Occupazione e consumi sempre più giù

Gli italiani risparmiano e tirano la cinghia. Istat: le vendite sono in picchiata un po’ in tutti i settori e in tutta Italia. Persi 14 mila posti di lavoro nella grande industria manifatturiera, mentre i servizi non fanno più la differenza

I consumi sono al palo, l’occupazione cala e il potere d’acquisto delle retribuzioni diminuisce. Sono sempre più fosche le tinte del quadro-Italia tratteggiato dall’Istituto nazionale di statistica. E dietro al dato diffuso due giorni fa sulla discesa dell’inflazione al 2%, si può leggere ora soltanto «stagnazione». Le vendite del commercio al dettaglio hanno registrato, nel mese di giugno, una flessione tendenziale dello 0,7%, mentre su base congiunturale (ossia rispetto a maggio 2005) la flessione è pari allo 0,2%. L’Istat precisa poi che a registrare i cali più consistenti sono soprattutto le piccole e medie imprese della distribuzione (mentre hard discount e grandi magazzini vanno un po’ meglio).

Spiega l’Istat che la variazione tendenziale negativa delle vendite al dettaglio nel mese di giugno (-0,7%) è il risultato di un calo dell’1,2% per i prodotti non alimentari e di un incremento dello 0,1% per gli alimentari. I beni di prima necessità restano cioè sostanzialmente fermi, mentre diminuisce la vendita in tutti gli altri gruppi, con una quasi microscopica eccezione per «mobili, tessile e arredamento» (+0,2%). E questa volta la flessione tendenziale riguarda il paese intero, con un unico aumento dello 0,4% nelle regioni del nord-ovest.

Dati negativi anche per quanto riguarda l’occupazione che, nelle grandi imprese dell’industria, ha perso 14.000 unità, mentre, in quelle dei servizi, ha registrato un incremento di 6.000 posti di lavoro. Ancora: cresce, nel mese di giugno, l’utilizzo della cassa integrazione, mentre il potere d’acquisto dei lavoratori continua a perdere colpi, registrando variazioni negative e ben al di sotto del tasso di inflazione. I dati Istat mostrano come la flessione più consistente si è verificata nelle grandi imprese manifatturiere (-1,9% su base annuale), mentre l’occupazione nei settori «energia elettrica, gas e acqua» aumenta dello 0,9% e dello 0,3% in quello delle costruzioni. Diminuiscono, su base tendenziale, anche i salari: -0,6% la retribuzione lorda «per ogni ora lavorata», e -0,2% «per dipendente».

In allarme l’Intesa dei consumatori (sigla che unisce Adoc, Adusbef, Federconsumatori e Codacons), che parla di una riduzione «reale» dei consumi di quasi il 5% e si prepara allo sciopero della spesa del prossimo 14 settembre. «Il sistema commerciale è quasi in bolletta» afferma Confcommercio.

Di crisi «strutturale» parlano anche i sindacati. «Siamo ormai alla desertificazione industriale – afferma Fulvio Fammoni, Cgil – Con un terziario che, come era prevedibile, non riesce più ad assorbire la forza lavoro espulsa dall’industria e con un’occupazione che nei grandi gruppi cala vertiginosamente».

Non si smentisce invece Maurizio Sacconi, sottosegretario al lavoro, che legge nei dati dell’Istituto addirittura «la conferma della ristrutturazione in corso nelle grandi imprese manifatturiere e la tenuta del potere d’acquisto delle retribuzioni»; e poi riesce a prendersela anche in questo caso con i metalmeccanici, «responsabili della crisi del negoziato».

L’Unione la vede in altro modo. «I dati dell’Istat smentiscono le solite vanaglorie del governo, che a luglio annunciava la fine della crisi», commenta Tiziano Treu, responsabile economico della Margherita. Mentre Cesare Damiano dei Ds ricorda come «i risultati negativi dell’azione di questo governo difficilmente potranno trovare una soluzione attraverso una legge finanziaria che si preannuncia contradditoria, confusa e profondamente segnata dalle divisioni nella compagine di governo».