Via libera politico alle nozze tra la milanese Aem e la bresciana Asm. L’hanno dato ieri i sindaci delle due città, Letizia Moratti (Cdl) e Paolo Corsini (Unione). La fusione tra le due ex municipalizzate, da anni trasformate in spa quotate in borsa, si colloca nel grande gioco di aggregazione delle utilities, le società che forniscono servizi. Con la liberalizzazione dietro l’angolo, l’obiettivo è di raggiungere una «massa critica», soprattutto nel settore dell’energia, per meglio competere con la concorrenza interna ed europea. Questo, promettono i due sindaci, permetterà di «garantire ai cittadini servizi migliori a prezzi migliori».
Insomma, vince chi si sposa prima. Milano e Brescia si sono affrettate a mettersi insieme, seminando malumore nelle big tagliate fuori (Hera di Bologna, Acea di Roma e Iride, nata dalla fusione tra Aem di Torino e Amga di Genova). Facile prevedere che queste ultime, per parare il colpo, si aggregheranno tra loro. Corsini ha già pronta la contromossa: inglobare nella nuova multiutility del Nord altre ex municipalizzate. Ad esempio, l’Enia, la società di servizi che serve i territori di Reggio Emilia, Parma e Piacenza.
Aem porta in dote Milano, la Asm oltre a Brescia ha di recente esteso il suo raggio a Bergamo e Como. Risultato: un territorio contiguo con 2 milioni e 200 mila clienti (che sono il vero capitale). Entro la fine dell’anno le due società presenteranno un piano industriale congiunto. Poi si penserà alla «governance» – vale a dire a chi comanderà – ai concambi e alle modalità dell’aggregazione. Poi, perché sull’asse Brescia-Milano grava un’incognita. Aem e Asm sono assai diverse tra loro. La prima si occupa esclusivamente di energia, mentre la seconda è una multiutility. Il Comune di Milano controlla solo il 34% di Aem, quello di Brescia più saggiamente si è tenuto in tasca il 69% di Asm. Anche se le due società valgono più o meno la stessa cifra a Piazza Affari, i bresciani peserebbero più dei milanesi dopo la fusione. Per ovviare al fastidioso inconveniente, Letizia Moratti progetta di far confluire in Aem l’Amsa (la municipalizzata dei rifiuti) e la MM, la municipalizzata della Metropolitana che gestisce anche la rete idrica. Un progetto da attuare in tempi stretti, prima che entri in vigore il «decreto Lanzillotta» che liberalizza tutti i servizi «a indirizzo economico prevalente» eccetto l’acqua, unico bene su cui si applica la riserva pubblica. L’opposizione di centro sinistra a Palazzo Marino punterà i piedi sull’acqua, metterà in mora con qualche carta bollata l’accorpamento tra Aem e MM? Qualche benemerito guastafeste ci proverà. Ma Ds e Margherita chiuderanno un occhio. La fusione tra Aem e Asm, infatti, ha forti sponsor nel governo nazionale. Il ministro per lo sviluppo economico Bersani spinge perché il Nord abbia il suo «campione» dell’energia. Prodi è d’accordo e negli ultimi tempi i rapporti tra Palazzo Marino e Palazzo Chigi sono a di poco di buon vicinato.
Nella futura «eventuale» società, dice il sindaco Corsini, i Comuni dovranno mantenere la funzione di indirizzo. «Studieremo gli strumenti adeguati per garantire questo obiettivo», aggiunge.
Secondo alcuni, l’aggregazione tra Aem e Asm si ispira al modello della tedesca Rwe, la municipalizzata delle municipalizzate diventata un colosso dell’energia in Europa. Non è del tutto vero. La Rwe è stata pensata, dall’Spd, proprio per arginare il processo di privatizzazione imposto dalla Ue. I lander mantengono sulla Rwe un forte controllo, ben di più della funzione di indirizzo.