Nuove stragi israeliane a Gaza. Ma Usa e Ue condannano Hamas

Ancora raid su Gaza. Ancora vittime civili, conseguenza indesiderata, tecnicamente catalogata ed accettata con una certa assuefazione come “effetto collaterale”, neanche si trattasse di un mal di pancia.
Ieri pomeriggio, come il giorno prima, un aereo senza pilota ha sganciando un missile su Khan Younis che ha ucciso due persone ed ha ferito almeno una decina di persone, compresi dei bambini. Una delle vittime si chiamava Farbarwi, 37 anni, ed era al settimo mese digravidanza. Il razzo avrebbe avuto come obiettivo l’automobile su cui viaggiavano alcuni esponenti dei Comitati di Resistenza Popolare, tra i responsabili dei lanci di razzi contro Israele.

Invece, sembra la replica della puntata del giorno prima, i “terroristi” l’hanno fatta franca e sono stati uccisi quelli che passavano di là per caso. Seguiranno le dovute scuse di Israele.

Proprio ieri di fronte agli attacchi quotidiani ordinati dal ministro della Difesa israeliano Peretz che puntualmente colpiscono civili si era levata la voce dei deputati arabi-israeliani della Knesset, che a gran voce hanno chiesto le dimissioni del titolare del dicastero. «Abbiamo appreso oggi che il dicastero della Difesa ha annunciato che vi sarà un aumento degli omicidi mirati. Non si riuscirà a difendere Sderot uccidendo i bambini, ma tornando al dialogo» ha affermato ieri di Hadash Mohammad Barakeh, durante una seduta della Knesset.

Per la stampa israeliana invece «La sicura è stata tolta», come ha titolato il quotidiano di destra israeliano Yediot Ahronot, in riferimento ad indiscrezioni secondo cui si sarebbe giunti ad una fase in cui è ipotizzabile anche l’eliminazione fisica di dirigenti palestinesi. Il fotomontaggio pubblicato dal quotidiano sembra la locandina di un film di James Bond, con sfondo rosso rubino le sagome nel bersaglio. Si riconoscono tre elementi di spicco dell’esecutivo palestinese, il premier Ismail Haniyeh, il ministro degli esteri Mahmud a-Zahar ed il ministro degli interni Said Siam, obiettivi di primo piano. Le altre cinque sagome, di cui si vede solo l’ombra, rappresentano Mohammed Jaabari e Ahmed Jondur (comandanti delle brigate Ezzedin el qassam), Ezzedin Abdel-Al (comandante della Jihad islamica), Abu Abir (dirigente dei Comitati di resistenza popolare) e Mohammed al-Hindi (dirigente politico della Jihad islamica), anch’essi nella lista dei possibili prossimi “omicidi mirati”.

«Israele progetta una grande aggressione» ha dichiarato ieri l’ex ministro Saeb Erekat (Fatah). «Se dovesse avvenire, ci saranno caos, anarchia, altra violenza». Tutto questo avviene mentre il presidente Abbas inveisce contro i miliziani delle diverse fazioni armate, intimandogli il rispetto della tregua con Israele ed attribuendogli la responsabilità per l’omicidio di vittime civili delle rappresaglie israeliane.

Non solo. In un intervista pubblicata ieri dal quotidiano israeliano Ha’aretz, Hassan Yusuf, parlamentare di Hamas incarcerato ed eletto durante le scorse elezioni, ha dichiarato «le porte di Hamas sono aperte a tutti», aggiungendo che una tregua come contropartita di una Palestina sui confini del 1967 rappresentano dei «cambiamenti molto positivi per l’organizzazione». L’ok trasmesso dal premier Haniyeh ai suoi ministri per dialogare con Israele sulle questioni tecniche rappresenta un’altra prova dell’apertura del movimento islamico verso il dialogo. Un dialogo che per ora con Hamas non sembra all’orizzonte per l’attuale governo israeliano.

Territori occupati in cui Israele detta legge anche alla missione di osservazione dell’Ue impegnata nel monitoraggio del valico di Rafa (sud di Gaza) che ieri è rimasto chiuso “per ragioni di sicurezza” imposte dallo Stato di Israele. Come è rimasto chiuso il valico delle marci di Karni perchè informazioni di intelligence avvertivano della imminenza di attentati palestinesi.

Come per gli “omicidi mirati” le conseguenze di tali azioni non sembrano essere contemplate in maniera esaustiva da Israele. «Secondo fonti ufficiali il 78% della popolazione della striscia di Gaza vive attualmente sotto la soglia della povertà, con meno di 2 dollari al giorno; il 10% dei bambini sotto i 5 anni soffre di malnutrizione cronica; negli ospedali mancano medicine essenziali per i piccoli ricoverati, le scuole funzionano a macchia di leopardo poichè le insegnanti non ricevono lo stipendio da mesi; sono aumentati gli arresti di minori palestinesi; inoltre si registra una crescita delle violenze domestiche e degli abusi sui bambini, una conseguenza diretta del clima sociale sempre più violento, della disoccupazione, della frustrazione delle persone e dell’assenza di leggi che scoraggino gli abusi», ha dichiarato ieri Carlotta Sami, direttrice dei programmi di Save the Children Italia, che ha aggiunto, «il quadro che abbiamo di fronte è quello di un paese che vive una situazione simile ad un embargo internazionale».

Le brigate martiri di Al Aqsa, obiettivo mancato dell’omicidio mirato di martedì che ha ucciso i civili, giurano vendetta, e chiamano a raccolta anche le altre fazioni. Dopo il raid di ieri i Comitati di resistenza popolare risponderanno all’appello. Con le conseguenze del caso. Perché le armi, e anche questo è noto, gli embarghi trovano il modo di superarli, spesso con la complicità di chi li impone. Le medicine no.

Concludiamo con quanto arriva da Vienna. Nella bozza della nota conclusiva del summit tra Usa e Ue si nota l’invito ad Hamas a rinunciare alla violenza contro Israele. Al governo di Olmert un invito a migliorare la situazione nei territori. Forse basterebbe che smettessero di bombardare vittime innocenti.