Continua, a dispetto del conflitto russo-georgiano, l’opera di “accerchiamento” statunitense nei paesi caucasici storicamente sotto influenza russa. E’ iniziato ieri, con la visita a Baku, in Azerbaigian, il tour europeo del vicepresidente Usa Dick Cheney. Una provocazione, secondo i russi. Per capire «bisognerà aspettare che Cheney arrivi in Georgia», ha detto il ministero degli esteri, «ma certamente gli annunci per la ricostruzione delle capacità militari di Tbilisi non contribuiscono alla stabilizzazione».
Eppure gli Usa vengono in pace, dicono. «Il presidente George W.Bush», ha spiegato Cheney, «mi ha mandato qui con un messaggio chiaro e semplice per l’Azerbaigian e per l’intera regione: gli Stati uniti hanno un profondo interesse nel vostro benessere e nella vostra sicurezza». E nella costruzione del corridoio energetico che porterà petrolio all’Occidente bypassando il territorio russo. Washington è fortemente interessata a lavorare con Baku all’apertura di nuovi collegamenti: «Dobbiamo lavorare con i paesi del Caucaso e dell’Asia centrale per creare corridoi supplementari per l’esportazione di energia», ha aggiunto Cheney. Ieri gli Usa, mentre la terza nave da guerra attraversava lo stretto dei Dardanelli carica di aiuti per la Georgia, hanno annunciato lo stanziamento di un miliardo di dollari in aiuti a Tbilisi, spalmati su diversi anni.
Gli Usa – e quella parte di Nato legata mani e piedi a loro – non si faranno più cogliere di sorpresa. Lo ha fatto capire il nuovo ambasciatore statunitense presso la Nato, Kurt Volker. L’Alleanza, ha detto Volker, deve essere pronta a difendere gli stati baltici – Estonia, Lituania e Lettonia – da un eventuale attacco militare russo. Bisogna mandare «chiari segnali», con lo svolgimento di esercitazioni e la preparazione di piani di difesa. «Non ci devono essere atteggiamenti provocatori, ma la Nato deve essere credibile». Il Consiglio atlantico del Nord sarà in Georgia il 15 e 16 settembre per esaminare lo stato della cooperazione con Tbilisi. La visita era già stata programmata da tempo, e avrebbe dovuto proseguire il cammino di avvicinamento della Georgia alla Nato, in vista della pre-adesione. Continuano poi, nel Mar Nero, le esercitazioni navali tanto criticate dal Cremlino. L’Alleanza atlantica ribadisce che le operazioni non hanno «nulla a che vedere» con il conflitto e spera che l’insistenza di Putin non nasconda il fatto «che la Russia stia cercando pretesti per altre azioni», ha detto il portavoce Nato Appathurai.
Ieri il ministero degli esteri russo Lavrov ha invitato il Consiglio di sicurezza Onu – che finora, tra minacce di veto incrociate, non è riuscito a produrre risultati – ad approvare una risoluzione basata sui sei punti del piano di pace del presidente francese Nicola Sarkozy. Con l’annunciato ritiro dal porto georgiano di Poti, Mosca avrebbe, secondo i russi, adempiuto a tutti gli obblighi previsti dal piano.
Anche Frattini, che incontrerà Cheney in Italia, ieri era impegnato in una visita a Tbilisi. Per il ministro degli esteri italiano, equivicino a Mosca e Tbilisi-Washington, la Georgia entrerà nella Nato, ma non ci sarà un cambiamento della road-map tracciata al vertice Nato di Bucarest: niente «scorciatoie», né «rallentamenti». Per quanto riguarda l’Europa, Frattini ha spiegato che Bruxelles è pronta ad aprire un negoziato per la facilitazione della concessione di visti d’ingresso, «che tuttavia deve accompagnarsi ad un accordo di riammissione degli immigrati clandestini».