultimo posto nella classifica Ocse di 30 paesi), dei giovani (23esimo posto), degli addetti con bassa professionalità ( 24esimo posto).
Interessante la notazione sul lavoro temporaneo: «Il lavoro a termine è cresciuto significativamente solo in pochi paesi, come Belgio, Italia, Olanda e Portogallo – dice l’outlook – mentre è in calo in Irlanda, Spagna, Turchia e Islanda. Nella grande maggioranza dei paesi l’occupazione temporanea resta largamente involontaria, con più della metà dei lavoratori – sottolinea l’Ocse – che affermano di preferire un lavoro a tempo indeterminato».
«L’Ocse conferma che ci sono tre grandi emergenze in Italia: il Sud, le donne e i precari – commenta Alessandro Genovesi, Politiche attive del lavoro Cgil – E che le ricette applicate fino a oggi, vedi legge 30, non hanno aumentato neppure l’occupazione. Colpisce innanzitutto il dato sulle disparità regionali, problema ormai risolto in Spagna e Grecia, per l’Andalusia e la Tessaglia, mentre il nostro Sud resta sempre grave. L’Italia, poi, che insieme a Francia e Germania era la locomotiva industriale dell’Europa, oggi si trova a registrare una crescita dei rapporti a termine, insieme a paesi a vocazione terziaria, come Olanda, Belgio e Portogallo. Al contrario, paesi dinamici e che puntano sull’industrializzazione, come Irlanda, Turchia e Spagna, vedono ridurre la percentuale di rapporti a termine sull’occupazione complessiva».