Nuova lite Cgil-Rifondazione

Dopo la battaglia sul Protocollo il prossimo capitolo della sfida tra Cosa ultrarossa e sindacati confederali sarà un referendum «contro la precarietà e per la democrazia sindacale», promosso da esponenti della sinistra-sinistra – Rocchi, Grassi, Burgio, Zuccherini del Prc, il par
lamentare europeo Giulietto Chiesa e altri – e sindacali tra cui
il segretario nazionale della Fiom Giorgio Cremaschi. Che spiega:
«Con gli attuali schieramenti la legge 30 è destinata a durare in
eterno. Va invece abrogata». E aggiunge: «Bisogna anche aprire
una discussione sulla democrazia sindacale, dal momento che sin
dacati e Confindustria impongo no la fiducia al Parlamento». Che
cosa riguardano i tre quesiti depositati lo scorso 16 ottobre? Il
primo: l’abrogazione parziale del decreto legislativo 368 del 2001
sui contratti a tempo determinato. Il secondo: l’abrogazione tota
le della legge 30. Il terzo: l’abrogazione parziale dell’articolo 19
dello Statuto dei lavoratori, nella parte che regola i criteri di rappresentanza sindacale.
Ma la Cgil non ci sta. Non usa mezzi termini il segretario confederale Paolo Nerozzi: «L’operazione che si vuole fare è da irresponsabili. In realtà si sa già che il referendum non raggiungerà il quorum. Ma il punto è che con questa iniziativa si fa, sì, una testimonianza, ma non si creano le condizioni per risolvere i problemi dei precari».
Il disappunto, a poche ora dall’approvazione dell’accordo sul welfare, è palese: «È un’iniziativa sbagliata nel momento sbagliato» afferma il coordinatore del dipartimento sulle politiche del lavoro della Cgil
Claudio Treves, che in una conversazione col Riformista esamina i quesiti referendari. Il primo: «Non c’è dubbio che la 368 del
2001 fu il biglietto da visita del governo Berlusconi. Lo scopo? Liberalizzare i contratti a termine rimuovendo la gerarchia
per cui il lavoro a tempo indeterminato è inteso come “normale” e gli altri “atipici”, con la conseguenza che è l’impresa a scegliere secondo i suoi interessi. Ma da allora l’aria è cambiata e non poco. Nel Protocollo, come premessa, è scritto che il contratto di lavoro è di regola a tempo indeterminato. Non è un caso che su questo si è arrabbiato Bombassei». Poi Treves elenca i risultati raggiunti dalla Cgil: «Abbiamo posto un limite alla reiterazione infinita dei contratti a termine; li abbiamo reinseriti nell’ambito della contrattazione collettiva, ovvero abbiamo potenziato la capacità di controllo del sindacato; e abbiamo introdotto il diritto di precedenza nel passaggio al tempo indeterminato. Certo per noi andava introdotto anche per il tempo indeterminato ma non c’erano le condizioni». Del secondo quesito referendario, riguardante l’abrogazione della legge Biagi, Treves contesta la logica a monte: «Mi chiedo: se dovesse passare il quesito quale normativa si ripristinerebbe? I proponenti sono ambigui a riguardo. Io dico che nel Protocollo anche su questo campo abbiamo raggiunto dei risultati, in materia di part time ad esempio. Per il resto la legge 30, a nostro giudizio, va superata. Lo abbiamo detto chiaramente al congresso: l’obiettivo della Cgil è un governo pubblico del mercato del lavoro». Treves muove critiche su singoli punti della legge 30: «Non ci convince il capitolo sui trasferimenti d’azienda, ossia la facilità delle imprese a smontarsi, e neppure il lavoro a chiamata. Per non parlare del ruolo del sindacato visto più come un ammortizzatore sociale che come un soggetto di rappresentanza. Ma dire abrogazione non vuol dire nulla». Ma è il terzo quesito che, per la Cgil, è davvero inaccettabile: «Attualmente possono costituire rappresentanza le organizzazioni firmatarie di contratti. Con il referendum si vuole togliere questo vincolo. È sbagliatissi-mo. Noi abbiamo bisogno di regole per il mondo del lavoro privato come le abbiamo per quello pubblico. I lavoratori pubblici hanno eletto in questi giorni i loro rappresentanti in liste che firmano contratti o sostenute da un numero di firme pari al 5 per cento dei lavoratori. Questa è rappresentanza. Mica uno può portare una mucca davanti al palazzo e pretenderò di parlare a nome degli allevatori».