Una nemesi storica e politica? Saranno le prossime vicende di piazza e di palazzo a chiarirci meglio questo accarrezzamento della “svolta di Bertinotti” da parte di Achille Occhetto che, ben contornato da una generazione rampante di svoltisti, nel 1989 cominciò il processo di liquidazione del Partito Comunista Italiano. Una vendetta della storia che può abbattersi su quella che fu la creatura nata per contrastare la “fine” del comunismo italiano e per non cedere il passo alle tesi secondo cui la socialdemocrazia ancora qualcosa di buono poteva produrlo. Il comunismo no.
Rifiutammo allora la svolta occhettiana e decidemmo tutti insieme di creare il Movimento prima, il Partito, poi, della Rifondazione Comunista. Fu un’intuizione felice che ancora oggi sopravvive nonostante gli attacchi che dall’esterno e dall’interno proprio riceve la boccheggiante esigenza di un permanere del “partito comunista” in Italia e di una sua estensione continentale che non può ridursi ad un agglomerato di contrarietà ad alcuni anche importantissimi aspetti e caratteristiche del capitalismo.
Il progetto della “Sinistra Europea” è per questo motivo profondamente insufficiente: perchè è riformista e non riformatore. Vuole riformare il sistema e temperare i danni del capitale, non si pone l’obiettivo del superamento del capitalismo.
All’ultimo congresso del nostro Partito è stata tracciata una linea ben distinguibile tatticamente, ma molto meno sul piano delle intenzioni di programma: siamo nell’Unione e ancora non sappiamo quale programma abbia Rifondazione da sottoporre all’Unione e su quale piattaforma si sia formata l’Unione voluta da Prodi. Cacciare le destre e le loro politiche: ci rispondono così i nostri detrattori. Benissimo. Costruiamo insieme una vera alternativa alle politiche antisociali delle destre e destrutturiamo il berlusconismo da tutti i settori pubblici e privati, anche dai nostri modi quotidiani di intendere ormai la politica.
Occhetto parla di un’ “area” abbastanza vasta, immaginiamo, da comprendere Rifondazione ed altri soggetti politici-istituzionali e politici-movimentisti. Un “Cantiere” più largo lo si potrebbe definire. Ma è poco chiaro l’obiettivo e anche poco chiara è la collocazione: questa proposta potrà anche infarcirsi di moderna critica al sistema capitalistico e, magari, lambire ancora l’analisi classista della società, ma quale sarà il suo punto di approdo? In questo senso, a cosa lavorerà quest’ “area cantieristica” della e nella sinistra?
Una domanda alla volta. D’accordo. Ma intanto sono già ben evidenti i composti delle quindici tesi su cui Bertinotti ha fondato il suo documento congressuale. Essi non attraggono la sinistra comunista, ma quella che non tanto ripudia il comunismo perchè in questa parola non scorge altro, per propria insufficienza di analisi, se non le parate militari sovietiche o i ritratti apologetici di Stalin, quanto perchè veramente non crede che il capitalismo possa essere oltrepassato e si possa arrivare, con una politica di classe quotidianamente costruita su tutti i livelli, a quell’indefinito “mondo migliore” che, sempre di più, assomiglia all’araba fenice: che vi sia ognun lo dice, ove sia nessun lo sà!