Occupazioni scolastiche depenalizzate? E’ buonista

Nel primo semestre del 2005 le sentenze di sfratto sono state l’8,15% in meno di quelle emesse nello stesso periodo del 2004. In compenso, gli sfratti eseguiti con la forza pubblica sono aumentati quasi del 30%. Capofila di questa tendenza, con dati da capogiro, la città di Milano: meno 18% le sentenze emesse, più 152,6% gli sfratti eseguiti. Ormai quasi l’80% delle sentenze di sfratto in Italia sono per morosità.
Di qui l’allarme lanciato nei giorni scorsi dall’Unione Inquilini e l’urgenza di ricevere risposte concrete, in assenza delle quali il mese di settembre vedrà manifestazioni in tutte le città. Dopo la pausa estiva, il problema dovrebbe essere all’esame del governo già in questi giorni e in cima all’agenda del Consiglio dei Ministri del 31 agosto con una bozza predisposta dal ministero della Solidarietà sociale.

E’ utile quindi analizzare i dati, che rischiano, se non disaggregati, di depistare. Incominciamo con quel -8,15 % di sentenze di sfratto emesse nel primo semestre 2005 rispetto al primo semestre 2004. Lo scarto dipende dalla drastica diminuzione delle sentenze per finita locazione a cui corrisponde un enorme aumento di quelle per morosità.

Perché meno “finita locazione”? Per due motivi: perché sono ormai ad esaurimento i vecchi contratti con canoni ridotti; e nei nuovi quasi tutti a libero mercato la proprietà cerca di ottenere tutte le garanzie possibili contro disdette anticipate da parte dell’inquilino. Se lo tiene buono … se paga!

Andiamo avanti: che succede nella normalità dei contratti esosi? Una parte salta: mensilità arretrate, ne bastano tre o quattro per non recuperare più; la famiglia se ne va e da allora viene inseguita da decreti ingiuntivi, sequestri dei beni mobili, blocco dei conti bancari, fino al quinto dello stipendio o della pensione. Ma sono procedure farraginose anche per i proprietari; infatti tante altre vertenze si disperdono.

C’è tutta una popolazione “nullatenente”, mobile, inadempiente, che passa da un alloggio all’altro alimentando una crescente diffidenza da parte dei locatori. Ma questa è la giungla che loro stessi hanno auspicato!

Altre ancora sono le conseguenze del caro affitti e riguardano un numero crescente di famiglie povere: si subaffitta, ci si stringe; si stabiliscono taciti accordi con le proprietà che chiudono un occhio pretendendo una “tangente” in nero sul maggiore introito.
E fin qui le famiglie, viste con diffidenza dal mercato immobiliare dell’affitto; che infatti si rivolge sempre più a soggetti particolari, non stabilizzati e pertanto maggiormente disposti a subire canoni spropositati: si tratta di studenti, stagisti, funzionari in missione, turisti culturali; a cui si rivolgono non solo la moltitudine dei locatori ma vere e proprie catene immobiliari dai nomi accattivanti che magnificano le loro offerte…
In genere sono case scadenti ma il peggio non tocca a loro, il peggio è locato ai migranti. E anche in questo campo bisogna però approfondire; non è tutto un blocco di precarietà; anch’essi progressivamente si scompongono, una parte regge e si organizza come nucleo tradizionale, altri concorrono all’edilizia residenziale pubblica, altri (la valutazione è ormai sul 15% del totale) si affacciano alla compravendita, comprando alloggi scadenti, piccoli, che comunque sono il segno di una nuova stabilità e danno una boccata d’ossigeno ad un mercato immobiliare altrimenti in crisi.

Ho lasciato per ultimi quelli che davvero hanno il cerino acceso tra le dita; si tratta di una popolazione di anziani e portatori di handicap con un contorno famigliare inesistente o molto fragile, ma anche di single, spesso donne e uomini precocemente invecchiati, indeboliti da diverse precarietà, nel lavoro e nelle relazioni personali; ed altri ancora, i “falliti” negli affari, espropriati di ogni bene e risparmio, precipitati in una vera e propria frustrazione esistenziale. I migranti hanno più nerbo, reggono alle difficoltà, non hanno reticenze nell’aggregazione; sono un popolo giovane, che cresce in consapevolezza sociale e in disponibilità all’organizzazione sindacale.

Questo spaccato è la prima linea; per la quale è essenziale il pronto soccorso ora e subito.

Di tutto questo deve esserci piena consapevolezza; è un “a priori” che deve orientare la politica. Questo è il senso di una proposta “oltre” gli sfratti cui l’Unione Inquilini tiene moltissimo e che, ci pare, sta dentro l’iniziativa legislativa del ministro Ferrero e nello stesso corposo pacchetto casa prodotto dai gruppi parlamentari di Rifondazione Comunista.

Che ci aspettiamo?

Che quelle proposte non subiscano un defatigante “confronto” e un progressivo snaturamento. Si scelga, e si affronti il fronte immobiliare. Una cosa deve essere chiara: se questo fronte scegliesse la giungla, oppure un settore “speciale” dell’offerta, ne deriverebbero delle conseguenze drastiche. Il mercato privato – non idoneo a rispondere alla domanda dei lavoratori, delle famiglie, dei giovani che si responsabilizzano – non risponderebbe più ad alcuna funzione sociale. Ed allora cambierebbe tutto: il ruolo pubblico sarebbe obbligato ad uscire dalla nicchia, e ritornerebbe ad essere dominante.

Ma se così fosse, a pagare la svolta dovrà essere chi nella giunga ci sta sguazzando. Fisco, accertamenti, tasse di scopo, la rendita che contribuisce alla sicurezza abitativa: tutto questo diventerebbe assolutamente necessario.

Non fare nulla non sarebbe solo “moderatismo”, sarebbe imperdonabile.

*segretario nazionale dell’Unione Inquilini